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Craxi. Una vita, un'era politica - Massimo Pini - copertina
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Craxi. Una vita, un'era politica
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Descrizione


Pini ricostruisce la vita e la carriera politica del leader del Psi Bettino Craxi: dalle esperienze militanti degli anni giovanili a Milano all'iscrizione al partito avvenuta nel 1951; dall'elezione alla Camera dei deputati, al primo governo nella storia della Repubblica guidato da un socialista. Chiudono il volume gli anni infuocati di Tangentopoli, il crollo rovinoso di quasi tutti i partiti, l'esilio e infine la morte di Craxi, avvenuta ad Hammamet nel 2000. Quello che emerge è anche un affresco di quasi cinquant'anni di storia italiana: le battaglie a sinistra con il Pci, i governi di coalizione insieme alla Dc, la contrapposizione Usa-Urss sul piano internazionale, la lotta al terrorismo sul versante interno.
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Dettagli

2006
27 giugno 2006
737 p., ill. , Rilegato
9788804496779

Valutazioni e recensioni

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andricci
Recensioni: 5/5

Bello, da leggere in quanto la storia va letto anche dalla parte dei vinti, non sempre e solo dalla parte dei vincitori ... vedi la storia di Tangentopoli ... Craxi non era un santo (e lui stesso l'ha più volte detto) ma che sia stata una cospirazione contro l'Italia per favorire la grande abbuffata delle privatizzazioni in Italia ?! chissà. In ogni caso aveva molti nemici potenti (USA in testa, basti pensare al caso Sigonella. o il sostegno dato alla OLP di Arafat) e ci fu un grosso accanimento contro il PSI da parte della stampa interna in un momento in cui i giornali erano tutti in mano ai più grossi imprenditori italiani desiderosi di porre fine ad un Sistema che prima ha permesso loro di crescere ed arricchirsi favorendo la nascita di monopoli/duopoli/oligarchie ma che con l'apertura del mercato alla globalizzazione e la riduzione dei margini gli stessi beneficiari hanno posto fine a quel Sistema per favorirne uno nuovo.

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Luca
Recensioni: 3/5

Interessante perchè include informazioni, aneddoti, battute, retroscena. Come analisi storica vale zero - a parte la prospettiva di parte (come c'era d'aspettarsi), manca proprio il metodo storico. Pini non è uno storico, non consulta altre fonti, non cerva di collegare il piano politico a quello economico, culturale, etc. E' la testimonianza di chi a Craxi è stato molto vicino, ed è in questo il suo valore. Per una biografia seria di Craxi, anche di tipo giornalistico (come quella di Franco su Andreotti), c'è ancora da aspettare.

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Roberto
Recensioni: 2/5

Bè, scritto da un craxiano di ferro, è normale che venga fornita una versione "alternativa" a quella ufficiale. Pallido panegerico.

