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scheda di Bianchetti, C. L'Indice del 2000, n. 03
Il contrapporsi di posizioni radicalmente differenti circa le condizioni nelle quali può darsi il progetto è quanto ha segnato il dibattito in architettura degli ultimi mesi. Un importante contributo a questo dibattito è dato dal testo di Nicolin, che, prendendo posizione circa la mancata effettualità del progetto moderno, si contrappone implicitamente a quelle posizioni che ne pensano ancora possibile il recupero. Categorie di progresso e regresso, modernità e tradizione, universalità e localismo, vantaggio e svantaggio sono sempre suscettibili di capovolgersi rapidamente l'una nell'altra, e ciò comporta nuove domande sulle condizioni che rendono ancora possibile il fenomeno architettonico. Bisogna quindi rivedere il sistema di classificazione ereditato dall'Ottocento, pensare all'analisi del territorio come registro del prodursi delle differenze, senza vedere nel divenire e nel caos qualcosa di negativo, sforzandosi di cogliere i segni del mutamento. Nessun rimpianto per un'idea della città come macchina programmabile, ma anche nessun entusiasmo per le descrizioni più consuete del territorio postmoderno. L'angolazione, dichiaratamente fenomenologica, insegue la molteplicità dei fenomeni intermedi, le varie forme di sconfinamento, di transizione, di incertezza rifuggendo da categorie già collaudate. Il libro è costruito nella memoria rogersiana che induce a trattare gli "elementi di architettura" a partire dalla disamina delle condizioni circa ciò che è mutato e delle nuove evidenze che coinvolgono un fare architettura che non si accontenta di commentare le condizioni della sua crisi.
(C.B.)
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