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Descrizione


La “geometria frattale”, nata negli anni settanta dall'intuizione di Benoit B. Mandelbrot, è tuttora più una provocazione al modo di pensare prevalente nelle scienze esatte della natura – quello fondato sui paradigmi collaudati dell'astrazione matematica – che una teoria organica, rigorosamente fondata. Ciò non toglie che essa consenta di arricchire con nuove prospettive e impostazioni teorie scientifiche ben note, che spaziano dalla fisica alla biologia, dall'astronomia all'economia, sotto il comune denominatore dello studio dei “sistemi dinamici complessi”. È questo il settore nel quale si sono specializzati i due autori: dalle loro ricerche, e da una serie di mostre organizzate per offrirne il frutto a un più largo pubblico, è nato questo libro. Laddove la contemplazione della pura bellezza geometrica era un tempo riservata a pochi eletti e presupponeva comunque un duro tirocinio, il lettore comune ha qui la possibilità, grazie ai più recenti progressi della computer graphics, di partecipare di un'esperienza matematica nuova, estetica non meno che scientifica. (E di parteciparvi anzi attivamente, se dispone di un personal computer: negli Experimenta, in fondo al volume, le istruzioni per il “fai da te”.) Dal vaso di Pandora di una semplice formula ricorsiva immessa nella macchina, fuoriesce una profusione di forme, tipicamente “autosimili”, di straordinaria eleganza, una fauna policromo, ora realistico, ora di sogno, ora da incubo. Sotto il soffio dell'iterazione, lo specchio immobile della geometria si increspa e diventa un mare in movimento, un luogo incantato che è vano sperare di attraversare con la bussola e il sestante della retta euclidea e delle equazioni differenziali newtoniane, strumenti deterministici. La simulazione al calcolatore – e questa è un'autentica svolta concettuale – tempera l'apriorismo astratto, e inevitabilmente dogmatico, della regina delle scienze restituendo ad essa una dimensione “naturale”, perfettamente consona alla sensibilità dei tempi nuovi.
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Dettagli

