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Emigrante per diletto – per avventura, per amore -, ma anche emigrante dilettante, ossia inesperto, ingenuo, carico di cliches e stereotipi letterari destinati ad essere scardinati, ad uno ad uno, dall’impatto con la realtà: questa è la condizione in cui R.L.Stevenson si apprestava a compiere, nel 1789, il lungo viaggio che doveva portarlo in California, la “terra promessa” dove lo attendevano, insieme al grande amore, Fanny, la gioia e la libertà del Nuovo Mondo. Suoi compagni di viaggio, prima sulla nave a vapore che attraversa l’Atlantico, e poi sul treno che percorre le sterminate distese tra New York e San Francisco, sono gli emigranti – quelli “veri” – che da ogni parte del mondo si dirigono, anch’essi, verso la speranza. Ma anziché nella pittoresca ed esaltante marcia verso il progresso, Stevenson si trova coinvolto in una tragica diaspora, vissuta da una massa incolre di uomini che, al prezzo di poche ghinee, stanno trasportando la loro sconfitta al di là dell’oceano. L’eroica avventura si colora così di toni cupi, che fanno raggelare nella penna dell’amateur le immagini smaglianti a cui lo stile dello Stevenson narratore ci ha abituato. Una scrittura semplice, uno sguardo straniato e stupito ma intensamente partecipe, sottendono questo singolare racconto, che è molto di più di un diario di viaggio e di un documento storico eccezionale: è soprattutto, infatti, la storia di un disincanto e di uno stravolto “rito di passaggio” verso la perdita dell’identità, verso il vuoto sul quale sono nati gli Stati Uniti d’America.
scheda di Bertolino, A., L'Indice 1987, n. 9
Leggendo le pagine di questo diario di viaggio in cui lo scrittore e poeta scozzese racconta del suo primo passaggio in America nel 1879, tornano in mente, per affinità e per contrasto, i grandi libri d'avventura, da Melville a Joseph Conrad. Tra gli emigranti imbarcati sul "Devonia" che lasciano l'Inghilterra con la speranza dl un futuro migliore e alle spalle una realtà di povertà e squallore, stipati in terza classe ai limiti della sopportabilità umana, emergono di tanto in tanto i tratti di celebri figure romanzesche. L'interesse di questo testo, che si colloca in uno spazio narrativo al confine tra cronaca, autobiografia e finzione letteraria, sta sia nel suo valore documentario, sia nella riflessione sul ruolo della scrittura e l'identità di un narratore allo stesso tempo uguale e diverso dai suoi compagni di viaggio. Il mito di una certa America Whitmaniana, culla della democrazia, si incrina lungo il percorso verso ovest, da Glasgow a New York e da qui, attraversate le pianure del Middle West, in California dove l'epopea dell'emigrante per diletto tra "veri" emigranti si conclude sull'immagine di un'alba dorata e silenziosa nella baia di San Francisco.
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