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Bar Sport Duemila - Stefano Benni - copertina
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Bar Sport Duemila

Descrizione


«La prima regola del Bar della Pinna è: se una storia è raccontata bene, è vera.»

Bar Sport riapre i battenti, ma non è più quello di una volta. I vecchi volti si sono mescolati a facce nuove: avventori e avventurieri, mostri e mostriciattoli di un'altra Italia. Nel Bar Fico vengono esposte solo brioche invisibili a occhio nudo da scegliere col microscopio; nessun cliente mostra più un colorito naturale: solo visi abbronzatissimi, nelle più varie tonalità che vanno dall'albicocca al vitel tonné; ovunque squillano i cellulari, rombano i motori e i banconi sono preda ghiotta del delirio stilistico dei designer. Sopravvivono però ancora le maniere ruvide dei baristi all'antica, i cocktail assassini, le toilette irraggiungibili, la minacciosa torta Palugona. E fra un mondo e l'altro si snodano le molte storie da bar: quella del sassofonista cieco Elmo Buenavista innamorato della bella Sweet Misery; quella della video-battaglia di nonno Amedeo contro il Booz; quella di Gaetano mai apparso in televisione; e poi ancora quella del piccolo krapfen di Schwartzbruck Franz, dei tre strani Re Magi e di Capitan Carabus... In Bar Sport Duemila c'è posto per tutti. Cosa aspettate a entrare?

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Dettagli

2014
Tascabile
1 marzo 2014
176 p.
9788807884634
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Indice


Le prime frasi del libro:

PSICOPATOLOGIA DEL BANCONE DA BAR


Una strana e contagiosa malattia ha iniziato a colpire i bar e i locali versi la fine degli anni settanta: il suo nome è "sindrome del bancone", o megalobancomania. Questa sindrome porta a cambiare ossessivamente il bancone del bar ogni quattro-cinque anni. E ogni volta il bancone diventa più grande, più scomodo ed esteticamente incomprensibile. Si possono così incontrare, in piccoli bar di paese, dei monoliti di alabastro nero del peso di dieci tonnellate, portati lì da non si sa quale astronave. Parimenti dei bellissimi banconi di legno perfettamente funzionanti vengono sostituiti con banconi a "esse", a labirinto, pralinati con lapislazzuli, in materiali che vanno dalla bachelite arancione al vetro blindato. Gli stili passano dal rococò-maya al neo-torroncino bugnato, dal liberty-linoleum al Barbie-Goodzilla, dal Cheope-Chippendale al post-Benito, dal gotico-zotico al Luigi-X-Files, dall'assiro-bullonese al techno-etrusco, in una gamma di orrori mineralogici e geometrici senza limiti di spesa, di tonnellaggio e di vergogna. Ecco alcuni dei più strabilianti.

Il monolito


È un bancone di marmo, o travertino, di colore scuro, del peso pari a quello di un sottomarino nucleare, che viene calato nel bar con tecniche ancora più misteriose di quelle usate per le piramidi egizie. Anche se ingentilito con zuccheriere di Murano e scalinate di caramelle, mantiene l'aspetto di una grossa lapide, o mausoleo funerario. In un bar di Vigevano, negli anni ottanta, si presentò agli occhi dei clienti un gigantesco blocco di marmo grigio. Non appena fu lucidato, apparve la scritta A Matteo sposo esemplare la vedova inconsolabile. Questo potrebbe confermare l'ipotesi che gran parte di questi banconi siano residui cimiteriali riciclati. Il pregiato catafalco può essere impreziosito con rifiniture in oro, pietre preziose, bassorilievi, mosaici e soprattutto gadget. Abbiamo così alcune varianti.

Il superaccessoriato


Tipo di bancone usato nelle città ricche e in zone abbienti. In esso si sposa l'ideale estetico dei più alti esempi di pacchianeria e cattivo gusto mai raggiunti nel nostro paese: l'arte souveniristica e il défilé di moda televisivo. Il materiale è un vetroresina rosa da bordello di emiro, o un lastrone di iceberg salmonato. L'importante è che sotto il sapiente gioco di luci, impostato da uno specialista in discoteche, tutto brilli e mandi riflessi accecanti sugli avventori. Su questo apparato si ergono alcuni distributori di caramelle alti fino a due metri, un'edicola di biscotti, quattro bidoni di yogurt di diversi colori, una cioccolatiera che rimesta la stessa cioccolata dal giorno dell'inaugurazione, una macchina che fa cubetti, sfere e ottaedri di ghiaccio, e un gigantesco rotore che agita una fanghiglia verde che potrebbe essere granita o cremolato di iguana. Sul bancone sono allineate decine di vassoietti contenenti pizzette, pistacchi, pannocchiette, anacardi, capperi, olive nere, olive verdi, salatini, arachidi, cetrioli, patatine e affini. Frequentando uno di questi banconi un bevitore di Campari può vivere a sbafo per tutta la vita. Mazzi di bustine di zucchero, zucchero di canna, zucchero dietetico e zucchero per mancini occupano le zone restanti. Nell'unico spazio libero ci sono la pubblicità del Beaujolais nouveau, e un vaso criselefantino con le offerte per il rifugio del Levriero. L'inconveniente di questo prodigioso bancone è che nessuno sa dov'è il barista, sepolto dietro la parata di optional. Se riuscite a scoprirlo, tra il distributore di yogurt e la cioccolatiera, o dietro una palizzata di bottiglie, potete provare a chiedergli un caffè. - Mi dispiace signore, - risponderà affranto, - ma non saprei proprio dove mettere la tazzina.

Il Transilvania superstar


Detto anche "Bara di Dracula. Blocco di marmo nero con disegni in oro, distributore di birra alla spina in avorio, sgabelli in osso. Il barista apre solo dopo la mezzanotte.

