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Chiamate la levatrice - Jennifer Worth - copertina
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Chiamate la levatrice

Descrizione


La cronaca, quasi un diario, delle giornate di una levatrice nell'East Side di Londra inizi anni Cinquanta. Con lei si entra nella realtà delle Docklands, vite proletarie che sembrano immagini della plebe ottocentesca più che cittadini lavoratori del democratico Novecento. Si entra in questa desolazione impensabile con una voglia di verità quotidiana raramente riscontrabile in un libro, ma anche con una rispettosa allegria, con la sicura fiducia che quel mondo stia per finire, senza rimpianti, grazie ai radicali cambiamenti apportati dal Sistema sanitario nazionale appena nato. Come poi fu, almeno fino ad oggi. La fresca verve di Jennifer Worth, nel trattare una materia così cruda, crea una formula ingegnosa (e di grande successo sia letterario che come fiction televisiva). L'eroismo quotidiano di interventi clinici spesso drammatici, si mescola alla denuncia sociale, alla fiamma inestinguibile dei sentimenti umani, e alla ricchissima quantità di storie e ritratti. Accanto a questi, la galleria, tenera, nobile e a tratti comica, delle giovani levatrici e delle suore del convento di Nonnatus House, da cui le ragazze dipendevano professionalmente e dove abitavano. Su questa testimonianza aleggia un lieve "effetto Dickens" con un tocco di innocente gaiezza, che però non nasconde un monito evidente a favore delle politiche sociali solidaristiche, a non smantellare, per la scarsa memoria del passato, gli strumenti che hanno permesso di diffondere dignità umana.
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Dettagli

2014
27 febbraio 2014
493 p., Brossura
9788838931444

Valutazioni e recensioni

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Renzo
Recensioni: 4/5
Dedicato a chi aiuta a nascere

Chiamate la levatrice, frutto dell’esperienza maturata in diversi anni dall’autrice in qualità appunto di levatrice, è un’opera particolarmente interessante, anche perché, pur essendo basata su un diario, è stata stilata come un vero e proprio romanzo, con un “IO” narrante che è appunto Jennifer Worth. Ambientato a Londra, nell’Est Side, il porto della città, agli inizi degli anni Cinquanta, al di là della descrizione degli eventi, cioè dei parti, di cui l’autrice è stata protagonista, Chiamate la levatrice è anche un ritratto impietoso, ma sincero, delle condizioni di vita della povera gente, inasprite dalle difficoltà economiche conseguenti la guerra da poco finita. Ci sono descrizioni che richiamano le situazioni di estrema indigenza così ben descritte da Archibald Cronin e da Charles Dickens in tante loro opere con la differenza che i due narratori, pur osservando situazioni reali, erano ricorsi alla loro vena creativa, cioè inventando fatti e personaggi, mentre nel caso di Jennifer Worth si tratta di vicende realmente accadute in cui lei è stata testimone e sovente coprotagonista. Il grigio di una metropoli la cui aria è ammorbata dalle industrie finisce con il diventare anche quello della vita di tanti miserabili senza speranza e in quanto tali particolarmente prolifici, tanto che famiglie con una decina di figli non erano da considerare una rarità (nel libro ce una donna al suo ventiquattresimo parto); tuttavia, l’autrice è capace di descrivere situazioni e personaggi con un senso di autentica pietà e con un profondo rispetto per ogni individuo, per il ricco e per il povero, per l’erudito e per l’incolto. Comunque, se uno non ha mai assistito a un parto, qui ha l’opportunità di essere reso opportunamente edotto, ma in modo semplice ed efficace, così che si finisce con l’appassionarsi a quel grande evento che è la nascita.

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Carol
Recensioni: 3/5

Il libro racconta la professione di una levatrice (la stessa autrice) nella Londra anni 50, una Londra quasi dickensiana per le condizioni in cui vivevano le classi sociali meno abbienti subito dopo la guerra e i pesanti bombardamenti che avevano devastato la città. Seppur illuminante sugli aspetti di una professione poco raccontata in letteratura, manca però di una certa verve narrativa che lo elevi a qualcosa di più di un diario molto scrupoloso e crudo. Pur essendo molto dettagliato nella descrizione dei vari "casi umani" e della loro vita, non riesce a generare pathos. Così come non si riesce a empatizzare con l'autrice/protagonista, di cui viene svelato pochissimo. Insomma, più simile a una cronaca fredda che a un'esperienza autobiografica.

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anna
Recensioni: 5/5

Un libro molto intenso in cui l'autrice racconta il suo vissuto come levatrice nei quartieri popolari della Londra del dopoguerra... situazioni impensabili ai giorni nostri. Una testimonianza preziosa, da non perdere.

