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L'austerità è di destra. E sta distruggendo l'Europa
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L'austerità è di destra. E sta distruggendo l'Europa - Emiliano Brancaccio,Marco Passarella - copertina
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austerità è di destra. E sta distruggendo l'Europa

Descrizione


Merkel, Sarkozy, Monti, Draghi, tutti a ripetere lo stesso mantra: austerità, pareggio di bilancio, taglio della spesa pubblica. E intanto la grande recessione ci rituffa nell'incertezza totale del settembre 2008, quando la Lehman Brothers crollò gettando i mercati finanziari nel panico. Se allora erano le banche a dover passare sotto le forche caudine della speculazione, adesso è la volta degli Stati, specialmente quelli europei, indebitati fino al collo per far fronte alla crisi e costretti a sottomettere il proprio debito al giudizio giornaliero dei mercati e alle bizze delle agenzie di rating. Dopo Grecia e Irlanda, anche Spagna e Italia sono arrivate a un passo dal baratro, mentre la politica monetaria appare impotente nell'impedire la frantumazione dell'Europa. Ma se l'austerità fosse il rimedio che aggrava la crisi invece di risolverla? Se i tagli e l'aumento delle tasse invece di risanare il bilancio deprimessero ulteriormente l'economia e quindi il gettito fiscale? Emiliano Brancaccio e Marco Passarella, rinnovando la lezione di Keynes, ci spiegano perché, di fronte a una crisi di domanda come la nostra, la linea dell'austerità va combattuta, in quanto conservatrice, antisociale e quindi antidemocratica. Perché l'austerità è di destra, anche se in bocca a politici di tutti gli schieramenti.
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Dettagli

2012
12 aprile 2012
192 p., Rilegato
9788842817772

Valutazioni e recensioni

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Pietro
Recensioni: 1/5

Libro scadente per eccesso di demagogia. Voto? Zero.

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stefano
Recensioni: 5/5

E' un testo che va letto. Nonostante si rifaccia all'anno 2011 è ancora attuale sia per l'analisi sia per le proposte in esso contenute. Mi sembra che la posizione presa sul ruolo dell'euro sia chiara. Le cause della sua crisi devono essere ricercate nell'ambito della politica soprattutto tedesca.

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Nicoletta
Recensioni: 2/5

Non mi ha convinto la lettura di questo libro perché ha mostrato (alla luce degli attuali problemi) un'incapacità di analisi in grado di anticipare gli eventi. La posizione degli autori è ondivaga sull'euro...tema che, invece, dovrebbe essere al centro del dibattito con minore indeterminatezza e maggiore forza nel denunciare gli errori della moneta comune. Purtroppo, la reputo una lettura "da sinistra" stantia e incapace di far luce sui problemi economici.

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Voce della critica

  Un pamphlet, scrivono gli autori. Ma anche un libro da proporre agli studenti universitari alle prese con corsi di economia: in poco più di centocinquanta pagine, che peraltro racchiudono un'ampia bibliografia per argomenti, troverebbero una bella illustrazione (didattica, appunto) della dinamica del collasso finanziario del 2008; una disamina accurata delle ragioni della crisi della teoria mainstream; un'analisi piuttosto convincente dell'impasse del debito in Europa, anche alla luce dei noti eventi del 1992; una ricostruzione non banale dei diversi orientamenti di economisti e policy-makers in merito alle possibili vie d'uscita, e soluzioni originali per il rilancio del processo d'integrazione europea. E ancora, più di un coraggioso appello a non ritenere il passato una buona guida per il futuro: se davvero è stata quella finanza a sostenere la domanda, attraverso gli squilibri globali e intraeuropei degli anni più recenti, ci ritroveremo ora, di fatto, con quella stessa finanza e quegli stessi squilibri, ma la prima non sosterrà alcunché, e gli "European imbalances" potranno finalmente rivelare di essere, in realtà, un "segnale premonitore di cambiamenti negli assetti proprietari futuri". Solo idealmente a immagine e somiglianza della Germania (poiché il gioco mercantilistico, ahimè lanciato dall'irresponsabilità del leader e dei suoi governi, è ovviamente a somma zero), a meno di pensare, e non è difficile farlo, un continente colonizzato da Berlino, l'Europa assiste colpevolmente alla sua "mezzogiornificazione", ed è questo il vero baratro. Assiste impotente, ma perché così ha voluto: e non c'è da stupirsi, poiché già nei primi anni ottanta, l'Europa politica cedette lo scettro ai campioni industriali del continente, artefici di quel mercato unico che, a differenza dell'euro, la Germania e i suoi (gruppi di) interessi vorranno difendere fino alla fine. Nel libro, sin dal titolo, una prospettiva politica: quelle di cui, ai tempi delle larghe intese, è finalmente lecito non vergognarsi. E anzi, farne una chiave di lettura, come propongono Brancaccio e Passarella con il sostegno di Marx e Keynes (quello della General Theory e poi del bancor, ma anche quello delle Conseguenze economiche della pace), e anche quello di Rodrik: si passa subito l'attuale austerity-consensus italiano al vaglio della lontana austerità di Berlinguer, per poi far precedere le conclusioni da un invito a liberarsi dall'ossimoro del "liberoscambismo di sinistra". E allora ecco le soluzioni, tutte interne all'Europa (uno standard retributivo continentale che promuova il riequilibrio, un principio di corresponsabilità che coinvolga i creditori, à la Keynes, e persino un riesame della "modernità della pianificazione"), tutte che richiedono, però, quella rivincita della politica da cui l'Europa si vantò di essersi liberata.   Mario Cedrini

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