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Nell'Italia del boom e del conflitto sociale degli anni sessanta e settanta, si materializza, nelle periferie delle città industriali, una sorta di conflitto "generazionale" che attraversa il mondo della delinquenza e della criminalità. Si formano bande giovanili di rapinatori che rompono con gli stili di vita dei vecchi fuorilegge. Tali bande si caratterizzano per una forte solidarietà interna al gruppo, per una sfida dai toni esagerati alle forze dell'ordine e che sembra racchiudere forme di ribellione esistenziali simili a quelle che muovono quei coetanei che manifestano nei cortei. Inoltre, fatto nuovo per questo mondo, emergono figure di giovani donne-bandito, rapinatrici decise, sicure, capaci di farsi rispettare. Non sono più le donne del capo banda, talora sono loro stesse a capo della banda. Quando queste nuove figure sociali finiscono in carcere, condannate per reati comuni, rovesciano l'universo consolidato del carcere stesso e sovvertono la gerarchia interna che regola la vita dei detenuti e il rapporto con i controllori. Incontrandosi con i giovani contestatori di quegli anni, reclusi per reati politici, danno vita a frequenti rivolte contro l'istituzione carceraria. Sul finire degli anni settanta, il quadro muta nuovamente. I mafiosi e la nuova camorra riportano, con la violenza e lo scontro, l'ordine gerarchico nelle carceri, nonché il rispetto che si deve anche in cella all'"uomo d'onore". Il sospetto, il timore del tradimento, la spaccatura, separano, dividono, frammentano ancora di più e si concludono, a volte, con feroci esecuzioni "sommarie" di detenuti da parte di altri detenuti. Sfuggono a questo destino infernale le carceri femminili. La comunità delle detenute resiste infatti alla diaspora distruttiva. Il libro si conclude con un capitolo che narra delle nuove mappe carcerarie italiane attraversate dalla multietnicità della popolazione che vi è rinchiusa: abitudini, usanze, maniere di trattare il proprio corpo, e di concepire la vita, appaiono del tutto nuove.
Diego Giachetti
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