1997
14 febbraio 1997
Libro universitario
195 p., ill. , Brossura
9788833904207

Voce della critica


recensione di Conte, A., L'Indice 1987, n.10

La grafica computerizzata ha ormai raggiunto vertici di perfezione che sarebbero stati impensabili ancora pochi anni orsono. Fra le moltissime immagini elaborate, in questo modo e che sono ormai diventate patrimonio comune della nostra esperienza visiva, le rappresentazioni di frattali prodotte da Peitgen e Richter nel laboratorio di fisica dell'università di Brema e contenute in questo bellissimo volume occupano un posto preminente per il fascino un po' inquietante che ne sprigiona e per l'enorme varietà di forme che descrivono. Esaminandole con attenzione è facile cogliere le due caratteristiche fondamentali degli oggetti frattali: l'autosimilitudine e la dimensione frazionaria. La prima è la proprietà di cui godono i frattali, che consiste nel poter essere decomposti in parti sempre più piccole, ciascuna delle quali è la riproduzione miniaturizzata dell'oggetto di partenza. La seconda è la proprietà che genera le infinite frastagliature di cui sono dotati i frattali e che li fanno apparire così diversi dagli oggetti geometrici euclidei che ci sono familiari.
È questa la geometria con la quale dovremo abituarci a convivere nel duemila, profondamente diversa dall'ordine euclideo che per secoli ha dominato l'immagine del mondo costruita dalla scienza, e tuttavia capace di dominare scenari apparentemente caotici grazie alla costruzione di modelli matematici sempre più profondi e raffinati. Dietro a queste figure apparentemente bizzarre c'è comunque una lunga storia, il cui inizio può essere fatto risalire ai primi del novecento, quando Poincaré tento di descrivere matematicamente la vera orbita della terra.
È noto infatti che l'orbita ellittica predetta dalla prima legge di Keplero non è che una grossolana approssimazione, in quanto tiene conto soltanto dell'attrazione gravitazionale esercitata dal sole e non di quelle esercitate dagli altri pianeti, uno almeno dei quali, Giove, ha massa sufficientemente grande da non poter essere trascurata. Nel tentativo di risolvere le equazioni differenziali che descrivono l'influenza reciproca dei tre corpi, Poincaré si trovò di fronte a un fenomeno inaspettato: non era infatti possibile trovare delle soluzioni che descrivessero il moto dei tre corpi in modo ordinatamente geometrico, ma soltanto soluzioni divergenti che davano alcune indicazioni sulla periodicità delle orbite. In altre parole, se si immagina di inserire un piano fisso perpendicolarmente all'orbita della terra, questa non lo taglierà a distanza di un anno sempre nello stesso punto, ma i vari punti di intersezione costituiranno una figura apparentemente caotica e non riconducibile ad alcuna delle forme geometriche standard. Soltanto molto più tardi ci si accorse che i punti si organizzano come se fossero attratti da uno strano oggetto geometrico (chiamato appunto attrattore strano) e che questo è un frattale. E in effetti i frattali compaiono in tutti i fenomeni di transizione al caos, e non c'è dubbio che il loro studio approfondito potrà contribuire alla comprensione di fenomeni che sfidano i paradigmi della scienza classica. Ma già oggi questi paradigmi devono essere messi in discussione e riformulati su basi completamente nuove se vogliamo comprendere fenomeni che sono finora sfuggiti ai modelli classici.
