(Rieti 116 - m. 27 a.C.) erudito romano. Studiò a Roma e ad Atene. Difensore della tradizione, si schierò dalla parte di Pompeo; Cesare gli perdonò e gli affidò la biblioteca pubblica che intendeva instaurare in Roma. Fra le opere di V., che erano ben 74 per un complesso di 620 libri (secondo Ausonio), ricordiamo: il De re rustica in 3 libri, l’unica giuntaci per intero; il De lingua latina in 25 libri (possediamo, incompleti, i libri 5-10); gli Antiquitatum libri XLI, opera monumentale divisa in due sezioni (25 libri Rerum humanarum e 16 Rerum divinarum); i Disciplinarum libri IX, ciascuno dei quali dedicato a una delle arti liberali; Imagines in 15 libri, contenenti 700 ritratti di uomini famosi romani e greci; Saturae menippeae in 150 libri, opera mista di prosa e di versi in cui V. analizzava aspetti della vita umana in chiave etico-didascalica; Logistorici in 76 libri, ognuno dei quali, intitolandosi a un personaggio celebre, trattava un determinato argomento (per esempio, Cato de liberis educandis; Marius de fortuna). Il materiale raccolto da V., certamente il più grande erudito latino, rappresentò per le età successive, fino ad Agostino, una miniera d’inestimabile ricchezza. A lui dobbiamo, fra l’altro, l’individuazione delle commedie plautine autentiche che ci sono pervenute.