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Carli, Baffi, Ciampi: tre governatori e un'economia - Siro Lombardini - copertina
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Descrizione


Attraverso la puntigliosa ricostruzione e l'analisi critica della politica monetaria della Banca d'Italia, desunta dalle relazioni annuali dei suoi storici governatori (Carli, Baffi, Ciampi), l'autore ricostruisce la storia politica d'Italia dal miracolo economico ai giorni nostri e giunge alla considerazione che "si deve purtroppo riconoscere che il solo "operatore" di politica economica che abbia cercato di operare in una prospettiva di medio termine per mantenere ed accrescere l'efficienza del nostro sistema è stata la Banca d'Italia".
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Dettagli

2005
XV-293 p., Rilegato
9788802071701

Voce della critica

È singolare che questo libro di storia della politica monetaria di Siro Lombardini sia stato pubblicato proprio a ridosso di uno scontro istituzionale, senza precedenti, innescato dalla ormai nota "saga bancaria" di fine estate che ha sancito il 2005 come l'annus horribilis per la Banca d'Italia. La puntigliosa e molto documentata ricostruzione dell'azione svolta dai governatori Carli, Baffi e Ciampi (i tre predecessori di Fazio) acquista infatti una notevole rilevanza non solo per chi volesse compiere un'analisi approfondita di tali interventi (realizzati nel corso di trent'anni della cosiddetta prima Repubblica), ma anche per tutti coloro che fossero interessati a confrontare quel periodo con le vicende economico-politiche più recenti.
L'autore, lucido e instancabile studioso (sempre per la Utet ha pubblicato nel 1993La morale, l'economia e la politica), oltre ad aver insegnato per anni all'Università di Torino e alla Cattolica di Milano, è stato anche un autorevole protagonista della politica economica nazionale in qualità di ministro delle Partecipazioni statali (1979-80), senatore della Repubblica e ascoltato economista ai vertici di diverse istituzioni (attualmente è presidente della Fondazione Banca Popolare di Novara). Si è trovato quindi nella posizione privilegiata di poter seguire direttamente molte delle vicende che si trovano nel libro. L'esperienza maturata "sul campo" si coglie nello stile, critico e spesso appassionato, teso a liberare l'analisi dei fatti economici dalla angusta gabbia nella quale molti cultori della cosiddettadismal science vorrebbero relegare l'economia politica. Come altri studiosi della cosiddetta scuola anglo-italiana, e come il libro stesso testimonia, l'autore affronta lo studio dei problemi economici di quegli anni realizzando una felice commistione tra scienza economica e "arte" di governo. Non ci sono decisioni di politica economica - "neppure se si considera il campo ristretto della politica monetaria - che possono essere impostati e risolti sulla base di meri criteri economici". Questo tratto metologico di fondo, presente in molte pagine, è certamente destinato a catturare l'interesse anche dei non addetti ai lavori.
Come in parte anticipato, il libro copre un periodo che va dalla fine del cosiddetto "miracolo economico" ai primi anni novanta e non è quindi facilmente riassumibile in poche righe, tuttavia, dall'attenta rilettura delle relazioni dei governatori, spicca l'interpretazione critica che Lombardini fa relativamente alla fase della programmazione economica, alla quale si sono spesso riferiti sia Carli che Baffi. Essa era stata voluta da Ugo La Malfa, nel tentativo di eliminare i forti squilibri esistenti tra le regioni, tra i settori produttivi e tra la crescita dei consumi privati e l'espansione dei servizi sociali. Tuttavia, l'autore ricorda come ben presto la politica di programmazione finì per appiattirsi sulla sola politica dei redditi. Quest'ultima, come noto, avrebbe dovuto impedire la crescita "eccessiva" dei salari, crescita necessaria, si diceva, per rendere più competitivi i prodotti nazionali e migliorare i conti con l'estero. Tuttavia la politica dei redditi, oltre a essere stata politicamente e tecnicamente impraticabile, non avrebbe potuto migliorare in modo duraturo la competitività, anzi avrebbe potuto provocare effetti perversi attenuando gli stimoli per le imprese a innovare e riorganizzare i processi così da migliorare la produttività del lavoro. Inoltre, invece di agire sulla leva della politica industriale, grande assente secondo Lombardini nelcahier di politica economica dei governi degli anni settanta e ottanta, spesso si era fatto ricorso alle famigerate "svalutazioni competitive" della lira, con il duplice effetto di rendere ancora più difficile l'azione di contenimento dell'inflazione e di "impigrire" la classe imprenditoriale. L'altro grosso problema di fronte al quale si sono trovati spesso a operare i governatori (in particolare Carli) riguarda l'inefficace mercato finanziario italiano, incapace di creare un flusso di finanziamenti a medio termine sufficiente per gli investimenti, delle imprese che ha visto progressivamente accrescere, in quegli anni, il ruolo e il potere rivestito da Mediobanca e dall'ineguagliabile Enrico Cuccia.
Il libro mette anche in rilievo come la Banca d'Italia non abbia mai ceduto all'indulgenza nel giudicare gli interventi di politica fiscale compiuti dal potere esecutivo. Dalle relazioni annuali emerge infatti chiaramente una critica serrata nei confronti delle "politiche assistenzialistiche" (da molti poi frettolosamente e colpevolmente spacciate per keynesiane) dei vari governi che, in modo piuttosto miope, hanno spesso confuso le necessarie politiche di sostegno della domanda di breve periodo, con misure appunto assistenziali e permanenti, che rimandavanosine die le necessarie riforme strutturali e ipotecavano le prospettive di sviluppo per le generazioni future. La necessità di finanziare una spesa pubblica crescente era anche arrivata a minacciare, per un certo periodo di tempo, l'autonomia nell'azione della Banca d'Italia a causa del cosiddetto "matrimonio" fra l'istituto di emissione (che si vedeva "costretto" ad acquistare i titoli del debito pubblico non sottoscritti dal settore privato) e il Tesoro, autonomia che verrà riconquistata grazie al "divorzio" avvenuto tra le due istituzioni nel periodo in cui l'attuale presidente della Repubblica era governatore.
La Banca d'Italia dunque, secondo l'interpretazione di Lombardini, ha dovuta spesso intervenire in modo da limitare i danni che comportamenti e iniziative del governo e del parlamento potevano provocare. L'obiettivo finale dell'azione di politica monetaria è sempre stato quello della crescita e dello sviluppo del paese, anche se gli strumenti di controllo degli aggregati monetari sono stati, a seconda delle fasi e delle necessità, diversi e articolati. I tre governatori considerati in questo libro si distinguono poi per un "tratto" di fondo che ha caratterizzato il loro agire, vale a dire per lo sforzo con il quale hanno sempre cercato di mantenere una certa distanza, non solo apparente, nei confronti del potere politico ed economico (anche al caro prezzo di subire degli attacchi personali, si pensi al caso Imi-Sir del 1978 che ha visto coinvolto Baffi del tutto ingiustamente), fondamento necessario per ogni vera autonomia di giudizio e quindi di azione.

Lino Sau

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