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La difesa berlinese. Due romanzi, un manuale di autodistruzione e diversi inediti - Carlo Bordini - copertina
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Descrizione


La difesa berlinese è un'antica apertura degli scacchi, elaborata nell'Ottocento e oggi ancora in auge, in cui il nero si difende attaccando il centro. Questa difesa permette di raggiungere, fin dall'inizio, una posizione di sostanziale parità col bianco. Pare una metafora di chi è costretto a lottare contro un avversario più forte, e sa di non poter vincere. È una forma di resistenza per vivere senza soccombere. I personaggi di questa raccolta sanno di non poter vincere, ma cercano di resistere. La loro può essere anche una lotta contro se stessi.
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Dettagli

2018
22 ottobre 2018
512 p., Brossura
9788897356721

Valutazioni e recensioni

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Antonio Lillo
Recensioni: 5/5

Il primo termine che mi viene in mente pensando allo scrittore Bordini è libertà. Una libertà di pensiero ma sempre intensamente umana che si riversa in una scrittura avvincente, sperimentale ma brillante. Mi pare che, proprio in virtù di tale libertà, possa essere tranquillamente accostato a Roberto Bolaño, non trovo paragoni più calzanti.

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Roberto lombardi
Recensioni: 5/5

Perché un libro come Difesa berlinese non compare nella cinquina del Premio Strega? Ovvio: perché il Premio in questione insegue, costretto a utilizzare criteri assai diversi da quelli che un premio letterario dovrebbe tener presenti, obiettivi molto lontani dal cogliere e indicare le vie del bello – una bellezza, attenzione, più vicina a un pilastro portante che non a un salone affrescato. Infatti ciò che mi sembra emerge dalla scrittura di Bordini, è soprattutto struttura: nulla di letterario lo attraversa, in alcun modo – salvo scoprire in esso una costruzione che mira a diventare strumento di conoscenza. La scrittura di Bordini è disancorata dalle preoccupazioni più mondane dello scrittore – non a caso è rimasto volutamente marginale all’ambiente letterario, quello che premia le cinquine stregate – affidandosi a una struttura capace, da sola, di sorreggere materiale eterogeneo, contraddittorio, innalzandolo fino a vertici di autenticità, persino di verità. Bordini non è né avanti (incurante) né dietro (osservatore) al suo tempo: è assolutamente moderno, moderno come nessuna avanguardia ha mai saputo essere. Bordini si presenta nelle sue pagine già nudo, già spogliato, senza cercare scandalo. Alla fine della lettura delle Memorie di un rivoluzionario timido, il testo che apre Difesa berlinese, si rimane talmente presi dalle scompostezze, imprecisioni, dalle arbitrarietà linguistiche del suo autore/personaggio da credere che se ci dovesse capitare di incontrarlo, lo sentiremmo parlare proprio a quel modo; e quando, pagine dopo, in alcune note esplicative al testo, in altre pagine che utilizzano registri diversi (saggio breve, diario, analisi politica), ci viene incontro con una scrittura che è prosa abile, analisi lucida, linguaggio calibrato, restiamo spiazzati. E allora non è vero, come ho fatto credere, che manca una dimensione letteraria a Difesa berlinese: c’è, ma è generata da una parola che pensa e non pensiero trasformato in parola.

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Voce della critica

Carlo Bordini, sul non nascondersi
di Ludovica del Castillo

Carlo Bordini è un costruttore di vulcani (I costruttori di vulcani è il titolo del volume che raccoglie le sue poesie, Sossella 2010). In un’interessante intervista pubblicata a febbraio 2018 sul blog Le parole e le cose Bordini accosta il vulcano all’esplosione. Il fuoco, la lava per lui è distruzione: «Ma il vulcano non è solo fuoco: è l’energia della terra che viene fuori, il fuoco è una cosa, l’esplosione un’altra. L’esplosione la lego alla vita, il fuoco alla morte». I vulcani rendono visibile quello che è nascosto, l’essenza della terra, impercepita per noi che viviamo in superficie: i costruttori di vulcani sono gli scrittori come Carlo Bordini, che nella scrittura si mostrano sinceramente e si espongono frontalmente senza vergogna per quello che sono, con la forza di un’esplosione. Costruttori di vulcani sono anche i protagonisti dei testi di Bordini: chi dice «io» tende continuamente a un rapporto onesto con la realtà, con sé stesso e con gli altri, a smascherarsi e manifestare la costruzione e la fatica di questa relazione. I personaggi di Bordini sono l’esplosione di un piano interno e l’energia della sopravvivenza più vera possibile.

Carlo Bordini costruisce vulcani non solo con la poesia: s’intitola Difesa berlinese la raccolta dei suoi testi in prosa (bellissimi), recentemente pubblicata dall’editore Sossella con un’introduzione di Guido Mazzoni. In questo caso il titolo si riferisce al gioco degli scacchi: la difesa berlinese è un’apertura forte del nero, è un contrattacco che lo pone in una situazione di quasi parità col bianco. «Pare una metafora di chi è costretto a lottare contro un avversario più forte e sa di non poter vincere. È una forma di resistenza per vivere senza soccombere», si legge in quarta di copertina: anche se il destino è la sconfitta è necessario resistere, contrattaccare. La lotta per la sopravvivenza è soprattutto uno scontro con sé stessi per riuscire a stare nel mondo e nelle cose: reagire vuol dire anche esserne consapevoli ed esporre la propria debolezza e fragilità senza abbandonarsi alla resa. Difesa berlinese riunisce tre testi in prosa di Bordini (Memorie di un rivoluzionario timido, Gustavo. Una malattia mentale e Manuale di autodistruzione) e alcuni brevi scritti inediti; sono esclusi dalla raccolta Pezzi di ricambio (in uscita a maggio per Empiria), Non è un gioco e I diritti inumani ed altre storie (che speriamo siano presto ripubblicati). I testi brevi e inediti occupano una parte consistente del volume e sono spesso una chiara esposizione di poetica; sono l’autoanalisi esplicita e ragionata, saggistica, che Bordini fa prevalentemente della propria scrittura e biografia (che sono, appunto, spesso, la stessa cosa: l’una non potrebbe esistere senza l’altra).

Carlo Bordini si è dedicato interamente alla politica fino ai primi anni Settanta, aderendo inizialmente al PCI e poi continuando come militante trotskista, dal 1962 al 1970: «Ho cominciato a scrivere molto giovane, ma non volevo pubblicare. Così come non volevo lavorare e in generale avevo difficoltà nelle situazioni personali. Per me scrivere era l’unico modo per avere un po’ di vita, l’unico modo per respirare. | Ho smesso di scrivere tra i 24 e i 32 anni, quando mi sono identificato con un progetto politico, e quando l’ho lasciato mi sono rimesso a scrivere», si legge nella densa prosa Autoritratto. La politica e la letteratura si escludono.

Recensione completa su Alfabeta2

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