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Un amore dell'altro mondo - Tommaso Pincio - copertina
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Un amore dell'altro mondo - Tommaso Pincio - copertina
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Descrizione


Siamo agli inizi degli anni Novanta. E' un giorno piovoso come tanti altri ad Aberdeen, piccola cittadina dello stato di Washington, quando Homer Alienson, un solitario che tira a campare vendendo per corrispondenza l'enorme quantità di giocattoli collezionati nella sua infanzia, viene improvvisamente assalito dalla domanda pronunciata da una voce misteriosa: "E l'amore?". Homer ha sempre vissuto restando in disparte. Per lui sarebbe molto meglio continuare a trascorrere le giornate come al solito. La domanda però diventa insistente ed eluderla diventa impossibile. Ma come si fa ad avere una storia d'amore? Ripercorrendo l'esistenza di Homer, segnata dall'incontro fatale con il leader dei Nirvana, si ritrovano gli ultimi vent'anni del secolo passato.
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Dettagli

2002
19 marzo 2002
302 p.
9788806162160

Valutazioni e recensioni

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primario
Recensioni: 5/5

Se non si esce vivi dagli anni '80, anche negli anni '90 non si sta tanto meglio. L'urlo disperato e silenzioso di una generazione. Grande scrittura, che affonda le radici nella letteratura americana (non sembra neanche un libro scritto da un italiano).

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marco
Recensioni: 2/5

ho acquistato questo libro spinto dai vaghi legami con la storia di kurt cobain, che rimane l'unico motivo (ma è una mia personalissima opinione) per arrivare alla fine del libro. la storia in sè è piuttosto noiosa e si fa difficoltà ad arrivare alla fine. mi aspettavo qualcosa di meglio, visti anche i numerosi 5/5 del pubblico, ma mi rimane ben poco di questo libro. se non l'amarezza per un personaggio come cobain che non c'è più, ma questo è un altro discorso. 300 pagine di eroina e sul come "sistemarsi" non fanno per me. neanche il resto che c'è in quest'opera. ovviamente questa specie di giudizio dipende dai miei gusti personali, non intende essere "universale". capisco anche coloro ai quali è piaciuto...

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Estelgard
Recensioni: 4/5

La storia è decisamente innovativa e scritta in maniera stimolante. Sono d'accordo che legarlo a una generazione (grunge) non è particolarmente pertinente, perchè può assolutamente essere attualizzato. Non è un capolavoro, ma un libro almeno da 3/5; infatti se si leggono i commenti negativi, si comprende che chi li ha scritti non ha la minima idea di cosa possa essere recensire o dare un giudizio su un libro, poichè non ci sono motivazioni plausibili. I pessimi commenti sono davvero da ignorare, forse io non sono così entusiasta come altri, ma il romanzo e lo stile mi hanno entusiasmato, quindi credo che sia da leggere per scoprire un autore nostrano che si distacca da altri.

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Voce della critica

Al terzo libro, eccoci al "caso Pincio". Finalmente i media cioè, complice il battage "Stile Libero", riconoscono quello che è, ormai non solo per chi qui scrive, il più "nuovo" narratore del nostro tempo (Marco Belpoliti su "L'Espresso" del 18 aprile: "I nostri anni hanno finalmente trovato il loro catatonico narratore"; Ferruccio Parazzoli su "Famiglia cristiana" del 21 aprile: "L'autore più innovativo e interessante nell'arcaico panorama della narrativa italiana").

