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L' armata dei fiumi perduti
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L' armata dei fiumi perduti - Carlo Sgorlon - copertina
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armata dei fiumi perduti

Descrizione


In Friuli, durante l'ultima guerra, si insedia un'armata cosacca proveniente dalla Russia: uomini, donne, vecchi e bambini ai quali le autorità tedesche hanno promesso una patria. È un fatto storico che nella narrazione di Sgorlon diventa la tragica odissea di un popolo predestinato allo sterminio. Stretti in un lembo di terra, i cosacchi invasori e i friulani invasi sono ugualmente vittime di una diversa, ma speculare, oppressione. In questo scenario drammatico di guerra e sofferenza, tuttavia, un raggio di speranza è portato dall'indimenticabile figura di Marta, con il suo immenso bisogno d'amore e con la sua tenace convinzione che nel mondo ci sia un'armonia segreta capace di dare un senso all'esistenza.
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Dettagli

2020
Tascabile
24 febbraio 2020
264 p.
9788804720652

Valutazioni e recensioni

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AdrianaT.
Recensioni: 3/5
Cammelli nella neve

Spesso - le numerose volte che mi capita di passare per la vicina Carnia -, mi trovo a ragionare su come dovesse essere stato vederla brulicare di calmucchi, mongoli, kirghisi e circassi. Più che altro mi immagino, alla vista dei cammelli, le espressioni attonite dei carnici i quali, ancora oggi, quando vedono la tua faccia da "foresto", a denti stretti concedono un "mandi". Gente chiusa, diffidente e poco propensa a mescolarsi, i carnici; come spesso le popolazioni di montagna, però un po' di più. Da qui la curiosità di saperne ancora circa questa particolare invasione/occupazione romanzata romanticamente (puerilmente), con stile semplice e limpido (elementare) da Sgorlon. "Ma fra loro c’era anche un anziano, un uomo sui trent’anni [😳], o anche di più, con la barba e le vesti malridotte, sotto un logoro cappotto". Quando le forze in campo, su un territorio così ristretto e in condizioni così particolari sono partigiane, tedesche e cosacche che stringono a morsa una comunità locale, credo ci voglia una penna maggiormente autorevole e incisiva per avere un quadro più lucido e attendibile di quello fornito da questo romanzetto storico in salsa rosa, modicamente utile per il contenuto, ma letterariamente modesto fino alla noia. Mi è rimasto un certo senso di insoddisfazione e di incompletezza, per cui chiederò lumi al notevole e ammirato Magris che attraverso il suo 'Illazioni su una sciabola' sono sicura saprà darmi di più da tutti i punti di vista. "Il Friuli e la steppa si somigliano almeno in una cosa: nei nostri cimiteri sono seppelliti molti italiani, e nei vostri molti cosacchi. Una specie di gemellaggio della morte".

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Massimo
Recensioni: 5/5
Stupendo

E' il libro che mi ha fatto conoscere Sgorlon.. un autore non tra i più noti, immeritatamente secondo me.. l'ho trovato sorprendente..da leggere assolutamente.

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Bartolomeo Di Monaco
Recensioni: 5/5

Un’anziana ebrea russa, Esther Heshel, fuggita dalla sua patria al tempo della rivoluzione bolscevica, se ne sta rintanata in una villa acquistata in un piccolo paese di montagna, nel Friuli, di cui significativamente non si conosce il nome, giacché quella villa e quel paese diventeranno un simbolo ed un approdo per tanti disperati. Marta, la domestica – siamo al tempo della Seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943 – la rassicura che la guerra sta per finire, e quindi stanno per finire anche i pericoli per la sua razza, ma Esther ha “la sensazione continua di essere spiata, ricercata”. Non avrà tutti i torti, vedrete. I tedeschi di son fatti rabbiosi e violenti. I treni diretti in Germania sono pieni di zingari e di ebrei. Marta, restata a custodire la villa insieme con Anita, una giovane meridionale, il cui fratello Arturo, fidanzato di Marta, è stato inviato in Russia e lo si crede morto o disperso, dà rifugio ad Haha, un vecchio zingaro scampato ai rastrellamenti. Chi osserva i fatti ed agisce come dominante in questa storia, dunque, è una donna, a differenza di altri romanzi di questo autore che hanno come protagonista soprattutto uomini; allo stesso modo che, nella guerra partigiana che comincia ad intensificarsi, troviamo anche capi che sono donne, come Sonia, e pareva, come scrive Sgorlon, che “fossero uscite dalla consueta figura di madri e di mogli, tutte dedicate ai lavori casalinghi, per imbracciare le armi anche loro, e stare accanto agli uomini.” Marta sente “di appartenere a un modello di donna senza tempo, destinata in eterno a sanare come poteva le ferite della guerra.” E ancora: “Per lei, gli uomini che combattevano, vinti o vincitori, invasori o invasi, erano sempre degli sconfitti, perduti in illusioni strane e senza fondamento. Lei l’aveva capito da tempo, ma gli uomini no.” Succede che i tedeschi per snidare i partigiani fanno venire dalla Polonia, dai Balcani, ma anche dalla Siberia, i cosacchi, un popolo guerriero rimasto fedele allo zar e che vede nella rivoluzione bolscevica un

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Carlo Sgorlon

1930

(Cassacco, Udine, 1930 - Udine 2009) scrittore italiano. Tutta la sua opera appare legata al mondo friulano: il romanzo in dialetto Prime di sere (1971); il fortunato Il trono di legno (1973, premio Campiello), Gli dei torneranno (1977), La carrozza di rame (1979), La conchiglia di Anataj (1983, premio Campiello); L’armata dei fiumi perduti (1985, premio Strega). Sono ancora da ricordare: La foiba grande (1992), Il costruttore (1995), La malga di Sîr (1997), La tredicesima notte (2000), Il velo di Maya (2006) e Lo stambecco bianco (2006).

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