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Voce della critica

Apologetica, da un collaboratore tanto intimo e fedele, c'era da aspettarsela, ma così è troppo. È talmente giustificativa di ogni minima posizione del personaggio seguito anno per anno, così pronta a rintuzzare ogni osservazione critica, così animosa nel mettere in cattiva luce avversari effettivi o presunti, che la biografia dedicata da Massimo Pini a Bettino Craxi va collocata nello scaffale delle fonti da consultare per capire il leader più che in quello destinato agli studi sui protagonisti delle tormentate vicende del socialismo italiano.
Pini, manager pubblico e intraprendente editore, si sente investito di una missione di verità. La sua devota amicizia con Craxi risale al maggio 1967, a un incontro al fervido Club Turati, e fu un colpo di fulmine. Da allora cominciò ad annotare in taccuini, invero smilzi e frettolosi stando al saggio che è stato edito (cfr. Taccuini craxiani, in "Nuova Storia Contemporanea", 2006, n. 3), mosse e disegni del capo tanto ammirato. Sotto la data 19 ottobre 1982, nel corso di un weekend umbro, scrive con fierezza: "Ha ripetuto che io sono autorizzato a scrivere la sua biografia vera. E io intanto prendo nota". Sicché questo malloppo, allestito con vena giornalistica, si fregia di una sorta di placet postumo del biografato ed è ragguardevole per la massa di notizie, indiscrezioni, notiziole, messe a punto e retroscena che elenca in maniera minuziosissima, seguendo con ossequio cronologico i foglietti di un'agenda più che un filo interpretativo capace di organizzare la materia secondo un'accettabile prospettiva.
Del resto non poteva essere il lavoro caparbio – un quadriennio – di un fedelissimo a darci qualcosa di più: per certi versi orgoglio e umiltà si intrecciano in capitoli che spesso hanno un'indubbia utilità ricostruttiva e più di una volta fanno intravedere scenari che meritano illuminazioni e sostanziosi supplementi d'indagine. Il tavolo di Pini è ingombro di ritagli e articoli, nella sua testa mulinano confidenze e ricordi: l'intento di dire tutto ubbidendo alla scansione di un'arringa o eseguendo un lascito testamentario non gli consente di rispondere a interrogativi, che, chiuso il libro, sono più pressanti e complicati che mai.
D'accordo: il tentativo ostinato di Bettino Craxi fu quello di dar vigore all'autonomia riformistica del Psi. Perché questa operazione, perseguita fino dagli anni dell'Unione goliardica (l'organizzazione degli studenti laici), non dette i frutti sperati? Solo perché i comunisti furono sordi e fedeli alla loro ideologia di stampo leninista e ai loro legami internazionali? E, da ultimo, l'angosciato tramonto è solo imputabile al complotto di insidiosi magistrati? In realtà, Pini, proprio nel registrare gli scatti di amaro umore e la punitiva ringhiosità di un sospettoso leader, finisce per dimostrare – volontariamente o meno – quanto il disegno di Craxi sia stato inficiato dalla voglia di renderlo concreto giocando spregiudicatamente, d'azzardo, sullo scacchiere di un potere logoro e corrotto: non riuscendo a tramutare in movimento e diffusa coscienza una strategia che ebbe i suoi momenti e le sue intuizioni forti, sia dall'ottica del partito che da quella del governo. Non si avvertiva in lui il calore appassionato di un Nenni o la lucida asprezza di un Lombardi. Sembrava essere interessato solo a cambiare a suo vantaggio i rapporti di forza, non a cambiare le cose.
Ci sarebbe da sbizzarrirsi nel pescare qua e là in questo dossier per trarne spunti di ordine psicologico o fondate ipotesi di analisi politico-diplomatica. Craxi – un sintomatico episodio tra i tanti – incontrò papa Giovanni Paolo II il 1° dicembre 1983 e si trattenne a colloquio con lui per ben cinquanta minuti, senza testimoni. All'ora di pranzo incontrò alcuni collaboratori, "tra essi Massimo Pini", come si legge testualmente. Dal taccuino del quale si trascrive pari pari l'appunto del giorno: "A pranzo di buon umore mi ha detto che Wojtyła è un anticomunista e un estremista 'come lui', che Casaroli rappresenta l'italiano che si crede furbo, machiavellico e che invece è imbroglione, che la Chiesa polacca fa il pompiere in patria". Il passaggio rende abbastanza bene il tono prevalente di un modo di leggere gli avvenimenti e di inquadrare – con sicumera, arroganza e sconfinato egocentrismo – personalità e situazioni. L'aneddoto surroga sovente spiegazioni adeguate e documentate. Si vedano le pagine – pur interessanti – dedicate al tentativo di liberare Moro in cambio della concessione della grazia a una brigatista. Fanfani, scrive Pini, assicurò Claudio Signorile che avrebbe sottoposto il problema alla direzione democristiana del 9 maggio (1978). "Signorile – veniamo a sapere – parlò di questa esplosiva svolta con Craxi al telefono della sua auto, e Aldo Moro fu ucciso". Maledette intercettazioni.
  Roberto Barzanti

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