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Ci sono romanzi che risuonano nel cuore di chi li legge per molto tempo. È così per La bambina sputafuoco. Noi siamo Mina quando ascoltiamo il bambino che abbiamo dentro.
«Le risorse della fantasia, il coraggio cocciuto e incontri illuminanti nutrono una vicenda autentica.» - Vivian Lamarque, La Lettura
«L'autrice racconta con leggerezza e ironia. Un inno all'amicizia e all'immaginazione.» - Manuela Stefanelli, Io Donna
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Pagine angoscianti; penso che il libro colpisca il cuore e che meriti un'attenzione particolare.
Martina, la bambina peperina detta Mina; sì, rimare sarebbe naturale come l'acqua di fonte che zampilla e allegria dintorno diffonde. Vivere e gioire; vivere, sentire e presagire sino al limite del pensabile, del sopportabile, di scivolare nell'oceano della solitudine laddove il consueto corso della vita sociale è interrotto dal battente di un nosocomio sterile: per necessità più che per virtù. Il 'male', come da prognosi, qui, è un millepiedi: repellente e furtivo quanto basta a irretire vittime innocenti; la 'cura' per debellarlo è una via crucis che va percorsa in solitaria, ma... come un'àncora necessita del fondo così ogni creatura vivente ricerca negli occhi imploranti o furenti del proprio simile un sodalizio che travalichi la paura di un destino incerto, di una prospettiva che vada al di là dell'oggi. La ripartenza famelica dei protagonisti verso una ragione di vita più elevata, che non sia la salvaguardia della vita stessa - interiore e fisica -, scaturisce da un mondo immaginifico, vero medium traslativo/salvifico. La prosa della Binando Melis acquista risalto grazie alla semplicità del mezzo linguistico adoperato: i toni colloquiali estremamente espressivi trasmettono, senza vane sofisticherie, la comunanza di sentimenti tra pari e complementari dinnanzi alla precarietà dell'esistenza.
La storia è narrata dal punto di vista di una bambina, per cui non solo il linguaggio è quello infantile, di una bambina che ogni tanto usa una parola "da grande", ma soprattutto la visione del mondo è quella tipica del "pensiero magico" dell'infanzia. Certi ragionamenti e pensieri, infatti, riportano alla mente il personaggio di Pippi Calzelunghe. Tuttavia, questo non impedisce al lettore (adulto) di capire chiaramente cosa stia succedendo. In definitiva, è stata una lettura interessante, forse leggermente prolissa.
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