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Una rara classicità contemporanea è ciò che si respira leggendo e rileggendo questi accuratissimi versi di Giovanna Bemporad, rara perché attualmente poco praticata o forse così difficile da raggiungere in tempi assai sbiaditi in cui si va a capo più per caso che per ritmo. Ma a distanza di quasi sessant'anni dalla sua prima pubblicazione, gli "Esercizi", editi per la prima volta nel 1948 e successivamente nel 1980, soltanto ora ripubblicati nella versione definitiva di "Esercizi vecchi e nuovi" (2010), sorprendono ancora di più per la loro rinnovata sapienza metrica, per la raffinata propensione a disporre enjambement e rime in un rettangolo ristretto di parole e per l'instancabile ricerca di significati in grado di oltrepassare l'idea stessa di significato. Conosciuta e apprezzata da tutti principalmente come traduttrice di opere monumentali ("Eneide" e "Odissea"), Giovanna Bemporad è anche e soprattutto poetessa con i suoi endecasillabi perfetti e le sue caparbie variazioni da perfezionista, per le quali ogni minima scelta di suono e significato corrisponde all'esatta conseguenza di un inevitabile attraversamento nel dolceamaro sapore dell'attesa ispiratrice. Il paesaggio circostante, il presentimento della morte, il silenzio inaccessibile dell'essere umano sono elementi prevalenti nella rigorosa e precisissima opera poetica della Bemporad, in cui l'eco leopardiana si mescola con un'innovativa classicità di ritmi e misure ponderate, di pathos e sentenziosità. Lontana da futili sperimentazioni metriche, gli esercizi poetici della Bemporad sono in realtà tutt'altro che semplici allenamenti di scrittura e il titolo scelto dall'autrice è una prova coraggiosa di umiltà intellettuale. Bastano le testimonianze poste a conclusione del libro di Pasolini, Spagnoletti, Zanzotto, Pagliarani, Anceschi, Raffaeli e Trevi per confermare l'enorme importanza di quest'opera meritevole di ulteriori approfondimenti.
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