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La casa dei Krull
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La casa dei Krull - Georges Simenon - copertina
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casa dei Krull

Descrizione


In questo romanzo oscuramente profetico, scritto alla vigilia della guerra, Simenon affronta un tema che gli sta molto a cuore, e lo fa scegliendo il punto di vista di un personaggio apparentemente marginale.

La casa dei Krull è al margine estremo del paese, e loro stessi ne vengono tenuti ai margini. Benché naturalizzati, restano gli stranieri, i diversi. Da sempre, e nonostante gli sforzi fatti per integrarsi. Nel loro emporio non si serve la gente del luogo, neanche i vicini, ma solo le mogli dei marinai che a bordo delle chiatte percorrono il canale. E quando davanti all'emporio viene ripescato il cadavere di una ragazza violentata e uccisa, i sospetti cadono fatalmente su di loro. In un magistrale crescendo di tensione, e con un singolare (e formidabile) rovesciamento, vediamo montare l'ostilità della popolazione francese verso la famiglia tedesca, e l'avversione per una minoranza, che rappresenta un perfetto capro espiatorio, degenerare progressivamente in odio e violenza. Mentre all'interno della casa dei Krull ciascuno deve fare i conti con le proprie colpe e le proprie vergogne nascoste. In questo romanzo oscuramente profetico, scritto alla vigilia della guerra, Simenon affronta un tema che gli sta molto a cuore, e lo fa scegliendo il punto di vista, disincantato e sagace, di un cugino dei Krull, un ospite tanto più inquietante, e imbarazzante, in quanto diverso, per così dire, al quadrato: diverso, come i Krull, dagli abitanti del paese, ma diverso anche da loro stessi, perché dotato di un buonumore «sconosciuto in quella casa», e di una disinvoltura, di una «leggerezza fisica e morale» che la rigida etica protestante paventa e aborre – e sarà proprio questa sua intollerabile estraneità a scatenare la tempesta.
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Dettagli

2017
2 febbraio 2017
220 p., Brossura
9788845931383
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Indice