Il plot: Homer Boda Alienson vive tra gli umidi, tenebrosi boschi del Nord-Ovest degli USA. Una sera vede in televisione un classico film di fantascienza, L'invasione degli ultracorpi; da quel momento teme che gli alieni, nel sonno, s'impossessino del suo corpo. Anche sua madre, per Homer, è affetta da questa alienante (il cognome è parlante) "diversità (...) fatta di niente". Allora decide di smettere di dormire. Per quasi vent'anni si isola in un dormiveglia che lo aliena ai margini della società (si mantiene come custode della biblioteca, poi vendendo per corrispondenza i suoi vecchi giocattoli: astronavi, razzi, pistole laser) e gli fa sperimentare l'assoluto della solitudine (tutti gli altri sono uguali - proprio in quanto diversi). Finché sui muri trova delle scritte, misteriosi messaggi di qualcuno che come lui avverte che qualcosa è cambiato. Alla fine, sotto un ponte, trova un ragazzo che gli somiglia, e come lui vive in una perenne catatonia. Il suo nome è Kurt, e gli consiglia un "sistema" per ritrovare il sonno perduto: l'eroina. Boda - così lo chiama Kurt: come, da bambino, un suo amico immaginario - diventa un tossico. Boda segue Kurt nell'ambiente della musica grunge sinché diventa una rockstar. Alla fine si lasciano, perché Boda deve rispondere a una domanda: "E l'amore?" Per cercare il suo amore dell'altro mondo va nel deserto del Nevada, dove la leggenda vuole siano sbarcati gli alieni negli anni cinquanta. Qui crede di riconoscere l'anima gemella in una ballerina dalla pelle bianchissima, Molly Resident. Alla fine però, nel profondo di una "miniera abbandonata", gli appare improvvisamente diversa: proprio come il "volto senza niente" della protagonista, alla fine dell'Invasione degli ultracorpi. Allora Boda fugge di nuovo. Si ricongiunge con Kurt al suo atto finale, quando si spara in bocca con una carabina. Il finale ultimo lascia intendere che il protagonista in effetti altri non sia che l'amico immaginario di Kurt.

Come già dello Spazio sfinito (Fanucci, 2000), arci-tema è ovviamente l'assenza. Attorno a una mancanza strutturale si rapprende infatti la scrittura di Pincio, priva di qualsiasi marca che rinvii alla tradizione italiana - e insomma vero e proprio stile dell'assenza di stile; ma attorno a questo vuoto sedimenta piano (e mai fino in fondo: proprio questa incompletezza, di un personaggio che del resto ci viene presentato come inesistente, è il motivo del suo fascino) anche Boda - alter ego di Kurt Cobain (il leader dei Nirvana, mai nominato esplicitamente ma la dedica al quale figura in testa al romanzo e i cui testi ne intitolano i capitoli). Sin dall'incipit, dall'assillante domanda "E l'amore?", questo vuoto si presenta come il vero protagonista. L'amore assoluto, il desiderio inoggettivato e dunque onnipermeante, è del resto forma quintessenziale dell'assenza (in altre forme, la privazione del sonno e l'astinenza del tossicodipendente).

Il paradosso di Pincio è la sua capacità di tornare a evocare temi "assoluti" dopo la coazione ironica del postmoderno (L'amore al tempo di Twin Peaks, come sintetizza Gabriele Pedullà sulla rivista "Il Caffè illustrato", 2002, n. 5). Se Pincio può è perché si richiama alle mitologie che nella modernità i nostri sentimenti primari hanno fondato (e segretamente continuano a plasmare): quelle del romanticismo, cioè. Si pensi alla fortuna, nella narrativa e nella poesia dell'Ottocento (da Novalis a Senancour e Nerval sino a Poe e Baudelaire), di motivi come la quête dell'anima gemella, la nostalgia per l'innocenza perduta, i paradisi artificiali indotti dal "fiore del sonno", la trance del personaggio "sfinito", la vita dissociata e la fine tragica dell'artista "maledetto", l'attraversamento allucinato del deserto e la discesa iniziatica in un sotterraneo stillante di segreti. E appunto, a compendio, l'arci-mito dell'assenza.

