"Attrice italiana. Nella sua bellezza, a un tempo vicina e distante dal classico modello italiano, si saldano il desiderio delle platee popolari e l'immaginazione degli intellettuali, fin da quando appare, con prepotente fisicità, il seno mozzafiato e le gambe lunghissime, l'incarnato quasi niveo, gli occhi mobilissimi, sfrontata mondina dalla maglietta attillata e dalle calze nere a metà coscia, nell'acqua torbida delle risaie di Riso amaro (1949) di G. De Santis. Questa pellicola, che ne scolpisce la figura altera e indolente in icona immediatamente riconoscibile e la lancia come sex-symbol nazionale nell'immediato dopoguerra, arriva dopo che l'attrice, figlia di un italiano e un'inglese, già ballerina classica e indossatrice, partecipa a diversi concorsi di bellezza e lavora come figurante in pellicole di un certo prestigio (Il delitto di Giovanni Episcopo, 1947, A. Lattuada). Il contemporaneo matrimonio con l'emergente produttore D. De Laurentiis si traduce anche in un'oculata gestione della carriera: M. sceglie con grande cura i film da interpretare, smorzando la forte carica erotica delle origini (ancora presente nelle eroine passionali di Il lupo della Sila, 1949, di D. Coletti e di Il brigante Musolino, 1950, di M. Camerini); nella ricerca di personaggi via via più eterei (la ballerina di night che si fa suora in Anna, 1951, di A. Lattuada; la fedele Penelope di Ulisse, 1954, di M. Camerini) e psicologicamente contrastati (la prostituta dell'episodio Teresa in L'oro di Napoli, 1954, di V. De Sica). Il carattere schivo e riservato non le impedisce di dar prova di versatile esuberanza nella commedia, spesso in aperta competizione con i migliori talenti del nostro cinema (la prostituta che fa invaghire Gassman e Sordi in La grande guerra, 1959, di M. Monicelli; la chiassosa popolana di Crimen, 1961, di M. Camerini); ma dalla Edda Ciano di Il processo di Verona (1963) di C. Lizzani si cimenta soprattutto con figure tormentate e nevrotiche, affidandosi a prestigiosi registi. Ed è appunto con i ruoli interpretati per P.P. Pasolini (Giocasta in Edipo re, 1967; l'inquieta madre di Teorema, 1968) e per L. Visconti (la madre di Tadzio in Morte a Venezia, 1971; i perfidi e inquietanti personaggi di Ludwig, 1973, e Gruppo di famiglia in un interno, 1974), che M. prende congedo dal cinema, per dedicarsi esclusivamente alla famiglia, interrompendo il volontario esilio in poche, significative occasioni (Dune, 1984, D. Lynch, prodotto dalla figlia Raffaella; Oci Ciornie, 1987, N. Michalkov, con l'amico M. Mastroianni)."