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L' arte della gioia
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L' arte della gioia - Goliarda Sapienza - copertina
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arte della gioia

Descrizione


"L'arte della gioia" è un libro postumo: giaceva da vent'anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera ma fin dall'inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in cui vive. "L'arte della gioia" è l'opera scandalo di una scrittrice. È un'autobiografia immaginaria. È un romanzo d'avventura. È un romanzo di formazione. Ed è anche un romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che conquista e sconvolge.
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Dettagli

2008
24 giugno 2008
540 p., Rilegato
9788806189464

Valutazioni e recensioni

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Mich
Recensioni: 5/5

Difficilissimo parlare di questo romanzo. Qui la storia individuale e la Storia del Novecento convivono in maniera altalenante (spesso la seconda sembra essere sopita, lì nella profonda Sicilia sembra far fatica ad arrivare). Tantissimi temi e tantissimi personaggi si susseguono in quest'opera monumentale, opera di cui ci si sente indegni a parlarne. Ciò che posso affermare con certezza è che con questo capolavoro Goliarda Sapienza mi ha insegnato la libertà e la sua faticosa applicazione nei fatti della vita.

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Sonia
Recensioni: 4/5

Libro che sino alla terza parte non riuscivo a mollare. La prima e la seconda parte sono travolgenti, scritte con una narrazione ed un linguaggio che ti divora. Dalla terza parte in poi, si spegne un po' purtroppo. Ma consiglio vivamente di leggerlo per i temi raccontati, per le immagini e le sensazioni che evocano la vita ed i pensieri di Modesta.

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Consuelo
Recensioni: 5/5

Questo è uno dei libri più belli che abbia mai letto, non solo la storia è originale e avvincente, ma anche lo stile è originale, davvero non ho mai letto un libro con questo stile. Lo consiglio, anche se devo ammettere che la parte originale è solo la prima.

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Recensioni

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Voce della critica

Libro straordinario, L'arte della gioia, nel senso etimologico del termine: fuori dell'ordinario. Libro di una vita. Sono praticamente impossibili i paragoni, impossibile, o quasi, indicare ascendenze letterarie e legami. Si è ormai scritto tutto sull'autrice – le sue variegate vicende sentimentali, il suo celebre furto di gioielli, il periodo da lei vissuto a Rebibbia (vedi L'università di Rebibbia, l'unico successo commerciale di Sapienza, pubblicato da Feltrinelli nel 1983) – e molto su questo romanzo (peraltro ancora troppo poco noto), che cercò vanamente di emergere tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, tra il crepuscolo del bestseller blasonato e gli incunaboli del genere "giovane autore". Si sa ormai tutto delle vicende editoriali che esso ha subito, dei rifiuti che ha suscitato in Italia per essere poi esaltato in Francia e finalmente essere pubblicato da Einaudi nel 2008, dopo le prime uscite quasi samizdat di Stampa Alternativa.
La prima del '94 comprendeva la sola parte iniziale, bisogna dire folgorante, perfetta (il resto, per quanto avvincente, risulta diseguale). Il nome dell'autrice suonava posticcio. Invece era autentico: Goliarda, così volle chiamare la figlia il padre Peppino Sapienza, un avvocato "del popolo" catanese, un anarchico della vita, come inno alla gioia di vivere, quella gioia di vivere che sarà la regola di azione di Modesta, la protagonista dell'Arte della gioia. Of course, Goliarda non è Modesta, e Modesta non è Goliarda. Basti pensare all'ultima emozione vergata da Goliarda Sapienza a Gaeta poco prima di morire "La vita mi costringe a viverla (…) ho paura". Certo non può dirsi, questa, la cifra dell'esistenza di Modesta (l'orfana che diventa principessa, e qualcuno in proposito ha citato "Grand Hotel", il rotocalco d'antan carico di allori popolari). Ma le due vite sono embricate, come mostra con dovizia di particolari Giovanna Providenti nell'inedito "La porta è aperta. Vita di Goliarda Sapienza" (segnalato all'ultimo Premio Calvino).
Saga familiare, qualcuno ha definito il romanzo, e certamente questo aspetto c'è, una saga familiare (e siciliana), che attraversa la prima metà del Novecento, in cui tutta la forza irradia da Modesta. Il suo è un eros irrefrenabile (anche incestuoso), guidato unicamente dalla legge del desiderio, capace di creare legami elettivi. Certamente dirompente, il libro si apre con una bambina che si masturba, scoprendo la propria corporeità, e si chiude con una donna ormai matura che si abbandona al piacere del cunnilinguus. Ma tutto ciò senza ombra di morbosità. È il linguaggio del corpo che diventa linguaggio narrativo. Testo quanto mai eversivo, e in questo senso ideologico – e "scrittrice ideologica" Goliarda Sapienza amava definirsi: l'eversione non tocca solo l'eros, ma l'etica e la politica.
Anche l'assassinio diventa praticabile quando diventa il mezzo per eliminare un ostacolo alla felicità o il mezzo per realizzare una giustizia equitativa, per ristabilire un equilibrio (il libro, sarà un caso, è stato scritto tra il 1967 e il 1976). La remissività è aborrita. La politica intesa come sacrificio dell'oggi nei confronti di un futuro radioso (il sol dell'avvenire) è ugualmente aborrita. E qui, anche con delicatezza, Sapienza aggredisce una concezione dell'impegno che era stata anche di sua madre, Maria Giudice, socialista e femminista ante litteram, prima segretaria donna di una Camera del lavoro. Nel romanzo è Carlo Civardi (nome reale del primo marito della madre) il portatore di una simile ideologia del dovere e dell'altruismo (non a caso, personaggio poco riuscito). La critica ai socialismi reali, ai partiti comunisti reali è radicale. E questa è, probabilmente, una non ultima ragione del rigetto universale del romanzo negli anni settanta-ottanta. C'è come una consonanza sotterranea tra il "romanzone" di Modesta e le filosofie che andavano elaborandosi allora soprattutto in Francia dai vari Deleuze e poi dai Serres, in un certo modo sbrigativamente sintetizzate dal grido sessantottino "vogliamo tutto". Modesta/Goliarda rifiuta l'"orientamento", rifiuta di essere destra, vuole essere anche mancina, vuole essere A e il suo contrario, non è aristotelica, vuole essere uomo e donna, vuole essere una macchina desiderante mirata alla gioia.
L'imperio della soggettività domina il libro, il destino è un atto della volontà. La felicità è un atto della volontà: è un diritto, ma anche un dovere. Si respira un'aria stendhaliana (ma anche una favolosa aria morantiana, all'Isola di Arturo): la stessa a-moralità, la stessa dirittura verso lo scopo, la stessa velocità, aspetti che poi hanno risvolti nella struttura narrativa, nel giro della frase. E per l'analisi di questi tratti formali rinvio alla puntuale postfazione di Domenico Scarpa all'edizione einaudiana. Tutto, o gran parte, è comunque risolto narrativamente innervandosi attraverso una raffica di personaggi, soprattutto nella prima impeccabile parte. Lettori, ancora uno sforzo! sembra volerci dire Goliarda Sapienza dalla sua Bastiglia.
Mario Marchetti

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Conosci l'autore

Goliarda Sapienza

1924, Catania

Goliarda Sapienza nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai sedici anni visse a Roma, dove studiò all'Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli. Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il filo di mezzogiorno (1969), L'Università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L'arte della gioia (Stampa Alternativa 1998 e Einaudi 2008 e 2009), Il destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), La mia parte di gioia (2013), la raccolta poetica Ancestrale (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces (2014) e il romanzo...

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