Le prime pagine del libro

La prima cosa che Hans notò della casa dei Krull, della famiglia Krull – era un Krull anche lui, ma del ceppo originario, un Krull di Germania –, fu, quando ancora non era sceso dal taxi, una réclame trasparente incollata sulla porta a vetri dell’emporio.
Stranamente, fra tanti particolari che attiravano la sua attenzione, il suo sguardo si appuntò su quella réclame di cui decifrò, a rovescio, le due parole: «Amido Remy».
Lo sfondo era blu, un bel blu oltremare, e al centro campeggiava un pacifico leone bianco.
In quel momento, di fronte al leone dalla criniera immacolata come un lenzuolo, tutto il resto passò in secondo piano: un’altra réclame, anch’essa di plastica trasparente, con le parole «Liscivia Reckitt», relegata in posizione subalterna senza una precisa ragione; una scritta in giallo – «Mescita» –, metà sul vetro di sinistra e metà sul vetro di destra della porta; una vetrina zeppa di cordami, lanterne, frustini e parti di bardature; infine, poco distante, sotto il sole, c’era un canale, degli alberi, chiatte immobili e, lungo l’argine, un tram giallo che sfrecciava scampanellando.
«“Amido Remy”!» scandì Hans scendendo dal taxi.
Alle sue orecchie suonava come una formula magica, tanto più che, non parlando bene il francese, ignorava che cosa volesse dire.
«Vediamo un po’ come sono questi Krull di Francia!» pensò alzando la testa mentre si cacciava in tasca il resto.
Sopra l’emporio, da una finestra aperta, si scorgeva il busto di un giovane in maniche di camicia seduto a un tavolo ingombro di quaderni. Da un’altra zona della casa provenivano grevi accordi di pianoforte.
Fu allora che, oltre la vetrina di articoli marinari, in una penombra che pareva remota, Hans intravide la fronte di una donna, due occhi e una capigliatura grigia. In quell’istante, il giovane in maniche di camicia si affacciò alla finestra del primo piano a guardare incuriosito il taxi; a destra, un’altra finestra si aprì mostrando il viso affilato di una ragazza...
Doveva solo attraversare tre metri di marciapiede e spingere una porta a vetri. Nella mano sinistra Hans reggeva una valigia di cuoio giallo, o più esattamente, di similpelle: un’ottima imitazione, come sanno fare in Germania. Data la sua altezza, camminava a grandi falcate. Un passo. Due passi. Allungò il braccio per girare la maniglia, ma la porta si aprì da sola mentre una singolare voce femminile, roca e stridula insieme, un miscuglio cacofonico di toni gravi e acuti, strillava sovrastando tutti gli altri rumori:
«Eccome se sei una depravata, lo sai benissimo... Siete tutti dei depravati in questa casa!... Non solo ladri, dei miserabili ladruncoli, ma anche depravati...».
Hans, con la valigia in mano, fu costretto a bloccarsi davanti a due donne che si spintonavano sulla soglia: l’una strapazzava l’altra cercando di buttarla fuori, mentre la megera continuava ostinatamente il suo monologo.
Una parola aveva colpito Hans, la parola «depravati». Gli sembrava di conoscerne il significato, ma gli riusciva difficile associarlo ai Krull. Lo colpì anche un’altra parola pronunciata dalla negoziante dai capelli grigi, probabilmente sua zia:
«Su, Pipì, non fate scenate!».
«Pipì» andò a incasellarsi nella sua memoria accanto all’amido Remy.
La scena durò il tempo di scendere dal taxi, pagare e attraversare il marciapiede. Intanto il giovane del primo piano era sbucato dall’emporio e, afferrata l’ubriacona per una spalla, l’aveva spinta con tanta violenza da spedirla barcollante diversi metri più in là. «Hans Krull?» chiese poi prendendo la valigia del viaggiatore.
«Sì, sono io» rispose Hans in tedesco.
Nonostante tutto, ci voleva un momento per abituarsi: la zia lo squadrò da capo a piedi, ma si capiva che a impressionarla maggiormente era la valigia dalle cromature lucenti. «Entrate, cugino» disse il giovane lanciando un’ultima occhiata minacciosa alla donna di nome Pipì.
Dopodiché arrivò l’odore. Non subito, però: prima, il campanello. Ogni volta che la porta si apriva e si chiudeva, trillava un campanello e a Hans sembrava di non aver mai udito un suono simile prima di allora.
Quindi, dentro l’emporio, ecco l’odore: un misto di catrame norvegese, quello che si applica sulle chiatte, di cordame, di spezie, con la nota dominante degli alcolici che venivano serviti su un angolo del bancone zincato.

Valutazioni e recensioni

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Pietro
Recensioni: 5/5
Atmosfera pura

“La casa dei Krull” è un ottimo noir che ruota attorno al tema del razzismo, criticando la mentalità chiusa, in questo caso, della borghesia francese che isola, metaforicamente e geograficamente, una famiglia di immigrati tedeschi. Anch’essi vengono descritti con luci e ombre, dal vecchio pater familias al giovane cugino Hans che, giungendo nella casa dei Krull e comportandosi spavaldamente, turba l’equilibrio familiare, accrescendo l’odio della popolazione francese nei loro confronti. L’atmosfera che si respira leggendo questo romanzo è eccezionale, data dall’ottima descrizione del piccolo villaggio fluviale e della psicologia dei personaggi. Lo stile di scrittura di Simenon e i repentini cambi di punto di vista sono quello che spinge il lettore a proseguire la lettura fino al tragico finale. Consigliatissimo.

