Accabadora
- EAN: 9788858400098

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11/03/2021 08:05:27
Un romanzo travolgente e delicato. Assolutamente consigliato
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15/02/2021 13:46:20
Intenso, magnetico e violento, questo romanzo si legge tutto d'un fiato. Credo sia il libro più bello che Michela Murgia abbia scritto finora.
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21/10/2020 13:04:39
libro bellissimo. divorato.
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24/06/2020 12:51:38
È bello quando l'affetto non dipende dai geni ma dal fatto che qualcuno si è accorto di te. L'ultima è l'ultima, ma può diventare la prima.
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26/05/2020 20:28:57
Deludente seconda opera di una scrittrice che mi aveva molto impressionato. Libro scorrevole e sicuramente ben scritto ma molto pretenzioso. Dialoghi spesso fuori contesto e una trama che rimane troppo superficiale tanto da sembrare la sceneggiatura di una serie netflix.
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12/05/2020 10:08:24
Un libro per grandi ma anche ragazzi, scorrevole, qualche difficoltà magari nel comprendere alcune parole della tradizione sarda, ma man mano che si legge tutto diventa più chiaro. Chi direbbe mai che un piccolo paese possa avere delle storie da raccontare così coinvolgenti, curiose, interessanti, forse anche un po' paurose ma sopratutto vere? Lo consiglio vivamente. Mostra un mondo che è esistito / esiste realmente, al di fuori di quei pochi che lo vivono come una normalità potrebbe essere impensabile.
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20/09/2019 13:18:23
La delicatezza e il rispetto con cui sono descritte le usanze perdute di una Sardegna atavica impregnano tutta la storia di Tzia Bonaria e Maria, anima e fill'e anima. Con un linguaggio a tratti poetico viene descritto, senza incorrere in giudizi morali il ruolo dell'ultima Madre che concede la pace a chi la chiede, accompagnando nell'ultimo respiro. Bellissimo e toccante.
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19/08/2019 05:41:58
Una storia ambientata in Sardegna. Maria, figlia dell'anima di Bonaria, quest'ultima sarta e non solo. Una vicenda che parla di eutanasia ma anche di altri temi importanti con l'approfondimento di un romanzo e non di un saggio. Proprio per questo lascia un po' perplessi ma ne consiglio ugualmente la lettura.
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23/10/2018 13:39:32
Questo romanzo poteva essere un piccolo capolavoro, se fosse stata approfondita l'analisi dei personaggi (che, a tratti, appaiono quasi piatti), se ci fosse stato un approfondimento reale di tipo etnoantropologico sulla figura dell'accabadora (inspiegabilmente soltanto tratteggiata) e se l'autrice avesse evitato l'accumulo di temi delicati (penso alla vicenda del giovane torinese), soltanto appena accennati. Peccato davvero, perchè la scrittura è scorrevole, evocativa e suggestiva nelle parti descrittive, un po'meno nelle parti dialogiche, che risultano sciatte alla Elena Ferrante e inverosimili (un omaggio al verismo avrebbe giovato all'insieme). Nel complesso, il romanzo è un buon prodotto di intrattenimento; questo dispiace davvero, perchè, per lo spunto, l'ambientazione e anche il talento di Michela Murgia, il testo sarebbe potuto diventare un classico.
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06/09/2018 10:50:56
C’è una madre per cui una figlia è solo “l’ultima”, senza nome. E c’è una donna per cui quell’ultima diventa una figlia senza gravidanza né parto del ventre. C’è un parto dell’anima, una specie di adozione non scritta da nessuna parte eppure reale, e Maria diventa la “fill’e anima” di Bonaria, una donna a lutto perenne, asciutta, ermetica, silenziosa, severa ma giusta, che sa essere nonostante tutto “più madre” di chi l’ha partorita. Bonaria fa la sarta ed insegna il mestiere a Maria, ma Bonaria ha un ruolo che non è un mestiere e di cui a “Mariedda” non parla, un ruolo atavico che la società moderna attribuisce a medici e cliniche e che scuote le coscienze e anima i dibattiti. Eppure in quel paese senza tempo in cui si muovono Bonaria e Maria a praticare l’eutanasia è una donna con la gonna frusciante, ombra piena di segreti che si muove nella notte, chiamata dai parenti, per aiutare chi lo chiede a passare dall’altra parte. Libera le anime Bonaria, quando si sentono imprigionate. Un libro che mi ha emozionata, bello come un pezzo di macchia mediterranea, solido e sentimentale. In questa storia si avviluppano vite, come un tronco d’ulivo secolare. Matriarcale, fortissimo. Duro e dolce come l’amore di una madre. “- Sciocca che sei, Mariedda Listru! Tu sei diventata mia figlia nel momento stesso in cui ti ho visto, e non sapevi nemmeno chi ero. Però devi studiare l’italiano bene, questo te lo chiedo come una grazia. - Perché, Tzia. - Perché Arrafiei era andato sulla neve del Piave con scarpe leggere che non servivano, e tu invece devi essere pronta. Italia o non Italia, tu dalle guerre devi tornare, figlia mia. Non l’aveva mai chiamata così, e non lo fece mai più in quel modo. Ma a Maria quel piacere denso, così simile a un dolore in bocca, rimase impresso per molto tempo.”