L'esempio più significativo è quello della nozione di tempo. Il tempo della scienza classica, che fluisce inesorabile e imperturbabile e che è tale che la conoscenza dello stato dell'universo in un determinato istante deve consentire di ricostruire tutto il passato e di predire tutto il futuro, è stato ormai sostituito da un tempo molto più simile a quello che sperimentiamo nella nostra vita, pieno di imprevisti e di colpi di scena, e che ci consente soltanto di elencare qualitativamente gli scenari possibili, ma non di predire con sicurezza quale di essi si verificherà. Si tratta di una delle conseguenze della proprietà fondamentale dei sistemi dinamici complessi, e cioè che piccolissime variazioni nei dati iniziali possono produrre effetti imponenti sul moto successivo. Ed è anche l'ostacolo principale alla comprensione e alla spiegazione di molti fenomeni, sia teorici che pratici. Ne costituisce un esempio il problema della stabilità o meno del sistema solare. Un altro è quello della fusione nucleare controllata, che non è stata ancora ottenuta proprio perché non possediamo una comprensione adeguata del moto caotico di una particella carica all'interno dello specchio magnetico. Un altro ancora è quello della visione dei robots, che devono poter apprendere a distinguere gli oggetti districandosi fra le infinite frastagliature delle superfici di separazione. E lo studio della crescita delle uova degli insetti ci ha insegnato che la morfogenesi non può essere capita soltanto a partire dalla conoscenza del genoma e della struttura molecolare. La fenomenologia ha le sue leggi che cambiano a ogni nuovo stadio di organizzazione e che richiedono la costruzione di modelli matematici molto più sofisticati di quelli che abbiamo oggi a disposizione.
Di tutto ciò, e di molto altro ancora, tratta il volume di Peitgen e Richter, che oltre a generare al computer le 101 meravigliose immagini frattali a colori che lo arricchiscono, hanno scritto due capitoli, "Le frontiere del caos" e "Magnetismo e frontiere complesse", nei quali i concetti fondamentali della teoria dei sistemi dinamici complessi vengono spiegati con un linguaggio accessibile anche ai non specialisti e mediante numerosi esempi tratti dalle più svariate discipline. Centinaia di illustrazioni in bianco e nero aiutano a comprendere il testo e ne illustrano i passi più significativi.
Vi sono poi quattro capitoli su invito: uno ("I frattali e la rinascita della teoria iterativa") dell'inventore dei frattali (o meglio, del loro nome) B.B. Mandelbrot; uno ("Gli insiemi di Julia e l'insieme di Mandelbrot") del più importante matematico che si è occupato di frattali, A. Douady, il quale spiega tra l'altro l'idea che sta alla base della sua importante dimostrazione della connessione dell'insieme di Mandelbrot; uno ("Libertà, scienza ed estetica") di un famoso specialista di superconduttività, G. Eilenberger, il quale si dice "convinto che la razionalità della scienza, opportunamente ampliata, è l'unica e onnicomprensiva fonte di conoscenza per l'umanità, l'unica religione di un futuro illuminato"; e uno infine ("Rifrazioni della scienza nell'arte") di H.W. Franke, massimo specialista tedesco di arte tecnicamente assistita. Il capitolo si chiude con un'appendice "Fai da te" in cui gli autori mettono generosamente a disposizione di chi voglia cimentarsi nella produzione di immagini frattali al computer tutta la documentazione relativa ai loro programmi. Il tutto forma un volume di grandissimo interesse, la cui parte iconografica è di tale eccellenza da bastare da sola ad attirare l'attenzione di qualunque lettore colto, ma che non si esaurisce soltanto in essa perché la parte scritta costituisce la migliore introduzione ai frattali per non strettamente specialisti oggi disponibile.
Il successo riportato in tutto il mondo è anche dovuto al fatto che esso funge da catalogo di una mostra, intitolata appunto "Frontiers of Chaos: computer graphics face complex dynamics", che, sotto gli auspici del Goethe-Institut, è stata portata in più di trenta paesi e che è arricchita, oltre che dalle immagini contenute nel volume, da un video prodotto dagli stessi autori che è stato unanimemente giudicato il miglior esempio di animazione al computer oggi disponibile. C'è da augurarsi che sia presto possibile ammirarne anche nel nostro paese le immagini sofisticate che simboleggiano, meglio di qualunque altra formula o discorso, la pervasività della matematica nella cultura del nostro tempo.


