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Archeologia e pittura a Roma tra Quattrocento e Cinquecento - Vincenzo Farinella - copertina
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Archeologia e pittura a Roma tra Quattrocento e Cinquecento
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Archeologia e pittura a Roma tra Quattrocento e Cinquecento - Vincenzo Farinella - copertina

Descrizione


Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento si sviluppa a Roma un fortissimo interesse per il mondo antico che diventa termine di confronto ideale per ogni espressione del moderno. Sia che venga inteso in chiave etica, come proposta di un più degno modello di vita, sia che si tratti della ripresa più o meno puntuale, da parte degli artisti, di soggetti classici, il gusto antiquario si diffonde a macchia d’olio e coinvolge letterati, committenti e pittori: tra questi ultimi, Andrea Mantegna, Bernardino Pinturicchio, Filippino Lippi, Jacopo Ripanda, Amico Aspertini, Baldassarre Peruzzi, Cesare da Sesto, Cola dell’Amatrice, Bartolomeo Ramenghi da Bagnacavallo. Su questo sfondo, anche la figura dell’artista acquista una nuova e più complessa fisionomia: non più, o non solo, artigiano inventore o esecutore di immagini, ma anche umanista e antiquario, capace di un colloquio alla pari con eruditi e letterati. Un ruolo inedito, che anticipa quello che tra breve sarà incarnato da Raffaello.L’incrocio di fonti letterarie e figurative, condotto dall’autore con una sensibilità e un rigore inconsueti, diventa così occasione di confronto disciplinare e strumento per la ricostruzione di un peculiare e suggestivo momento della cultura romana. Esemplare in tal senso la carriera di jacopo Ripanda, ripercorsa non solo sulla scorta dell’esiguo corpus, che del resto viene ridefinito e precisato, ma soprattutto attraverso le diramate relazioni che l’artista intrattiene con gli esponenti più aggiornati della cultura del suo tempo.

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Dettagli

1992
1 gennaio 1997
XIV-241 p., ill.
9788806130008

Voce della critica


recensione di Baiocco, S., L'Indice 1993, n. 2

Il nome di Jacopo Ripanda è rimasto a lungo legato alle indicazioni che di lui già davano le fonti contemporanee: si tratta del pittore che ha compiuto il primo rilievo grafico completo della Colonna Traiana, e che ancora nel nostro secolo è per questo considerato essenzialmente uno "scervellato adoratore dell'antichità" (Fiocco), un "antiquario sfegatato che disegn• la Colonna Traiana sospeso in un cestone" (Longhi).
A partire dall'eco suscitata da queste sue prove sportive, il pittore bolognese ha conosciuto un'alterna fortuna critica, giocata soprattutto intorno ad una serie di disegni di soggetto antiquario e ad un importantissimo libro di disegni riproducenti l'intero fregio del monumento cui è particolarmente legata la sua fama. L'autore del saggio - forte della sua più che decennale attenzione a questi temi, spesso esplorati fianco a fianco con Giovanni Agosti e Salvatore Settis - padroneggia con sicurezza problemi culturali e attributivi che coinvolgono questi disegni insieme ad alcuni cicli di affreschi: quello con scene dalla storia di Roma (basate su Tito Livio) nel Palazzo dei Conservatori, le storie traianee dipinte nell'Episcopio di Ostia (in cui le scene della colonna coclide vengono utilizzate ad integrazione delle fonti narrative), oltre al perduto ciclo in Palazzo Santoro (ora Doria Pamphili). Ripanda, approntando le sue affollatissime scene tratte dalla storia antica, ha svolto un ruolo determinante negli anni cruciali che vedono convergere su Roma gli entusiasmi antiquari di artisti e letterati di varia provenienza, ed è divenuto, in una breve quanto intensa stagione, il campione di un nuovo modo di affrontare il patrimonio figurativo dell'antichità. Si direbbe infatti che l'attenzione filologica del bolognese, nel confronto diretto con le venerate reliquie del passato (dalla Colonna Traiana all'arco di Costantino, a sarcofagi e lapidi), si differenzi notevolmente dalla devozione appassionata di artisti come Mantegna - la cui cultura antiquaria appare piuttosto fondata su documenti di seconda mano, ed è comunque maturata ancor prima di visitare Roma -; ma è a sua volta destinata a cedere presto il passo alle novità di Raffaello e Michelangelo, di fronte ai quali i limitati mezzi espressivi di Jacopo si troveranno definitivamente fuori gioco.
Non a caso anche in campo letterario, nell'ambito di quegli stessi circoli in cui si allestivano spettacoli e apparati all'antica, e dai quali provengono i committenti di Ripanda, si assiste presto ad un successivo mutamento ideologico, che tende a sostituire all'archeologia "pagana" dell'accademia di Pomponio Leto un differente "umanesimo cristiano", a testimonianza di una nuova atmosfera, che è poi quella che si respira nelle pagine del "Cortegiano".
Attraverso la figura di un pittore presto sconfitto, Farinella tratteggia con acume un momento cruciale della storia della cultura italiana, in cui il tema del recupero dell'antico si configura come una chiave per comprendere fenomeni più vasti e variamente articolati. La lettura di questo bellissimo saggio, le cui note sono così ricche di riferimenti e di documentazione, verrebbe agevolata dalla presenza di una bibliografia finale.

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