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19/01/2017 11:26:58
Nonostante il… secondo lavoro della protagonista anziana, Bonaria, il libro è un’opera solare come può esserlo il carattere riservato dei sardi in un ambiente ristretto e sospettoso come quello della piccola provincia. Opera senz’altro ben scritta ed emozionante sia pure più acerba rispetto al più recente “Chirù” che, oltre ad essere spietato in modo diverso, è anche di più difficile commestibilità.
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06/10/2015 15:30:19
Molto bello e delicato. Una scrittura fresca, dove i colloqui sono essenziali e mai appesantiti da spiegazioni superflue, sempre coinvolgenti. Il successo di questa Autrice è veramente meritato
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07/02/2015 17:23:53
Bello esteticamente nella capacità evocativa delle descrizioni, potente nel destare curiosità e sentimenti contrastanti nella storia con un occhio attento alle questioni etiche e morali che non sconfina mai oltre il consentito a un romanzo. La prosa è molto essenziale, a volte aspra e dura come la terra in cui è ambientata.
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16/12/2014 00:32:43
un mondo accattivante e magico, tuttavia la scrittura non è così entusiasmante e ne sa catturare poco la sua potenzialità.
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04/12/2014 11:59:58
Scritto bene, buon ritmo, argomenti foschi e torbidi alla maniera di certi scapigliati e decadendi a cavallo dei secoli XIX e XX, ma trattati con un certo distacco che non appesantisce la lettura. Alcune parti sulla sofferenza fisica sono quasi all'altezza di "Elias Portolu" capolavoro della Deledda, autrice alla quale Murgia chiaramente si ispira. Gradevole a dispetto dei temi.
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05/03/2014 16:30:15
Leggendo i commenti di quanti scrivono "non ha trama", "scadente, storia banale" o "mi aspettavo di più", la domanda che sorge spontanea è: ma tutti 'sti maestri della scrittura, che cosa volevano, esattamente? L'ennesimo libro sesso-violenza-colpi di scena senza né capo né coda? Ogni parere è degno di rispetto, ci mancherebbe; tuttavia, distinguiamo il gusto personale da un minimo di oggettività nei giudizi. Questo libro, oggettivamente, è scritto benissimo: metafore azzeccate e incisive, il giusto equilibrio tra descrizione ed evocazione, un linguaggio ricco e penetrante senza essere ridondante. Inoltre, l'autrice ha saputo trattare un tema complesso e delicato come l'eutanasia senza cadere nel sensazionalismo propagandista di certa politica, né nel melò da commediola sentimentale di certa letteratura/filmografia: al contrario, è stata capace di indagare la psicologia dei personaggi senza cadere nella psicanalisi e lasciando anche al lettore numerosi spunti di riflessione e di interiorizzazione delle problematiche sollevate, a mio avviso, con garbo e delicatezza. Un romanzo che tratta di vita e morte, di accettazione e appartenenza, di etica e di tradizioni, difficilmente può presentare una trama avvincente in senso stretto, perché è altro - e non l'intreccio delle vicende - a rappresentare il fulcro del romanzo. Entrando nel merito della storia, anche io ho trovato un po' debole e fuori luogo la parentesi torinese: credo che abbia soltanto distratto un po' la narrazione dal suo punto cardine, perché non aggiunge nulla di nuovo alla vicenda o alla crescita di Maria. Tuttavia, la metafora del viaggio per ritrovare se stessi è sempre efficace, soprattutto se resa con delicatezza e incisività come fa la murgia.
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19/02/2014 01:57:19
Trovo che aver voluto mettere insieme due temi sociali così complessi - come eutanasia e pedofilia - sia stata una forzatura, alla luce della superficialità con cui è stato fatto. Mi dispiace, perché alla fine la scrittura non è malvagia, e il libro si fa leggere, per quanto i dialoghi siano inverosimili e slegati dal contesto. Anche la storia è debole e i personaggi mancano di approfondimento (sociale, psicologico). Forse mi aspettavo di più dalla Murgia, che ho imparato ad apprezzato come autrice e donna.
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15/02/2014 14:56:51
Una vera meraviglia di scrittura con una storia solida e penetrante. Sullo sfondo una terra raccontata dove le persone non sono personaggi e il loro profilo lo si gusta assaggiandone l'anima.
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27/01/2014 13:38:24
Michela Murgia. La ammiravo per quello che, senza sconti né remore, diceva/dice; quindi, come donna, perché come scrittrice non l'avevo letta: come si fa a leggere tutto? Be', mi sono persa molto e ora devo recuperare, perché leggendo Accabadora (Einaudi) non può non avere la mia completa ammirazione, questa autrice dalla scrittura intelligente, acuta e saggia ("se è una gamba a fare un uomo, allora tutti i tavoli sono più uomini di te"), matura e ricca, direi lirica, che si dipana su una terra che, arida e lontana, non lo è affatto.
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17/01/2014 14:57:53
bellissimo. brava Michela
