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Adagio un poco mosso - Elena Gianini Belotti - copertina
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Adagio un poco mosso - Elena Gianini Belotti - copertina
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Descrizione


La dignità femminile, tanto spesso dimenticata e taciuta nei confronti delle donne anziane, recuperata attraverso un'autoironica accettazione di sé e della realtà. La "forza vitale delle donne" è il filo rosso che percorre il libro. Gli uomini, forse meno combattivi e più arrendevoli, restano sullo sfondo.
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Dettagli

4
2001
Tascabile
12 febbraio 2001
160 p.
9788807813337

Valutazioni e recensioni

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serena belli
Recensioni: 3/5

Breve libretto ben scritto, con qualche racconto coinvolgente, altri meno. Mi è servito per superare un pomeriggio piovoso, ma niente di memorabile. Non ne ricordo una di queste donne. Penso, peraltro, che la signora Gianini Belotti non intendesse scrivere niente di diverso! Complimenti per la copertina, che rende bene l'idea.

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Ale
Recensioni: 3/5

Piacevole e malinconico, Adagio poco mosso e' un libriccino che fa sorridere, certo le sette donne raccontate dalla Gianini Belotti sono personaggi immaginari, che non esistono, ma ci puo' essere un pezzetto di tante lettrici in queste figure flemmatiche e sole che affrontano la vita nonostante tutto e sempre con il sorriso!

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Voce della critica

PARIANI, LAURA, Di corno o d'oro, Sellerio, 1993
GRASSO, SILVANA, Nebbie di Ddraun…ra, La Tartaruga, 1993
GIANINI BELOTTI, ELENA, Adagio un poco mosso, Feltrinelli, 1993
recensione di De Federicis, L., L'Indice 1993, n.11
(recensione pubblicata per l'edizione del 1993)