recensione di Emmer, M., L'Indice 1987, n.10

"Nessuna humana investigazione si può dimandare vera scienza s'essa non passa per le matematiche dimostrazioni". Con questa frase del suo "Trattato della Pittura", Leonardo da Vinci chiariva che essendo il fine della pittura la riproduzione della natura, il pregio di un dipinto consisteva nella esattezza della riproduzione, e la pittura doveva essere di conseguenza una scienza e come tutte le scienze basarsi sulla matematica. Quando si parla dei possibili rapporti tra matematica ed arte, la prospettiva è l'esempio più citato. Il matematico Morris Kline nel suo libro "La matematica nella cultura occidentale" (Feltrinelli, 1976) ha scritto: "La creazione matematica più originale del Seicento, un secolo in cui la scienza forn la motivazione determinante per l'attività matematica, fu ispirata dall'arte della pittura. Sviluppando il sistema della prospettiva lineare, i pittori introdussero nuove idee geometriche e posero vari interrogativi che suggerivano una direzione di ricerca del tutto nuova. Così gli artisti pagarono il loro debito alla matematica".
È tradizione antica che i matematici si interessino delle possibili reciproche influenze tra la loro disciplina e l'arte, sia nel senso di una intrinseca "bellezza" dell'attività creatrice del matematico, sia nel senso di un possibile approccio "matematico" all'arte. Le Lionnais nel volume "Les grands courants de la pensée mathématique" (1962), nel suo saggio "La Beauté en Mathématiques" scrive tra l'altro: "La bellezza si evidenzia nella matematica come nelle altre scienze, come nelle arti, nella vita e nella natura. Le emozioni che la matematica suscita sono talvolta paragonabili a quelle della musica pura, della grande pittura o della poesia".
Più recentemente il matematico Ren‚ Thom ha considerato in dettaglio le relazioni tra arte e scienza nel suo saggio "Local et global dans l'oeuvre d'art" (1982): "Una volta stabilito che si debba costruire un ponte tra la Scienza e l'Arte, non vi e dubbio che tale passaggio può essere percorso secondo due direzioni: dall'arte verso la scienza o al contrario dalla scienza verso l'arte... Al contrario degli artisti che cercano di trovare nella cultura scientifica una garanzia per le loro iniziative creatrici, io vorrei, percorrendo la passerella nell'altro senso, esporre la perplessità dello scienziato di fronte all'enigma della bellezza. È possibile fondare, si potrebbe vagheggiare una teoria 'scientifica' dell'estetica?"
Della problematica connessa ai rapporti tra arte e scienza si occupa la rivista anglo-americana "Leonardo" fondata venti anni fa da Roger Malina. L'ultimo numero del 1987 è un numero speciale dedicato al tema del futuro dell'arte e dell'arte del futuro. Nel mio intervento ho osservato che: "Si dice spesso che l'arte del futuro dovrà basarsi sull'uso delle cosiddette nuove tecnologie, la grafica computerizzata in particolare. Negli ultimi anni, grazie alla sempre maggiore sofisticazione dei mezzi tecnici, un nuovo settore della matematica si è venuto sviluppando. Si potrebbe chiamare 'Matematica visiva'. Nel considerare i problemi in cui la visualizzazione gioca un ruolo importante, i matematici hanno ottenuto delle immagini il cui impatto estetico ha finito per riguardare anche persone che non erano strettamente interessate alle questioni scientifiche che le avevano generate". Anzi la stessa parola visualizzazione è in qualche senso inadeguata. Infatti in molti dei problemi matematici recentemente affrontati utilizzando la grafica computerizzata, l'elaboratore non è stato semplicemente utilizzato per "illustrare" fenomeni ben noti ma la sua possibilità di "rendere visibile" si è dimostrata essenziale per riuscire a comprendere i fenomeni stessi. In questi ultimi anni lo studio per così dire "visivo" di talune questioni ha portato i matematici a creare delle nuove immagini che rapidamente si sono diffuse anche al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori; fenomeno del tutto peculiare dato che se è già abbastanza inusuale che si parli di scienza in generale (tranne le situazioni particolari delle ricerche mediche e ambientali), lo è del tutto per quanto attiene alla matematica.
Per questo genere di immagini è già stata coniata una nuova parola: Math-Art. Si organizzano mostre che girano per i musei della scienza e per i musei d'arte. Non vi è dubbio che uno dei fenomeni più interessanti da questo punto di vista è stato ed è quello dei frattali nello studio dei quali si sono ottenute immagini tanto complesse che non avrebbero potuto essere realizzate senza le capacità grafiche degli attuali elaboratori.
Nel 1984 Mandelbrot, ripensando alle sue prime esperienze con la geometria frattale, ha scritto: "Perché spesso la geometria viene descritta come fredda e arida? un motivo è la sua incapacità di descrivere la forma di una nuvola, di una montagna, di una costa o di un albero. Le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono circoli e gli argini non sono regolari, nemmeno la luce viaggia secondo una linea retta... La natura non rivela semplicemente un grado più alto ma un livello del tutto diverso di complessità".
La geometria dei frattali vuole presentarsi come la geometria più adatta per studiare la complessità della natura; nel realizzare un libro come "La bellezza dei frattali", Peitgen e Richter hanno voluto non solo presentare la teoria matematica che ne è alla base ma hanno, si può dire, utilizzato delle "idee matematiche" come illustrazione se non addirittura come pretesto della loro attività creatrice. Nell'introduzione del libro si richiama esplicitamente la possibilità di una ricongiunzione tra il linguaggio scientifico e quello artistico. È il matematico stesso a proporsi come artista, senza mediazioni. Tanto evidente è questa ambizione che uno dei saggi del volume è firmato da un artista e studioso di computer art, Frankel, che tra l'altro scrive: "I critici d'arte nei secoli a venire considereranno, mi auguro, la nostra epoca e arriveranno a conclusioni piuttosto diverse da quelle degli esperti contemporanei. Molto probabilmente i pittori e gli scultori oggi stimati saranno quasi stati dimenticati, e invece la comparsa dei media elettronici sarà salutata come la svolta più significativa nella storia dell'arte. Quelle prime tappe e quegli incompleti tentativi nel raggiungere l'antico traguardo, soprattutto l'espressione e la rappresentazione pittorica del nostro mondo, ma con nuovi mezzi, riceveranno finalmente il dovuto riconoscimento. L'arte di ogni epoca ha usato i mezzi del suo tempo per dare forma all'innovazione artistica, innovazione che non è mai avvenuta per ragioni veramente tecniche o pratiche... Perché non dovrebbe il computer, quale mezzo universale di informazione e di comunicazione, che ha invaso anche le nostre case, venire usato come mezzo e strumento di Arte"?
Non so se nel prossimo futuro l'annosa questione della possibilità di un linguaggio comune tra l'arte e la scienza passerà attraverso l'utilizzazione della 'computer graphics'. È molto probabilmente un problema mal posto dati gli scopi diversi degli scienziati e degli artisti. Non vi è dubbio comunque che gli scienziati, i matematici in particolare, hanno enormemente allargato il mondo delle immagini scientifiche a disposizione: in pochi anni si è creato un nuovo "immaginario scientifico".
Io ritengo che, come nel Rinascimento, dovranno essere ancora una volta gli artisti, e perché no i critici e gli storici dell'arte, a pagare il loro debito alla matematica analizzando questo nuovo fenomeno e cercando di afferrare qualcosa dei problemi scientifici e matematici che ne sono alla base. Altrimenti chi impedirà ai matematici di essere gli artisti del futuro?

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