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Libro regalatomi da mio zio che é una garanzia. È il primo libro che ho letto di Vargas Losa, e sicuramente ne leggeró altri. Quali mi consigliate? È splendido il modo di intrecciare le due storie, bella anche l'ambientazione in Perù, Lima/Piura. Assolutamente consigliato
Sono lontani i tempi del grande Vargas Llosa autore di la citta' e i cani o I quaderni di Don Rigoberto. Questo romanzo e' scorrevole, a tratti brillante, ma non si riesce a superare l'impressione che l'autore lo abbia scritto un po'di fretta, senza iniettare la passione e lo stile arguto che caratterizzano i suoi primi romanzi. Il finale e' deludente, con un happy end raffazzonato.
Come al solito un altro gran bel libro di Vargas Llosa. Due storie che si dipanano parallelamente per poi intrecciarsi. Consigliato.
Recensioni
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“Non permettere mai a nessuno di metterti i piedi in testa, figliolo”: Felicito Yanaqué non ha mai dimenticato le parole del padre in punto di morte. Aliño Yanaqué era stato un uomo tutto d’un pezzo, un gran lavoratore, che sulla fatica del lavoro aveva cercato di costruire un’esistenza migliore per i suoi figli. Felicito crede nell’onestà perché questo è l’insegnamento che il padre gli ha trasmesso. Grazie a una condotta rispettabile, moralmente coscienziosa e scrupolosa, negli anni Felicito si era costruito un nome a Piura e nei dintorni ed era cresciuto fino a fondare una rinomata ditta di autotrasporti. Grazie al padre si era emancipato dalla miseria nella quale era nato, si era guadagnato il rispetto della gente. Per questo, quando una mattina riceve una lettera minatoria, Felicito non ci pensa due volte e si rivolge alla polizia. Non ha nessuna intenzione di piegarsi a pagare il pizzo alla mafia locale. Quello in cui crede gli impedisce di scendere a compromessi con la criminalità. Felicito non ha dubbi, la sua posizione è irremovibile: così si deve fare, così è stabilito dal destino, e lui, moderno Don Chisciotte, non si tira indietro. Ma in un mondo spogliato di ogni eroismo possibile, quella di Felicito – come quella di Don Chisciotte - è una decisione pericolosa, e le conseguenze non tarderanno a presentare un conto salatissimo e doloroso.
A differenza di Don Chisciotte, Felicito ha la testa ben salda sulle spalle. È un uomo comune, un eroe discreto come tanti altri, che affronta la quotidianità cercando di riuscire nell’epica impresa di far coincidere pensiero e azione, di non venire meno ai principi in cui crede. Sa bene che la strada non è facile e che è costellata di ostacoli e delusioni. Ma tutto risponde a un principio di necessità, e lui non ha né il diritto né il desiderio di metterlo in discussione. Accettando il suo destino, mentre crede di combattere la mafia, Felicito si troverà protagonista di uno scandalo, una farsa ridicola di corna e inciuci familiari che di eroico ha ben poco.
Rigoberto ha lavorato per tutta la vita in una compagnia di assicurazioni di Lima. Il suo capo, Ismael, è anche uno dei suoi amici più cari. Tra i due i rapporti sono ottimi, ma Rigoberto ha preso la decisione di andare in pensione con qualche anno di anticipo per dedicarsi alla vita privata e Ismael non riuscirà a dissuaderlo dal suo proposito. Girerà il mondo con la moglie, visiterà le città e i musei dell’Europa, si dedicherà allo studio, alla buona musica, alla lettura e all’arte. Ismael stima Rigoberto e si fida ciecamente di lui. Tanto che prima che se ne vada deve chiedergli un ultimo grande favore: di fargli da testimone di nozze, consapevole di esporre l’amico all’ira dei suoi figli, due delinquenti perdigiorno le cui bravate sono tristemente note in tutta la città, che non saranno disposti ad accettare di buon grado le nozze del padre ottantenne con una giovane domestica rischiando di perdere l’eredità. Mentre lo scandalo delle nozze di Ismael sconvolge tutta la cittadina, alimenta pettegolezzi e popola le pagine dei giornali, Rigoberto ha ben più seri problemi in casa di cui occuparsi. Suo figlio Fonchito vede il diavolo, che gli si presenta sotto le spoglie di un uomo misterioso. Ma il prete e la psicologa sono pronti a giurare che è un ragazzino completamente normale e tranquillo.
A cosa sono serviti il piccolo rifugio di libri, incisioni, dischi collezionati negli anni nella convinzione che in quello spazio di civiltà sarebbe stato al sicuro e al riparo dalla stupidità e dal vuoto del mondo circostante? La vicenda di Ismael aveva coinvolto anche la sua famiglia, era penetrata nella sua casa, negli spazi quotidiani in cui si ritirava per vivere la vita vera. La vecchia idea secondo la quale in mezzo alla tormenta bisogna costruire isole o fortezze di cultura, impermeabili alla barbarie dell’ambiente circostante, non regge più. “In questo paese non si può costruire uno spazio di civiltà neanche minuscolo. La barbarie finisce per distruggere tutto”, è costretto ad ammettere.
Come le due storie si intrecceranno è un colpo di genio che solo un gran maestro come Vargas Llosa può mettere in scena. “Scandalo”: è questa la parola che accomuna le due storie che procedono parallele in L’eroe discreto. Seguiamo i due protagonisti - due uomini onesti che desiderano vite tranquille, lontane dall’attenzione pubblica e dal volgare chiacchiericcio mediatico: due eroi discreti, come recita il titolo - che cercano disperatamente di uscire da una situazione degenerata che ha sconvolto le loro esistenze. Ma a ogni angolo sembrano aprirsi sempre nuovi corridoi, sotterranei, svolte su svolte che peggiorano la faccenda. “La vita era quello: un labirinto che, qualunque cosa facessi, ti portava ineluttabilmente nelle grinfie del Minotauro?”, si chiede Rigoberto. Alla fine, l’unica certezza è che la vita è così, bisogna imparare ad accettarla come viene.
La maestria narrativa di Vargas Llosa raggiunge vette sublimi anche in questo avvincente romanzo, in cui il Premio Nobel torna a raccontare la sua terra natale. Ci vuole un Vargas Llosa l'anno a ricordarci quanto sia bello leggere romanzi.
A cura di Wuz.it
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