Il girotondo della morte


Semicerchio di alabastro verde pisello con ringhierina rococò, e sedili formati da tronchetti traballanti che spesso crollano al suolo senza motivo apparente. Se uno solo dei clienti perde l'equilibrio, trascinerà tutti gli altri in una caduta circolare, e l'ultimo precipiterà giù per le scale della toilette.

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Terrificante

Uno dei libri più brutti da me letti ultimamente e non passatemi il concetto del risvolto sociologico alla base dei racconti. Sono solo brutti!

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New Gold Dreamer
Recensioni: 3/5

"Bar Sport Duemila" è sicuramente di un livello inferiore rispetto a "Bar Sport" del lontano 1976, ma di certo anche lo stesso Benni ne sarà stato consapevole; tuttavia penso che i relatori delle critiche negative non abbiano capito quello che è - secondo me - la filosofia profonda di questa raccolta di racconti: la critica della società italiana odierna venutasi a formare nel corso dell'ultimo scorcio del XIX secolo e del nuovo millennio, fatta di inutili frivolezze e di un ostentato consumismo che ha reso le persone meno genuine e più attente alle apparenze che alla sostanza umana. Però il nostro Benni non è del tutto così pessimista: molti italiani saranno diventati fighetti e sofisticati all'inverosimile, eppure nella nostra bella Italia sono rimasti ancora qua è là i vari Bar Pesi e i Bar Dam da Bevar, dove si respira ancora una certa semplicità e goliardia. Forse basta non arrendersi all'attuale stato delle cose e saper cercare bene.

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Giulia
Recensioni: 4/5

Torna l'esilarante cronaca dei Bar Sport, ma in chiave moderna, aggiornata agli anni duemila. Libro leggero e di facile lettura, alcuni capitoli ti portano proprio a pensare "ah ma è proprio così", "ma quel personaggio è paragonabile a..", tremendamente realistico.

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La recensione di IBS


Un po' per ridere e un po' per riflettere sulla società, con la sua evoluzione, i suoi nuovi tic e le manie, in un'Italia che sta viaggiando verso il Duemila. A distanza di vent'anni dal celeberrimo "Bar Sport".

Il primo impatto con il libro è di assoluta comicità. Una presa in giro della nuova moda, nei bar più raffinati come in quelli sperduti e periferici, che vuole, per essere nel giusto "trend", l'inserimento di banconi giganteschi, imprevedibili, dalle forme più avveniristiche. Si tratta di una sindrome che Benni definisce "sindrome del bancone" o megalobancomania. Da questo dato di fatto parte con un'esilarante descrizione di alcuni tipi di banconi, sempre meno razionali e sempre più "spaziali". Dietro questi assurdi banconi compaiono i clienti: l'incazzato da bar, con cui il dialogo è difficilissimo perché su nulla sarà mai d'accordo; l'appassionato di videogame, un pensionato pronto a tutto pur di arrivare alla fine del gioco; le vecchiette nell'angolino, che conoscono ogni malattia, con i più infausti decorsi, e diagnosticano a prima vista ogni sindrome degli altri malcapitati clienti; i due che devono andare al cinema, ma regolarmente per i motivi più disparati non riescono a stabilire un film che interessi entrambi; il neotecnico da bar, un esperto "computerizzato e satellitare" di calcio; l'Uomo Invisibile al Barista (UIB) che in qualsiasi modo cerchi di richiamare l'attenzione sulla sua ordinazione non sarà mai servito e l'Uomo Col Vocione (UCV), che non deve nemmeno fare lo scontrino alla cassa per ottenere ciò che desidera; il DDT ovvero Drogato Da Telefonino, che se il cellulare trilla mentre sta bevendo un cappuccio "continua a bere con la destra e risponde con la sinistra, oppure intinge il cellulare nella tazza e si attacca una brioche all'orecchio"; gli atleti, che vedono il bar come "centro di smistamento di tutta una serie di attività sportive contrassegnate dall'abbigliamento specializzato e da un'assoluta dedizione"...

E tra questi e altri personaggi (minori ma non marginali) come un gruppo di insetti, che tenta di sopravvivere tra contenitori di zucchero, frigoriferi, baristi e avventori, o una coppia di anziani dirimpettai poverissimi che finalmente pranzano insieme (ma sull'esito di questo pranzo Benni ci lascia varie possibilità di scelta...), si dipanano le brevi storie che l'autore racconta: un seguito ideale del notissimo "Bar Sport", pubblicato nel 1976. Fino all'ultimo episodio, intitolato "Il bar di una stazione qualunque", la cui amarezza e drammaticità capiamo solo nell'ultimissima frase ipoteticamente scritta da un anziano su un quaderno all'uscita dal bar: "Oggi, stazione di Bologna, due agosto di un anno vicino al duemila, ore dieci e venti del mattino, tutti sono allegri perché partono, e faccio finta di partire anch'io."

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Stefano Benni

1947, Bologna

Giornalista, scrittore e poeta, collabora con numerose testate, tra cui il giornale francese Libération. Ha diretto per Feltrinelli la collana Ossigeno. Ha curato la regia e la sceneggiatura del film Musica per vecchi animali (1989), scrive per il teatro e ha allestito, tra gli altri, col musicista Paolo Damiani uno spettacolo di poesia e jazz, Sconcerto (1998). È ideatore della Pluriversità dell'Immaginazione. È autore di numerosi romanzi di successo pubblicati da Feltrinelli, tra cui La compagnia dei celestini (1992), Achille piè veloce (2003), Margherita Dolcevita (2005), Pane e tempesta (2009), Bar sport Duemila (2010), Di tutte le ricchezze (2012), Cari mostri (2015), La bottiglia magica (2016), Prendiluna (2017), Teatro...

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