Escono libri pieni di storie e personaggi, che restaurano le strutture della narrativa, ma non senza novità nei procedimenti formali e nelle scelte tematiche. C'è una ricerca di scambio illusionistico tra documento e finzione, tra finta cronaca, memoria personale, antropologia, filologia, tra la vita e il romanzo. Appoggiandosi alla suggestività dei reperti d'archivio e alla nuda forza dei grandi eventi collettivi, le emigrazioni, le fami, le ribellioni, oltre che a una linea lombarda di espressionismo e realismo, Laura Pariani ricrea miserevoli vite contadine in un periodo specifico, la fine dell'Ottocento, e in un territorio esattamente ritagliato, la valle del Ticino. Nata nel 1951, insegnante, esordisce con la raccolta di nove racconti, "Di corno o d'oro". Anche Silvana Grasso, siciliana di Giarre, traduttrice dal greco antico, è al primo libro di racconti, dieci pezzi in "Nebbie di Ddraun…ra" recupero di una Sicilia contemporanea e arcaica alla maniera di Verga, ma un Verga stravolto in grottesco e innamorato delle parole. La Pariani cerca nell'impasto dialettale e nella voce dei narratori interni (il povero emigrante e la povera ragazza di campagna, l'ubriacone, la scioperante, la maestrina umanitaria, il medico positivista) la forma tipica di una cultura e di un ambiente sociale, geografico. La Grasso ha altri intenti e, manipolando lessico e sintassi, si costruisce una lingua speciale, con dialettalismi, arcaismi, classicismi, di registro alto e letterario, sempre ridondante, sempre eccessiva. Come i suoi personaggi, che sono anch'essi fuori norma, segnati da malattie e deformità o da smodate ossessioni: un uomo-femmina e una donna-maschio; un Nen‚ pescatore dal labbro "libbrinu", leporino, che si sfrena nel possesso della barca; la sciagurata Consolina che per desiderio di uomini e in odio al padre consuma il patrimonio; la nana Cicala che recita preghiere a pagamento e (caso estremo) ha un unico, forte legame d'affetto con il suo verme solitario; tutti sperduti nelle nebbie di magie e destini ingovernabili. Laura Pariani e Silvana Grasso sono appena agli inizi. Elena Gianini Belotti ha alle spalle un lungo esercizio professionale nell'educazione e nel giornalismo, una produzione saggistica abbondante in cui fa spicco il titolo che l'ha resa nota, quel "Dalla parte delle bambine" (1973) carissimo al pubblico degli anni settanta. Un po' in margine ha tentato i generi narrativi, trasferendo le sue competenze dall'analisi dei modelli culturali che agiscono nella famiglia e nella società al romanzo ("Il fiore dell'ibisco", 1985) e al racconto ironico di vite immaginarie. "Adagio un poco mosso" propone sette storie di donne, donne vecchie che nella fase ultima dell'esistenza, quando sembra obbligato il triste decorso biologico, trovano vie di fuga grazie ai piaceri minimi della solitudine o a quelli arditi e trasgressivi dell'immaginazione, dell'orgoglio. Rovesciano le aspettative ragionevoli; e anche il racconto punta sulla tecnica del rovesciamento, catturando le attese del lettore e protraendole fino a una conclusione che spesso è aperta, a sorpresa. Nel pezzo più ampio e romanzesco, "Stenodattilo primo impiego" la protagonista Anita dall'incontro casuale in autobus con certa Fiamma, entrambe ormai irriconoscibili, è sospinta a ripensarsi com'era una volta, ragazzetta in un ufficio romano del dopoguerra, presa in mezzo ai traffici degli adulti e attratta contro voglia in una complicità sessuale mal vissuta; ora, appostata davanti alla casa di Fiamma, diventerà una presenza minacciosa, la costringerà a uscire, ad attraversare la strada per venirle incontro. Qui il racconto finisce. Che cosa avrà da dire Fiamma ad Anita? Quali segreti confesserà? Può darsi che il lettore, stuzzicato da quaranta pagine di intrighi accennati e incompiuti, resti deluso. Ma naturalmente Elena Gianini Belotti ha detto quanto voleva dire. Le sue donne hanno vite condizionare dal senso di colpa, la colpa - cito Dacia Maraini - "di essere fatte in un modo strano, con una zona buia e vergognosa nel mezzo del corpo". La vecchiaia infine le emancipa dalla soggezione, e per loro fortuna non dalle emozioni. Gianini Belotti scrive racconti a tesi, più attenta al ritmo della storia che a quello della prosa, più interessata al piano culturale che a quello stilistico. Con lei il tipo della vecchia maliziosa, nobilitato dalla tradizione fiabesca e tradotto in schema abbastanza meccanico, funzionale, da miss Marple, entra in un tessuto narrativo fitto di notazioni sociologiche e psicologiche, che si modella sul nostro presente e ne riproduce la complessità con sostanziale ottimismo. Davvero la vecchiaia è cosi? È così la vecchiaia delle donne? Ci piacerebbe poterlo credere. La tematica femminile, in questo libro di gradevole lettura per tutti, ha un'enunciazione scoperta, diretta. Ha una diversa presenza, meno esplicita ma disseminata e compenetrata con una posizione mentale, nei libri della Pariani e della Grasso. Già è diverso il taglio della materia, che non isola storie di donne. Quattro protagonisti maschili e sei femminili nella Grasso, cinque e quattro nella Pariani: insieme mostrano il lato sommerso e sporco della vita, l'offesa delle gerarchie sociali, le ferite della famiglia, la fatica delle nascite e delle morti, i desideri frustrati, la materialità sofferente e nascosta - vergognosa, appunto - del corpo. L'attenzione al quotidiano, che è considerata convenzionalmente una prerogativa della scrittura femminile, qui non ha caratteri rassicuranti; non comporta n‚ gesti quieti n‚ conforto di interni domestici o normalità di ordinate consuetudini, bensì molta e brutale violenza situata nel disegno di un mondo premoderno che conosce solo rapporti di elementare sopraffazione. In "Nebbie di Ddraun…ra" (titolo enigmatico, finché non apprendiamo che la "ddraun…ra" è il drago femmina) Silvana Grasso associa la materia torbida all'artificiosità della scrittura, con un'oltranza espressiva che sconcerta il lettore e lo distrae dal racconto. Il filo conduttore della compassione risulta invece evidente nel raccontare di Laura Pariani. Il suo microcosmo, ricostruito con puntigliosa fedeltà ai dati ambientali, tende subito a farsi immagine dell'esistenza com'è dappertutto. "Desorden vasto", dice il Carlén che è emigrato in Argentina e ragiona in ispano-lombardo. Bisogna pur aggrapparsi a qualcosa, a sogni "di corno o d'oro", veritieri o bugiardi: "e così senza accorgerci trasiàmo la vita, dìsum dumàn cume vèss i padrùn del temp, gent de cicculàta!", dice il dottore filosofo. La sentenziosità dei personaggi s'adegua alla concretezza della loro condizione storica e intanto serve alla Pariani, specie in alcuni pezzi ("La morale della stalla", "Le guerre di Ada", "'l dutùr de la Cassin‚tta") per punteggiarne il fraseggiare con tocchi solenni e farne emergere l'idea dolorosa della condizione umana da cui nasce il libro.

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Conosci l'autore

Elena Gianini Belotti

1929, Roma

Di origine bergamasca, ha diretto per vent’anni il Centro Nascita Montessori di Roma. Ha esordito nella saggistica nel 1973 con Dalla parte delle bambine (Feltrinelli 2013) sul precoce condizionamento al ruolo femminile, seguito da Prima le donne e i bambini (Feltrinelli 1998), Non di sola madre (Rizzoli 1985) e altri. È tornata alla narrativa nel 1985 con il romanzo Il fiore dell'ibisco (Rizzoli 1985, Premio Napoli) e poi, Pimpì Oselì (Feltrinelli 2002), Apri le porte all'alba (Feltrinelli 1999), Voli (Feltrinelli, Premio Rapallo Carige 2001), Prima della quiete (Rizzoli 2005 Premio Grinzane Cavour, Premio Viadana, Premio Maiori) e Pane amaro (Rizzoli 2006), Cortocircuito, Milano (Rizzoli, 2008), Onda lunga, (nottetempo 2013).

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