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L' antimeridiano. Vol. 1: Romanzi e racconti. - Oreste Del Buono - copertina

Descrizione


Una carriera all'insegna della trasversalità e di un'instancabile e vorace curiosità hanno consentito a Oreste del Buono di affermarsi in vari ambiti: come giornalista, come narratore, come intellettuale. Ma da un'angolazione soprendentemente innovativa e non convenzionale, in grado di sdoganare presso le élite culturali quei generi da sempre annoverati nella categoria "sottocultura": il fumetto, il giallo, la pubblicità. Altrettanto sperimentale e audace in campo letterario, Del Buono ha valicato i confini del neorealismo italiano postbellico, avvicinandosi alle correnti esistenzialiste europee e del nouveau roman in particolare. Questo primo volume raccoglie i romanzi di Del Buono pubblicati tra il 1945 e il 1965, dall'esordio presso Mondadori con "Racconto d'inverno" nella neonata collana "La Medusa degli italiani", ai sette racconti in continuità di "La terza persona".
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Dettagli

2010
27 maggio 2010
XLV-1644 p., ill. , Rilegato
9788876381539

Voce della critica

Dopo un anno e mezzo passato nel campo di Gerlopass, in Tirolo, Oreste del Buono pubblica nel 1945 Racconto d'inverno, il suo primo romanzo, storia della sua guerra "non combattuta", della sua prigionia e del suo ritorno a casa. Racconto d'inverno è la tappa iniziale del lungo itinerario autobiografico, che coincide virtualmente con l'intera produzione narrativa di del Buono. L'aspetto singolare di questo ininterrotto resoconto personale è la focalizzazione su alcuni nuclei ("la guerra, la famiglia, le relazioni coniugali ed extraconiugali, la scrittura") che lo scrittore sottopone a un continuo processo di variazione e di montaggio. Sin dall'esordio, appare chiaro che se "il vero tema della narrazione di Del Buono è il narrare di sé" (De Federicis), l'autobiografia coincide con la ricombinazione di un repertorio di eventi dato una volta per tutte, attraverso il quale lo scrittore racconta la propria vicenda privata, anche quando, negli anni, sempre più si confronta con la dimensione pubblica e la cronaca, a partire dallo snodo cruciale del fascismo, della guerra perduta e del dopo.
Alla narrativa di Oreste del Buono può essere estesa la formula dell'"unità nella varietà", che i cartografi elisabettiani usavano per le migliaia di isole dell'Oceano Pacifico e dell'Oceano Indiano. Questo suggerisce Guido Davico Bonino nel saggio L'opera come un arcipelago, introduzione all'Antimeridiano che Isbn dedica alla "prima gittata" dell'opera narrativa dello scrittore dell'Elba. Il volume comprende, oltre a Racconto d'inverno, La parte difficile (1947), Acqua alla gola (1953), L'amore senza storie (1958), Per pura ingratitudine (1961), Né vivere né morire (1963), La terza persona (1965). È accompagnato da una Testimonianza di Nicoletta del Buono ed è curato da Silvia Sartorio, che ha redatto le Notizie sui testi e le schede filologico-editoriali. L'Antimeridiano include una rassegna di Letture critiche (Brolli, Manacorda, Paccagnini) e ha una copertina di Tullio Pericoli.