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Recensioni

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Voce della critica

  Una giovane donna, sulla ventina o poco più, sfreccia nella notte in sella a una bicicletta. Pedala con vigore, zigzagando tra edifici fatiscenti e trascurati, in un intricato dedalo di vicoli e strettoie, sfidando il gelido inverno inglese per assistere le partorienti alla periferia più remota di Londra. La giovane donna si chiama Jennifer Worth, e di mestiere fa la levatrice. Di levatrici in letteratura se n'è discusso assai poco; si è preferito piuttosto lasciare spazio alle più note professioni del medico condotto, del chirurgo o dell'infermiere, marginalizzando l'esercizio della levatura a pratica secondaria e di scarso interesse generale. Jennifer Worth ne è ben conscia: con delicata perizia l'autrice raccoglie allora un'eredità multiforme e disordinata e la plasma, la riordina, dando voce (una voce limpida ed energica) a figure necessarie al progredire della specie eppure sempre dimenticate, personaggi secondari e mai applauditi di un'infinita rappresentazione. La penna autobiografica di Jennifer Worth rivendica tutte le levatrici dell'epoca, conferendo loro nobiltà e dignità attraverso una scrittura piana e scorrevole. Il lettore è catapultato con lei nell'universo degradato delle Docklands degli anni cinquanta, con lei trascorre la domenica al convento, assiste le partorienti e partecipa alle nascite, conosce la miseria, l'indigenza e il dolore. La potenza descrittiva dell'autrice buca la pagina e disperde nell'aria odori e colori, immergendo il lettore in un'atmosfera che si fa palpabile alla vista e all'olfatto, affascinandolo e disgustandolo allo stesso tempo. Chiamate la levatrice è un romanzo al femminile che è anche un affresco sociale, e consegna l'istantanea di una realtà aspra e gravosa, bagnata da lacrime di sofferenza e sfidata giornalmente dalle levatrici con tenacia ed eroismo. Da questa fotografia del reale prendono forma una serie di ritratti ben tratteggiati, coinvolgenti e piacevoli alla lettura, che svelano una sfumatura nascosta della società del tempo e proiettano una luce inedita su figure sempre in ombra.   Laura Savarino  

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La recensione di IBS

Di opere e serie tv sulla vocazione e sulla professione di medici e infermieri ne abbiamo visti tanti. Ma un libro – anzi ben tre – sulla figura della levatrice è quanto mai insolito. Chiamate la levatrice, uscito per Sellerio, è il primo volume della trilogia della scrittrice e ostetrica Jennifer Worth, che ha deciso di raccontare sotto forma di romanzo, saggio e diario insieme, la sua esperienza nei quartieri poveri di Londra durante gli anni Cinquanta. E molto presto ne vedremo anche una trasposizione televisiva.
A ventidue anni Jennifer lascia la famiglia per spostarsi nel Nonnatus House, il convento di suore ostetriche anglicane che operano nelle Dockslands, l’agglomerato dei quartieri più poveri della zona est della capitale britannica. Vediamo Jennifer salire in sella alla sua bicicletta, equipaggiata degli strumenti necessari, e andare ad assistere nei tuguri e nei caseggiati affollati qualunque donna sia sul punto di partorire. Si tratta di donne ignoranti, sporche, che della vita conoscono solo gravidanze – spesso indesiderate – e lavori domestici.
Dei docks, i porti sul Tamigi, ora non rimane più nulla, anche se sono stati demoliti soltanto trent’anni fa; ma dal racconto dell’autrice sembra di ritrovarsi più nella Londra vittoriana annerita dal carbone delle prime industrie, che nel Novecento ormai inoltrato. Il mondo raccontato, nonostante sia lontano pochi decenni, è profondamente diverso dal nostro. I metodi contraccettivi, qualora usati, erano inaffidabili; le leggi a favore dell’aborto non erano state ancora introdotte; i matrimoni precoci erano la norma; i genitori avevano in media una decina di figli e il divorzio non veniva minimamente contemplato.
Dopo un’accurata descrizione del contesto e dell’evoluzione della professione di levatrice (c’è una dovizia di dettagli anche abbastanza crudi), la Worth passa ad analizzare tutti i personaggi che popolano il libro: dalle suore della Nonnatus – la smemorata sorella Monica Joan, la dolce sorella Julienne, la burbera sorella Evangelina, e la giovane sorella Bernadette – alle infermiere laiche Trixie, Cinthya e Chummy, fino alle madri partorienti che serbano storie spesso drammatiche. Call the MidwifeL'amore e la vita - Call the midwife, la serie tv inglese in onda dal 6 luglio su Rete 4. Dalla quotidianità della protagonista si respira tutto ciò che caratterizza le Dockslands: la fatica degli uomini che lavorano instancabilmente nei porti, gli odori nauseabondi provenienti dalle case fatiscenti e il colore sudicio dei vestiti indossati dai bambini chiassosi che popolano le strade. Ma, più di ogni altra cosa, ciò che si percepisce è la forza dirompente di Jennifer e delle altre suore che con un coraggio, una determinazione, una generosità e un entusiasmo fuori dal comune sostengono quelle donne nel momento più importante della loro vita.
Un quadro commovente e realistico, quello di Chiamate la levatrice. Storie che emozionano o turbano, raccontante in modo obiettivo e senza inibizioni, e che fanno emergere il lato più umano e affettivo; storie che spesso ti strappano un sorriso grazie al brio con cui la scrittrice ci descrive quello spaccato di vita e che trascinerà il lettore fino all’ultima pagina del romanzo.
Da questo romanzo la BBC ne ha tratto un social-drama, una serie televisiva distribuita in oltre 200 Paesi e che il 6 luglio approda anche in Italia su Rete 4 con il titolo L’amore e la vita - Call the Midwife. Una trasposizione che dal successo già registrato all’estero non deluderà le aspettative dei lettori della Worth.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Jennifer Worth

1935, Clacton-on-Sea (Essex)

Jennifer Worth, infermiera fino agli anni Settanta, e dopo musicista, ha scritto una trilogia dedicata alla sua esperienza come levatrice nell’antica zona proletaria di Londra: Call the midwife (2002), Shadows of the Workhouse (2005) e Farewell of the East End (2009). La prima opera, Chiamate la levatrice, è stata pubblicata in Italia nel 2014 da Sellerio. In Gran Bretagna ha venduto oltre un milione di copie e la BBC ne ha tratto una serie televisiva, distribuita in numerosi Paesi.

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