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Lele
Recensioni: 4/5
Una garanzia

Simenon è uno dei miei scrittori preferiti. “La casa dei Krull” non raggiunge i vertici di altri suoi romanzi (come “La camera azzurra “, “I fantasmi del cappellaio”, o “La vedova Couderc”), ma i personaggi e le situazioni sono descritti, come sempre, con grande maestria, perciò acquistare un romanzo di Simenon è una garanzia di buona lettura. Qui la fanno da padroni il razzismo, il provincialismo e il pregiudizio, tutti figli dell’ignoranza e temi ancor oggi di attualità. Ne fanno le spese i membri della famiglia Krull (tedeschi trasferitisi in Francia) che pure non sono per nulla simpatici, anzi uno di loro (il protagonista) è decisamente sgradevole: un approfittatore senza scrupoli. La grande intelligenza di Simenon sta nel mostrarci come le vittime del razzismo (o di altri pregiudizi), anche se non sono persone per bene, non possono essere incolpate di reati che non hanno commesso. Come sempre c’è un omicidio di mezzo, ma non si tratta di un giallo. Nei romanzi di Simenon chi è l’assassino ha un’importanza del tutto relativa. Ciò che più interessa allo scrittore sono le reazioni della cosiddetta gente comune alle morti violente.

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Luciano
Recensioni: 5/5
La casa dei Krull

Bello, da leggere

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Voce della critica

Un noir profetico e soffocante sull’emarginazione sociale, in cui non sentirete la mancanza della pipa di Maigret.

Indovina chi viene a cena? Il cugino Hans, il Krull rimasto in Germania mentre tutti gli altri si trasferivano in uno sperduto paesino della Francia più melmosa e cattolica.

Ma qualcuno lo stava aspettando? Solo zio Cornelius, persuaso da una lettera di fratello Wilhelm a badare a suo figlio, in fuga dalla Germania nazista e da qualche brutta vicenda di contrabbando non meglio specificata. Peccato che Wilhelm sia morto da 15 anni. Che sia stato Hans a vergare di proprio pugno quella missiva?

Il ragazzo di certo è un ospite sfrontato. Il giorno del suo arrivo ha già provveduto a conoscere in modo molto “approfondito” la cugina e inoltre si sta interessando alla gestione della drogheria di zia Maria…

La comparsa di Hans non solo scombussola la vita dei parenti. In quei giorni il cadavere di una giovane viene rinvenuto in un canale vicino alla bottega Krull. La famiglia, già emarginata a livello geografico dal paesello, lo è ancora di più per quanto riguarda l’accoglienza riservata a loro dai francesi. Nonostante siano passati decenni dal loro arrivo, non si sono integrati e non per scarsa auto-iniziativa. Sono infatti strani e stranieri, il perfetto capro espiatorio per un fatto di sangue. Normale che all’indomani dell’omicidio tutti in paese puntino il dito contro i Krull. Ma è altrettanto normale che in famiglia si faccia lo stesso, senza prove, contro il cugino Hans?

Simenon in questa riedizione di Chez Krull, uscito per Mondadori nel 1965, e ora riproposto, ovviamente, da Adelphi, affronta il tema dell’emarginazione e della diffidenza nei confronti delle minoranze. Ne esce un ritratto spietato della provincia francese, parodiata dalla sferzante penna del prolifico autore belga, ma soprattutto rappresentazione della meschinità universale dell’uomo.

Un noir non privo di ironia, utile ad alleggerire la tensione, che è infatti soffocante nei suoi momenti migliori, in cui Simenon ritrae una guerra di tutti contro tutti. Un romanzo profetico - fu infatti scritto all’alba del secondo conflitto mondiale - e ancora attuale per i nostri tempi che reclamano ossessivamente una vittima da colpevolizzare per tutti i mali del mondo.

Recensione di Matteo Rucco

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Conosci l'autore

Georges Simenon

1903, Liegi (Belgio)

Romanziere francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500 romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa europea. Grande importanza ha poi all'interno del genere poliziesco, grazie soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo l'Index Translationum, un database curato dall'UNESCO, Georges Simenon è il quindicesimo autore più tradotto di sempre. Grande lettore fin da ragazzo in particolare di Dumas, Dickens, Balzac, Stendhal, Conrad e Stevenson, e dei classici. Nel 1919 entra come cronista alla «Gazette de Liège», dove rimane per oltre...

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