Del Buono nasce nel 1923 nella villa del Pianello, a Poggio nell'Elba. Si trasferisce con la famiglia prima a Firenze, poi a Roma, dove il padre, Sandro è un dirigente della Teti. In seguito, nel 1935, la famiglia si sposta a Milano, perché Sandro lavora alla Safar, un'azienda che costruisce i primi televisori. A Milano Oreste entra al liceo Berchet e conosce la moglie, Saveria Tutino. Si iscrive senza entusiasmo a giurisprudenza e la guerra "non sembra toccarlo più di tanto" fino al 26 luglio del 1941, quando suo zio Teseo Tesei, l'inventore dei Mas, muore nel tentativo di sabotare il porto di Malta. L'evento "segna e confonde" Oreste, che inizia a interrogarsi sul contraddittorio mito dello zio, eroe fascista e "idealista puro", studioso di filosofie orientali. Si delinea l'eclettismo di del Buono, che sarà accompagnato non solo da un "carattere di bastian contrario", ma dalla predisposizione a concentrarsi, a insistere, "a chiedere alla letteratura le soluzioni che la vita da sé non può offrire" (Antonielli): "L'importante, anzi, è non tentare in troppe direzioni, non disperdersi, concentrare le proprie risorse su un dato punto e insistere sinché non succeda qualcosa", scrive in Né vivere né morire. Con Andrea Valsecchi e Domenico Porzio, su posizioni di fronda fascista (e di diffidenza verso l'antifascismo di tipo ideologico) fonda la rivista "Uomo", che dà spazio a uno "sperimentalismo lontano da rondismi ed ermetismi".
Si arruola volontario in marina e arriva a destinazione, l'Accademia navale dell'isola di Brioni, in Istria, il giorno dopo la caduta di Mussolini. Brioni è occupata dai tedeschi, gli allievi ufficiali vengono catturati e smistati nei campi di lavoro. Del Buono finisce sulle montagne dello Zillertal, non lontano da Innsbruck, dove ha l'incarico di innalzare pali del telegrafo. Al ritorno diventa comunista, per stare vicino a Saveria (i Tutino sono "comunisti per le penne") e collabora al "Politecnico" e a "Candido", una sorta di "par condicio", spiegherà anni dopo alla figlia Nicoletta. Nel 1945 pubblica sul settimo fascicolo di "Uomo" il suo primo racconto Fine d'inverno, che pochi mesi più tardi diviene il romanzo Racconto d'inverno. Nel 1947 si sposa e torna in viaggio di nozze all'Elba, a Marina di Campo, dove c'è la casa lasciatagli in eredità dallo zio Teseo. Nello stesso anno esce il suo secondo romanzo, La parte difficile, che racconta ancora la guerra e "il lucido disorientamento del reduce". Del Buono viene inserito, con Luigi Santucci e Milena Milani, nella terna dei finalisti del premio Mondadori 1948. Il premio deve potenziare la "Medusa degli Italiani", la collezione che intendeva porsi al centro del dibattito sul neorealismo. Ma, come spiega Davico Bonino, nei romanzi d'esordio siamo solo apparentemente alla confluenza dei tre generi narrativi promossi dalla moda neorealistica, "il romanzo di guerra o di prigionia o di resistenza".
Racconto d'inverno è già pienamente immerso nello "status particolare", "cui presiedono la Solitudine, la Paura e l'Odio", come idola che "sovrastano e penetrano il racconto". In La parte difficile, il protagonista (Ulisse) si trova afflitto e paralizzato da un'"incapacità di esprimere" non solo le "parole grosse" ("ci eravamo ripetuti che non c'era niente dietro di noi, che c'era soltanto il vuoto dietro tutte le nostre parole sonore e nobili"), ma anche le parole minori, "banali". Un fratello di Belacqua e di Oblomov, "malato di timidezza almeno quanto di pigrizia", che si mette alla prova nella scrittura, accorgendosi di "falsare la memoria, ogni cosa". Alla "retorica a buon mercato", Ulisse tenta di sottrarsi non attraverso la militanza politica, una scelta che gli appare presto "goffa, irrilevante, meschina", ma impaniandosi nell'amore per una donna che ama un altro e per la moglie del fratello, "ancora in prigionia". Sono proprio l'insincerità e l'ipocrisia, che indirizzano la scrittura del romanzo verso il racconto di se stessa e la impegnano direttamente nel confronto con la finzione e la menzogna, piuttosto che nell'impossibile trascrizione dei "fatti": "Se provassi ad inventare, se usassi deliberatamente la menzogna, la finzione, questa storia potrebbe apparire normale. (…) Difficile essere sinceri, scrivendo. Difficile o impossibile?".
