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Volevo continuare a raccogliere notizie e racconti sulle triste vicende delle terre istriane dopo le foibe, ancora così incerte . Dopo il libro di Zecchi- Quando ci batteva forte il cuore e di Fulvio Tomizza- Materada-, la mia scelta è caduta su questo libro perché mi portasse dentro alle case e alle famiglie per conoscere le difficoltà di quel popolo, se restare o allontanarsi. Il libro offre una doppia testimonianza di veridicità, di confronto e di sensibilità al femminile. Oltre a questo andavo cercando una chiara cronologia dei fatti che andavano succedendo, per soddisfare la mia ricerca storica; l ho trovata i calce al libro, come appendice cronologica. Tuttavia la lettura mi ha dato un'altra dimensione della ricerca:potevo trovarla nel racconto del crescere delle paure, dei sospetti delle popolazioni che stavano trasformando quella piccola comunità di Pola. La conferma delle sofferenze dall'una all'altra dava la misura della comunione e della generalizzazione dei problemi. Dover diventare profuga per forza, senza una volontà autonoma, solo obbligata e incalzata dall'egoismo di quelli che cercavano un riscatto sociale con un vero sbandamento di idee e di mezzi sulle popolazioni precedenti;distruggere,allontanare,chiudere,annientare una popolazione con qualcosa di ingestibile o il nulla,vuol dire non avere a cuore né la propria né l'altri vita. Essere profuga ti perseguita a vita quando fuggi, quando ricostruisci altrove un'esistenza e devi sempre giustificare a te stessa quella parte di te che è rimasta altrove. "Forse se fossimo rimasti tutti nella nostra terra...". Qualcuno ora lo pensa ma allora era impossibile. La giornata del ricordo che si celebra ogni 10 febbraio ci aiuta a ricordare oltre alle troppe vittime delle foibe i tanti esuli giuliani e istriani che sono stati dimenticati o non conosciuti nel loro sacrificio.
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