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Bíos. Biopolitica e filosofia
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Bíos. Biopolitica e filosofia - Roberto Esposito - copertina
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Bíos. Biopolitica e filosofia

Descrizione


Da qualche tempo nessuno dei grandi eventi che scuotono il mondo è più interpretabile fuori della categoria di biopolitica: dovunque si volga lo sguardo, la questione del bíos appare al centro di tutte le traiettorie politicamente significative. E tuttavia, a tale straordinario rilievo non corrisponde una adeguata chiarezza sul significato del concetto. Esso sembra percorso da un'incertezza di fondo, da un'inquietudine semantica, che lo espone a letture contrastanti. Ciò che, in tale contrasto, resta irrisolta è la domanda posta per la prima volta da Michel Foucault: come mai la relazione sempre più diretta della politica con la vita rischia di produrre un esito di morte? Nel libro l'autore cerca una risposta a questo interrogativo.
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Dettagli

2004
12 ottobre 2004
XVII-215 p., Brossura
9788806171742

Voce della critica

Perché nel dibattito filosofico-politico si sta parlando tanto, oggi, di biopolitica? Che cosa si intende con tale termine? A questi interrogativi dà una risposta esauriente il libro di Roberto Esposito. Esso, infatti, oltre a fornire una "mappatura" degli usi e della genealogia del concetto, fa di quest'ultimo la potente chiave ermeneutica del nostro presente e del nostro probabile futuro. Il modo in cui l'autore riesce a far incrociare tra loro le diverse discipline, i differenti livelli di astrazione, gli approcci argomentativi e gli esempi storici, non solo fornisce un originale quadro teorico per gli addetti ai lavori, ma riesce a coinvolge anche il lettore non specialista in una sorta di "passione filosofica" per il presente.
Se per Foucault la biopolitica e il biopotere rappresentano, a partire dalla tarda modernità, le modalità con cui le tecniche e le pratiche di potere si fanno carico della vita, intesa nel suo significato biologico come quel tratto comune che consente di parlare di specie umana, per Esposito essi diventano gli elementi chiave per costruire un vero e proprio paradigma teoretico. Coniugato alla categoria di "immunizzazione" (cfr. Roberto Esposito, Immunitas , Einaudi, 2001; cfr. "L'Indice",???), la biopolitica diventa, nelle mani dell'autore, anche lo strumento con il quale smontare, pezzo dopo pezzo, la presunta indiscussa validità delle categorie con cui la filosofia politica classica ha pensato i rapporti tra soggetti e potere. Attraverso la rivisitazione dei concetti moderni di sovranità, proprietà e libertà, passando per una potente e originale rilettura di Nietzsche, l'autore vuole mostrare l'insufficienza delle nozioni politiche legate all'idea di stato e alla teoria giuridica della sovranità statale. Inadeguate soprattutto, anche se non soltanto, per la comprensione del presente, esse occulterebbero alcune delle dinamiche profonde che hanno messo in relazione gli esseri umani, anche nelle loro vite concrete di organismi viventi, con le strategie del potere politico. Dalla regolamentazione delle biotecnologie a una guerra preventiva, dalle politiche sanitarie a quelle demografiche, dalle misure di sicurezza preventiva all'estensione illimitata delle legislazioni, Esposito mette in evidenza come diventi sempre più pervasivo e scontato un discorso che deriva, più o meno tacitamente, l'ottimizzazione della vita dalla capacità di distribuire la morte.
Così, anche per Esposito, come per molti altri filosofi della seconda metà del Novecento, il nazismo è quell'avvenimento storico, estremo e paradigmatico, che ci ha svelato definitivamente il legame "segreto" tra biopolitica e tanatopolitica. Ma così facendo, a mio parere, rifiutando cioè di estendere anche al socialismo reale - quanto meno allo stalinismo - la stessa chiave ermeneutica, l'autore depotenzia la radicalità della nozione filosofica di totalitarismo, ben diversa da un'accezione storica o politologica. A differenza dei grandi "eterodossi" del XX secolo - da Levinas ad Arendt, da Foucault a Derrida - solo nella "biologia realizzata" della Germania del Terzo Reich, secondo Esposito, vanno cercate le insidie di una dinamica moderna che, se portata all'eccesso, conserverà la purezza della vita solo scatenando la morte. Ora, la specificità del razzismo novecentesco, come ci hanno insegnato Arendt e Foucault, non sta tanto nei suoi contenuti dottrinali quanto nei dispositivi teorici e pratici che consente per poter distinguere tra quale vita è degna di essere vissuta e quale, non essendo umana, può o deve essere eliminata. Ne consegue, a mio parere, che le contro-strategie dell'ultimo capitolo di Bios dovrebbero applicarsi a ogni progetto e ogni discorso che il potere pronuncia per mettere in moto la costruzione di una nuova umanità; non soltanto quella ariana.
La conclusione dell'autore è infatti che se non ci potremo mai più liberare del nesso politico vita-morte, svelatoci dal totalitarismo nazista, dobbiamo comunque sforzarci di individuare delle possibilità individuali per un potenziamento non nichilistico della vita. Per Esposito il compito sarà quello di pensare una biopolitica affermativa, capace di capovolgere la politica della morte nazista in una politica non più sulla , ma della vita.

Simona Forti

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Conosci l'autore

Roberto Esposito

1950, Napoli

Insegna Filosofia teoretica presso l'Istituto Italiano di Scienze Umane. Tra le sue opere: "Categorie dell'impolitico" (1988); "Nove pensieri sulla politica" (1993); "L'origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil" (1996). Per Einaudi ha curato una raccolta di saggi di Leo Strauss "Gerusalemme ed Atene" (1998) e ha scritto "Communitas. Origine e destino della comunità" (1998 e 2006), "Immunitas. Protezione e negazione della vita" (2002), "Bíos"(2004), "Terza persona" (2007), "Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana" (2010), "Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero" (2013) e Termini della politica. Vol. 1: Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis 2008, ristampa 2018).

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