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Guia Soncini si interroga sulle origini di quest'eterno presente in cui tutto ciò che non ci rispecchia alla perfezione sembra una violazione della nostra identità.
«Guia attacca con sapiente divertimento il mondo stupido, rozzo, dittatoriale, senza gioia che noi stessi stiamo creando» – Natalia Aspesi, la Repubblica
Basta un niente: una canzone di cinquant'anni fa, un film ambientato a metà dell'Ottocento, una battuta di oggi – eccola che arriva, l'indignazione di giornata, passatempo mondiale, monopolizzatrice delle conversazioni. Ogni mattina l'essere umano contemporaneo si sveglia e sa che, al mercato degli scandali passeggeri, troverà un offeso fresco di giornata, una nuova angolazione filosofica del diritto alla suscettibilità, un Robespierre della settimana. La morte del contesto, il feticismo della fragilità, per cui «poverino» è diventato l'unico approccio concesso, e l'epistemologia identitaria, per cui l'appartenenza prevale su qualunque curriculum di studioso, sono solo alcuni tra i fenomeni dirompenti degli ultimi anni, con effetti pericolosi e grotteschi come la quotidiana cancel culture. Guia Soncini si interroga sulle origini di quest'eterno presente in cui tutto ciò che non ci rispecchia alla perfezione sembra una violazione della nostra identità. Ricorda le opere che avevano previsto la dittatura del perbenismo, da Orwell al romanzo di Philip Roth La macchia umana; contesta il ruolo dei social come amplificatori di dissenso e indignazione; individua alcune preoccupanti implicazioni politiche: se a sinistra si perde la capacità di non considerare la fine del mondo ogni parola sbagliata, che ne sarà della libertà d'espressione? È ora di ricostruire come siamo arrivati fin qui. Al diritto di offenderci, al dovere di indignarci.
Basta un niente: una canzone di cinquant'anni fa, un film ambientato a metà dell'Ottocento, una battuta di oggi - eccola che arriva, l'indignazione di giornata, passatempo mondiale, monopolizzatrice delle conversazioni e degli umori. Ogni mattina l'essere umano contemporaneo si sveglia e sa che, al mercato degli scandali passeggeri, troverà un offeso fresco di giornata, una nuova angolazione filosofica del diritto alla suscettibilità, un Robespierre della settimana. La morte del contesto, il prepotente feticismo della fragilità, per cui «poverino» è diventato l'unico approccio concesso, e l'epistemologia identitaria, per cui l'appartenenza prevale su qualunque curriculum di studioso, sono solo alcuni tra i fenomeni più evidenti e dirompenti degli ultimi anni, con effetti pericolosi e grotteschi che in altri secoli erano occasionale damnatio memoriae e ora sono quotidiana cancel culture. Se a sinistra si perde la capacità di non considerare la fine del mondo ogni parola sbagliata, che ne sarà della libertà d'espressione?
Un'altra analisi dell'autrice sulla società odierna vista attraverso i social (soprattutto, ma anche altri mass media) e il loro uso. Qui il tema è il politically correct, l'inclusione (o esclusione), la suscettibilità, appunto, del titolo. Da leggere insieme all'altro libro, quello dedicato alla "vendita dei prosciutti" (L'economia del sé), degno fratello nell'analisi dei nostri comportamenti social e pubblici quando si tratta di dirci democratici, rispettosi, inclusivi, ma spesso non siamo altro che suscettibili, indignati o semplicemente desiderosi di dire la nostra in ogni caso, tanto per entrare nei trend topic. Gli incisi lunghissimi e le note aggiungono sempre un motivo in più per ridere (anche se a volte amaramente).
Un'analisi acuta, e anche molto divertente, sulla nostra era e su come i social ci stiano trasformando sempre più in noiosi bacchettoni.
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