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Direi di no. Desideri di migliori libertà - Enrico Donaggio - copertina
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Direi di no. Desideri di migliori libertà

Descrizione



Vorremmo cambiare le cose, opporci al corso del mondo, ma non lo facciamo mai, perché sarebbe vano. Ma la filosofia può tornare a pensare le occasioni in cui dire di no è non solo necessario, ma anche possibile.

Sapremmo fare la cosa giusta, ma ci rinunciamo. Facciamo cose sbagliate, sapendo che potremmo anche evitarle. Perché resistere, pensiamo, non serve a niente. Perché la nostra passione più feroce mira alla tranquillità, non alla libertà. Perché dopotutto esiste anche una vaga felicità capitalistica. Perché conosciamo i piaceri rassicuranti della servitù volontaria.
Soprattutto, siamo diventati incapaci di un gesto elementare: dire di no. Dire di no era un tempo un gesto familiare. Dire di no è stato per lungo tempo l'arma più potente di chi desiderava la libertà. Una libertà migliore di quella che il presente gli offriva. Migliore, da molti punti di vista, di quella che ci impone oggi un capitalismo che ha l'aria di essere l'orizzonte unico, tutto sommato soddisfacente, in ogni caso privo di alternative.
In quale misura è stato possibile dire di no? In che misura potrebbe tornare a esserlo? Questa la domanda che assilla le riflessioni di Enrico Donaggio.
Questo libro ci offre una serie di incursioni nei simboli e negli stati d'animo del disincanto e della rassegnazione, ma anche un'imprevedibile mappa psicopolitica della critica e della resistenza possibile. Scovare le nostre complicità nascoste, abolire l'autosfruttamento quotidiano, disdire l'abituale eccesso di zelo: a questo servono le pagine di questo libro. Se qualcosa del genere fosse di nuovo possibile, sotto la pelle del mostro che siamo diventati vedremmo fiorire il lampo di una nuova passione per la libertà, il senso di una nuova vicinanza ai nostri ignoti compagni di strada.
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Dettagli

2016
23 giugno 2016
160 p., Brossura
9788807105197

Valutazioni e recensioni

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Anonimo
Recensioni: 5/5

Si tratta di un libro raro. Raro perché è un condensato di passione, indocilità e insoddisfazione in un piatto mainstream di cinismo, disimpegno, spensieratezza. E perché quindi, come tale, ha il coraggio di esporsi, di assumersi il rischio che la critica appassionata porta con sé: l'isolamento, quando non addirittura il "naufragio", con annessa derisione concertata degli "spettatori". Ma è raro soprattutto perché è uno di quei pochi libri che non abbandoni più, che porteresti ovunque, di cui sai che avrai bisogno, perché ogni volta ti ricorda le coordinate, perché sai che non smette di comunicare, perché sai che è vivo.

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giada
Recensioni: 5/5

bellissimo!!! era un libro che aspettavo, senza saperlo. i pensieri che un sacco di gente che vorrebbe un mondo migliore ha in testa, magari senza saperlo, soprattutto noi giovani italiani. lo consiglio assolutamente!!!

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Voce della critica

Recensione di Luciana Castellina

Questo libro è faticosissimo perché è così denso di considerazioni, anzi, di svelamenti sulla sostanza delle nostre ovvietà quotidiane, che ?occorre fermarsi a ogni ?paragrafo per interrogarsi e riflettere, ogni frase è da rileggere per capire. Anche per via di un linguaggio immaginifico e innovativo che riduce il tempo? materiale della lettura, perché tutto racchiude in pochissime parole, però, poi, per carpirne davvero il senso, ci vuole un po’. L’idea di partenza è pensare al capitalismo come a una fortezza in cui sei recluso, e che, come tutte le prigioni, produce anche cultura che ti contamina con la sua ideologia. Perché il capitalismo è diventato “integrale”. Sicché detenuto e carceriere si incorporano a vicenda, (…). Il sistema è infatti capace di reinventarsi in continuazione, e di farlo con l’aiuto delle stesse sue vittime.

Il titolo è (…) un invito a cominciare a dire di no, è un richiamo alla necessità di non considerare più naturale il modo in cui viviamo che spegne ogni velleità critica. Tornare a sollecitare un lucido ed esplicito rifiuto del capitalismo è il primo passo necessario, e per questo occorre dire no ad alta voce. Ripeterlo è un obbligo, troppo spesso disatteso per rassegnazione. O asservimento. Stando attenti, aggiunge l’autore, a non pensarsi come il pastore che indica al gregge smarrito la via. È l’errore compiuto da tutte le avanguardie rivoluzionarie (…). Perché chi sta dentro la caverna oscura del capitalismo non riesce nemmeno a immaginare il di fuori. E se pure qualcuno riesce a scappare, poi non saprebbe raccontarlo ai compagni lasciati nel buio, che non gli crederebbero. Per questo non può esserci un liberatore, che parla dall’alto e dal di fuori. (…) E però cosa fare oggi per ridare protagonismo alle vittime, se ogni gesto critico risulta alla fine penetrato a sua volta dall’ideologia che vorrebbe scalzare? Come reinventare la speranza sociale? (…). Bisognerebbe combattere l’indifferenza e l’individualismo che impediscono a chiunque di liberarsi davvero.

Serve dunque una dimensione collettiva. (…). Creare “luoghi comuni di umanità”, indica Donaggio come strategia di “defatalizzazione”. Penso voglia dire due cose importanti: che ci vuole più coraggio nel riproporre una denuncia radicale non solo del sistema in quanto tale; e che la presa di coscienza della sua cattiveria passa oggi per esperienze diverse da quelle del passato ed è su queste che occorre far leva per resuscitare antagonismo. Costruire zone liberate, e cioè forme consolidate di democrazia organizzata, entro cui sia possibile sperimentare già oggi modi diversi di produrre, consumare, e dunque vivere e così ridar sangue alla esangue democrazia in cui viviamo, un sistema da cui la politica è stata pericolosamente espulsa. (…)

 

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Conosci l'autore

Enrico Donaggio

Enrico Donaggio insegna Filosofia della storia all’Università di Torino; Figures du pouvoir e Écrire et penser all’Université Aix-Marseille. Ha pubblicato: Una sobria inquietudine. Karl Löwith e la filosofia (Feltrinelli, 2004; tradotto in francese e spagnolo), Che male c’è. Indifferenza e atrocità tra Auschwitz e i nostri giorni (L’ancora del Mediterraneo, 2005), A giusta distanza. Immaginare e ricordare la Shoah (L’ancora del Mediterraneo, 2010), Direi di no. Desideri di migliori libertà (Feltrinelli, 2016). Ha curato: La Scuola di Francoforte. La storia e i testi (Einaudi, 2005), Karl Marx. Capitalismo, istruzioni per l’uso (Feltrinelli, 2007; con P. Kammerer), C'è ben altro. Criticare il capitalismo...

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