Il segreto di Pincio è di riconnettersi a questa grande centrale dell'immaginario occidentale passando per la rielaborazione di massa compiuta negli anni cinquanta e sessanta da film come L'invasione degli ultracorpi (che nel finale fa suo il mito romantico, fra gli altri novalisiano, della miniera) e Il pianeta proibito, e soprattutto dai romanzi di Philip K. Dick (da Ubik sono ricalcate per esempio le scritte sui muri). Questa specie di centrifuga mitologica che è l'universo narrativo di Dick (come ora emerge dalla fondamentale biografia di Lawrence Sutin, Divine invasioni, Fanucci, 2001) è stata in grado di mescolare modelli "alti" come appunto quelli romantici (il fiore oppiaceo delle Tre stimmate di Palmer Eldritch, 1964, replica il fiore azzurro dell'Enrico di Ofterdingen di Novalis; una delle mogli di Dick ricorda che "diceva di essere per un quarto tedesco, e di essere un romantico da Sturm und Drang "; del resto anche il Kurt di Pincio "era a suo modo un romantico"...) con le scorie trash della cultura di massa: in tal modo rifondando, in forma disgregata, una mitologia per il tempo presente.

Non ci sono solo i romantici, però (o il tema gnostico - pure passato per Dick, ovviamente - dello straniero: "Mi ero messo in testa di venire da un altro pianeta", dice Kurt, "di notte mi affacciavo alla finestra e mi mettevo a parlare con (...) la mia famiglia in cielo. La vera famiglia"). Se Il pianeta proibito riprende La tempesta, un romanzo di Dick prende il titolo da Amleto: Time Out of Joint del 1958 (quello ripreso da Thomas Pynchon nell'Arcobaleno della gravità). Proprio un'interrogazione sul tempo è il più forte elemento di novità del terzo romanzo di Pincio. Non più in forma di ucronia da manuale dickiano, è il primo a non potersi dire "di fantascienza". Più sottilmente, però, queste trecento pagine funzionano in effetti come una macchina del tempo, una macchina morbida (titolo di Burroughs citato da Homer): tutta mentale e, specificamente, percettiva.

La fenomenologia catatonica - alla quale sono dedicate tante magnifiche pagine di Pincio, "fatte di niente" come la narrativa che piace a Boda nelle metaletterarie pagine 97 sgg. - per l'appunto dilata al massimo il tempo ("che si era fermato continuando a scorrere"), così come la condizione infantile alla quale anela Boda è desiderio di "crescere senza diventare adulti" (senza perdere, cioè, le stimmate dell'incompletezza). La stessa nostalgia si differenzia da quella volgare dei "trogloditi" - i clienti "drogati" dal piccolo commercio di Boda - perché la si prova "quando si ha la sensazione che il tempo cominci a scorrere nella direzione di ciò che si è lasciato alle spalle" .

C'è nel libro un hors d'oeuvre che tematizza proprio questo esperimento col tempo. Boda acquista una lampada "cinetica" anni sessanta: una bottiglia di vetro con un blocco di cera che si scioglie e incessantemente si ricompone in un "liquido violaceo"; adora l'Astrobaby perché "non era quello che avrebbe dovuto essere" in quanto "illuminava solo se stessa". E alla fine gli appare "una clessidra psichedelica (...) una macchina del tempo luminosa che funzionava proprio come l'eroina: sfruttava luce e calore per controllare lo scorrere del tempo". È anche la migliore definizione per Un amore dell'altro mondo. Come e più sottilmente degli altri libri di Pincio, non proprio un metaromanzo: ma qualcosa che appassiona come un "vero" romanzo - in quanto fatto di qualcosa che commuove come i "veri" sentimenti. E insomma perché non è quello che dovrebbe essere. Per fortuna.

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Conosci l'autore

Tommaso Pincio

1963, Roma

Tommaso Pincio, pseudonimo derivato dalla traduzione italiana del nome dell'autore Thomas Pynchon, è uno scrittore italiano.Ha esordito come romanziere nel 1999 con M., una sorta di rivistazione letteraria del film Blade Runner ambientata in una Berlino immaginaria del 1969. Successivamente ha pubblicato Lo spazio sfinito (2000) e Un amore dell'altro mondo (2002), un libro che ha diviso ha critica letteraria e con il quale l'autore ha acquistato una certa notorietà. La ragazza che non era lei, pubblicato nel 2005 da Einaudi, traccia un bilancio su ciò che è andato perduto e ciò che è rimasto dei sogni di amore e libertà degli anni Sessanta. È invece del 2006 Gli alieni (Einaudi), un'indagine su come l'ipotesi dell'esistenza di civiltà...

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