Ecco perché Berto, il protagonista del romanzo successivo, Acqua alla gola (1953), ambientato sull'isola d'Elba, dove del Buono conduce la sposa Anna in viaggio di nozze, è certo l'alter ego dello scrittore, ma non può somigliargli "in tutto né in troppo, essendo la sua esistenza affidata alle parole, dalle parole deve dipendere e nelle parole risolversi", alla ricerca di un punto di equilibrio impossibile tra la vita e la letteratura, in nome del quale vengono esibite le "credenziali autobiografiche" dell'autore. Con Per pura ingratitudine (1961), trilogia dell'amore adultero (L'amore senza storie, Un intero minuto, Per pura ingratitudine), conduce alla estreme conseguenze narrative l'autobiografia metaletteraria annunciata dallo "pseudorealismo" dei romanzi precedenti.
Per pura ingratitudine induce il Gruppo 63 a includere del Buono nel "drappello dei precursori-compagni di strada" e apre all'impresa più significativa della prima stagione creativa dello scrittore, Né vivere né morire (1963), "romanzo di un romanzo" che attraverso "quattro campiture" (Struggentemente nulla, I vivi e i morti, Lo stesso silenzio, Una sola salvezza) spinge del Buono verso l'ala calda del nouveau roman (traduce La modification di Butor), impegnata nel cancellare l'illusione della realtà attraverso un romanzo pure costituito di "personaggi plausibili, dislocazioni spaziali verosimili, ragionevoli progressioni cronologiche" (Davico Bonino). In un primo modulo del Buono pone il personaggio autobiografico che vive le più disparate esperienze; nell'altro colloca il narratore, che tenta di mettere ordine nei fatti, non scrivendo un nuovo romanzo, ma riscrivendo un romanzo già edito. Una scrittura "al cubo", che lavora sul piano del già narrato e su quello delle nuove storie, inscritte nell'andirivieni spaziale e temporale del racconto. Il romanzo si fregia di una delle insegne tipiche dell'antiromanzo, il labirinto: "L'eroe avanza o retrocede con la spada sguainata nel labirinto ormai troppo denso, agguerrito, incombente, un viluppo non più propriamente visibile, immaginabile soltanto e per questo orrendamente plausibile". Anche se non di un eroe si tratta, ma di un antieroe, che fa pensare alla "radiografia ostinata" della passività e dell'inettitudine novecentesche.
Ma l'Ombra incombe sull'"orestiade": "Tendo a parlare di me perché conosco l'argomento", dice Oreste in Tornerai (1976). Al genitore che gli racconta come alla madre Vincenzina, la sorella di Teseo, non piacesse "che il figlio avesse finito per occuparsi di fumetti": "Non sono riuscito in nulla di quanto desideravo", risponde. "E cosa desideravi", chiede ancora suo padre: "Boh – dico – Forse di diventare un eroe". Valentino Cecchetti

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Oreste Del Buono

1923, Poggio (Isola d'Elba)

Trascorse quasi tutta la vita a Milano, dove studiò. Arruolatosi in marina poco prima del 25 luglio '43, fatto prigioniero dai tedeschi, è rinchiuso in un lager austriaco fino al '45.Fondatore e direttore della rivista Linus, fece conoscere in Italia i fumetti di Charles Chulz e dei maggiori disegnatori di fumetti del mondo, tanto da essere considerato colui che sdoganò il fumetto rendendolo materia di studio e di analisi. Esperto di fantascienza, scrittore di narrativa e drammaturgo, direttore della collana "Il Giallo Mondadori", tenne una rubrica fissa sul Corriere della Sera e una di lettere dei lettori su La Stampa. Varò, agli inizi degli anni Novanta, la collana Einaudi Tascabili. Venne nominato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi,...

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