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Anno edizione: 2017
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Bello questo giallo della Ortese con un misterioso omicidio di cui si cerca dopo anni il colpevole...ops! Scusate, volevo dire bello questo saggio storico sulla situazione politica italiana dal dopoguerra fino agli anni di piombo. Pardon, ho sbagliato ancora! Bello questo scritto allegorico-simbolico caratterizzato da "nomi parlanti" come la protagonista Stella Winter il cui inverno rappresenta la società borghese del tempo rigida, dura e chiusa nel formalismo delle sue regole, oppure il professor americano Jimmy "Opfering" ("che offre" la sua vita per un ideale), o Decio (l'imperatore che si affidò alla tradizione) o ancora l'agente di polizia che si chiama Camera. Mi sono confuso ancora! In realtà è un racconto pervaso da un afflato mistico-religioso con protagonista un puma di nome Alonso portatore di Luce, Purezza e Bontà che viene strappato dalla sua Arizona e portato a morire in Italia che lo rifiuta in nome delle regole della società borghese o della ribellione ad esse regole tramite il terrorismo. Ma no, trattasi di un romanzo epistolare che si basa sullo scambio di lettere tra due professori universitari e la signora Winter. Nemmeno! Allora è un’opera surreale-metafisica con il puma che è un animale, un maggiordomo, entrambi o forse non è proprio esistito. Neanche! Allora è un inno alla Vita e alla Natura simboleggiata da Alonso e al suo rapporto burrascoso con l'uomo che dall’inizio dei tempi si è divertito a violentarla perdendo così lo “stato di grazia” e trasformandosi - lui sì - in belva! "Alonso e i visionari" della Ortese è tutto quanto sopra descritto e anche di più: al pari del "Pasticciaccio" di gaddiana memoria la scrittrice si diverte a ricostruire la caotica e complessa situazione italiana degli “anni di piombo” dove Verità/Finzione erano una cosa sola. Spesso nel romanzo prevale il simbolismo con i personaggi che alludono cripticamente ad una realtà altra: al lettore l'arduo compito di decifrare una verità che non esiste!
Da grande estimatore della Ortese (Il “Cardillo” e il “Porto di Toledo” sono per me tra i massimi capolavori del ‘900) debbo dire che questo Alonso mi ha lasciato un po’ spiazzato. Un “giallo metafisico”, ridondante di richiami simbolici e allegorici, meditazione sulla bontà della natura, sulla difficile distinzione tra bene e male, forse su Dio e della sua disponibilità al sacrificio (sulla necessità del sacrificio?), sul clima politico dell’Italia degli anni ’70 permeato di idealismi estremi, di terrorismo e di violenza (il libro è scritto in quegli anni). In altre recensioni qui si è sottolineata anche la commistione di diversi stili (narrativo, epistolare, saggistico,…). Forse troppa carne al fuoco? Come al solito la posizione di Ortese è assolutamente coraggiosa, anarchica, personalissima e isolata. E in questo sta il gran pregio della scrittrice, capace di creare (anche grazie alla capacità della sua sfrenata fantasia) spunti di profonda riflessione e discussione. Tuttavia il romanzo non è riuscito a convincermi e a catturarmi quanto gli altri due, o all’ancora precedente “Iguana”. Sicuramente merita una rilettura. Che potrebbe anche modificare il mio per ora perplesso giudizio.
E’ un libro di difficile lettura, ho avuto difficoltà ad entrare nel libro, ma una volta riuscita ho goduto della scrittura magnifica, di una eleganza ormai ahimè perduta! Due amici in un paesino al confine tra la Liguria e la Francia si raccontano e riflettono sulle contorte vicende di un terzo amico e sulla morte poco chiara del figlio Julio. Protagonista trasversale di tutta la vicenda è un cucciolo di puma trovato in Arizona di nome Alonso, stesso nome dell’ambiguo cameriere di casa. Alonso è la chiave di volta per comprendere tutti i fatti surreali di una famiglia sfortunata, ma chi è Alonso? Le vicende narrate si confondono tra finzione e realtà, con una scrittura preziosa e mai casuale. Maestoso anche questo, direi fondamentale per chi ha letto L'iguana ed Il Cardillo.
Recensioni
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