In un bosco fuori città un furgone scarica un uomo imbavagliato. Due energumeni dal volto coperto riempiono di botte il malcapitato, poi lo legano a un albero. È chiaramente un'esecuzione. Ma il posto non è davvero isolato, stava passando di là, per caso, un cacciatore che riesce in qualche modo a far fuggire i criminali e a chiamare le forze dell'ordine. L'uomo che ha rischiato la morte è un pezzo grosso. Un imprenditore «etico», molto corteggiato dalla politica, che ha costruito la sua fortuna combattendo mafie e malaffare. Chi lo voleva uccidere? Il problema è che lui non lo sa. O forse non lo vuole dire. Con la solita accidia che lo contraddistingue, Ferraro – obbligato da Augusto Lanza, il suo stralunato superiore – si trova a indagare su un caso che lo condurrà nel ventre molle della Milano da bere, anche se è un altro il mistero che lo appassiona: una donna di origini sudamericane ha denunciato la scomparsa del figlio adolescente. Si sospettano affiliazioni a bande di latinos, gente che va in giro a marcare il territorio con la violenza, armata di machete. Ferraro seguirà così una doppia indagine, come sempre aiutato dai colleghi, vecchi e nuovi, e dai consigli della figlia Giulia, che gli fa da traghettatrice nel mondo disilluso dei ragazzi di questa generazione. Tutto ciò mentre un virus letale imperversa in Cina. Sembra una cosa lontana. Ma non lo è affatto.
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Biondillo é un autore che conosce bene le situazioni che racconta. Ci restituisce, infatti, una Milano reale, ricca di sfumature, e alcune delle dinamiche sociali della Milano contemporanea. Ho apprezzato il modo convincente in cui ha messo in relazione alcune tra le diverse anime della città, dal degrado sociale dei quartieri popolari ora caratterizzati dalla multietnicità, a quello morale della Milano rampante dei nuovi ricchi, sviluppatasi all’ombra dei grattacieli del nuovo skyline. Nuove giungle urbane attraversate da quel fiume di droga che avvicina mondi che altrimenti non si sfiorerebbero, quelle che conosciamo attraverso i fatti di cronaca di questi anni, e che Biondillo sa rappresentare anche grazie al suo sguardo di urbanista capace di cogliere l’influenza della qualità di un luogo, del criterio con cui è stato concepito, sulla vita dei suoi abitanti e sull’evoluzione delle relazioni. Affida tutto questo a una vicenda poliziesca di cui si occupa l’ispettore Ferraro, uomo la cui integrità e ironia si sono costruite proprio nel suo quartiere popolare di nascita, oggi centro di una criminalità endemica. Affida la vicenda anche una Milano che sta entrando nel drammatico periodo della pandemia e del lock down. Una paralisi collettiva a cui una città come Milano, come tutto il resto del Paese e del mondo, non era preparata, per la quale non era strutturata. Ne viene fuori più ancora che un poliziesco, un romanzo a sfondo sociale molto ben strutturato, un quadro fedele della realtà senza strumentalizzazioni né moralismi.
Una Milano in cui il centro è periferia e la periferia è il bronx. Bellissimo. A quando una serie TV?
Se si cerca un poliziesco in cui bisogna arrivare a leggere la penultima riga dell'ultima pagina per trovare la soluzione, questo libro non fa per voi. Se si cerca un romanzo scritto con tratti di buona prosa, che racconta una città e la fa vivere al lettore, che racconta come fosse cronaca uno dei periodi più brutti della città e del nostro paese in generale, legando il tutto alla vita lavorativa quotidiana del "solito" poliziotto, ebbene, è sicuramente da leggere. Chi conosce letterariamente l'autore sa già che l'attende un testo molto scorrevole, senza voli pindarici, pur tuttavia, come dicevo, con numerosi inserti di prosa profonda.
Lettura piacevolissimo. Con Ferraro è come ritrovare un vecchio amico. Una storia di oggi a tratti triste ma anche ironica, sicuramente plausibile....