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L' età straniera
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L' età straniera - Marina Mander - copertina
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età straniera

Descrizione


Nella dozzina del Premio Strega 2019 proposto da Benedetta Tobagi

"L'età straniera" racconta un mondo vocale: è nelle voci che questa storia e tutte le storie si sviluppano - le parole di Florin che mancano, quelle in cui Leo si rifugia.

Leo non studia molto, ma è bravo a scuola. Non fuma tanto, ma un po' d'erba sì. Ha una madre, Margherita, che lavora come assistente sociale e un padre che è stato matematico, è stato intelligente, è stato vivo l'ultima volta nel mare e poi è scomparso tra le onde con il pigiama e le ciabatte. Leo odia i pigiami, le ciabatte e non si fida più del mare, forse di nessuno. Odia tutte le cose fino a quando nella sua vita non arriva Florin, un ragazzino rumeno che non studia, non ha una casa, non ha madre né padre - o magari sì ma non ci sono - e si prostituisce. Florin si prostituisce e la madre di Leo decide di ospitarlo, sistemandolo nella camera del figlio, perché l'appartamento è piccolo e perché «forse potete farvi bene l'un l'altro». Leo che non ha mai fatto l'amore con nessuno e Florin che fa l'amore con tutti condividono la stessa stanza. Leo pensa di odiare Florin, che comunque è meglio di una cosa, è vivo. Leo è tutto cervello e Florin è tutto corpo: questo pensa Leo, che racconta la storia. La "scimmia" lo chiama, come una delle tre scimmiette: Iwazaru, quella che non parla. In realtà entrambi i ragazzi sono ancora forti di una fragile interezza, perché sono adolescenti e hanno ferite profonde ma corpi e sentimenti giovani. Comincia così, tutta storta, l'avventura del loro viaggio a occidente, fra estraneità e appartenenza: mistico per Leo - in continuo contatto con un tribunale immaginario che cerca di convincerlo di avere ucciso il padre - e fisico per Florin - in balia di uomini violenti in un mondo più violento ancora. "L'età straniera" racconta un mondo vocale: è nelle voci che questa storia e tutte le storie si sviluppano - le parole di Florin che mancano, quelle in cui Leo si rifugia.
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Dettagli

2019
28 febbraio 2019
206 p., Brossura
9788829700011
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Indice

Motivazione per la candidatura al Premio Strega 2019:
«Perché leggiamo romanzi? Come antidoto alla solitudine esistenziale, per trovare, nelle pagine, noi stessi; per poterci riconoscere, trovare parole per la nostra ombra, per sentimenti così sottili da non avere nome, o una ferita segreta, diranno alcuni. Per vivere “vite che non sono la mia”, incontrare l’alterità totale, estendere l’empatia oltre i confini dei territori a noi familiari, diranno altri. Più spesso, tutt’e due le cose. Il primo elemento di grande fascino de L’età straniera di Marina Mander sta nel fatto di consentirci entrambe le esperienze, trascinandoci nella penombra di uno spazio liminale, nella schiuma tra terraferma e mare, come nell’immagine di copertina. Marina Mander ci mostra il mondo attraverso il suo sguardo, che penetra la realtà come un coltello e ha la cruda verità del sole meridiano, uno sguardo invecchiato dal precoce disincanto e insieme fresco, persino ingenuo, nei mille dubbi di chi si affaccia alla vita».
Proposto da Benedetta Tobagi

Valutazioni e recensioni

3,91/5
Recensioni: 4/5
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Tristemente surreale
Recensioni: 2/5

Che faticaaa. Esiste di peggio di una scrittura forzatamente superficiale che però è noiosa, che vorrebbe trattare temi profondi in modo leggero, ma alla fine risulta abbastanza ridicola? I doubt it. Non so dirvi se nel finale si salva, perché a 3/4 ho gettato la spugna.

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colacino domenico
Recensioni: 2/5

si legge a stento...la trama è povera, la scrittura non fluida, sembra un testo un po forzato, nell'idea e nello sviluppo..

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Lucy
Recensioni: 1/5

È una di quelle volte in cui mi chiedo cosa diavolo mi abbia indotto a scegliere il libro che sto leggendo. L'ho trovato pessimo. Per la trama, la scrittura, l'analisi dei personaggi. Sconsigliato, vivamente

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Recensioni

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Voce della critica

A cura di: Il Rifugio dell'Ircocervo



Leo ha quasi diciotto anni, una profonda intelligenza nascosta sotto la classica patina di pigrizia e superficialità da adolescente incompreso, e un trauma che non riesce ad affrontare. Vive con una madre disoccupata che trascorre le sue giornate lottando per il bene del prossimo, un patrigno che di mestiere fa il tassista e per hobby balla il tango, e un fratello acquisito che lavora come “prostituto” tra le vie della città, non parla l’italiano e ha l’aspetto di una scimmia. Si chiama Florin, viene dalla Romania e la madre di Leo l’ha trovato per la strada durante le sue attività di volontariato.


La donna l’ha adottato informalmente per spirito materno, per carità o per pietismo, e ora Leo deve imparare a fare i conti con la sua ingombrante presenza in una stanza che fino a poco tempo prima era completamente sua. Alla base vi è la speranza – razionale, forse, ma di sicuro poco pratica – che due cuori sofferenti si possano guarire a vicenda: è la speranza che Leo possa trarre in salvo Florin da un’esistenza considerata naturalmente e imprescindibilmente negativa, e che Florin possa avere un effetto terapeutico su Leo e i suoi incubi.

La Mander conquista quindi un posto tra i dodici finalisti del Premio Strega con una storia sull’adolescenza traumatica e le difficoltà della crescita. Un racconto di formazione che cade volutamente nel drammatico, in cui il protagonista, Leo, deve imparare a fare i conti con i suoi rimorsi e accettare il mondo per quello che è, senza più rifiutarne le contraddizioni e gli aspetti più crudeli.L’intelligenza straordinaria del
protagonista viene declinata in una voce narrante dal fascino ipnotico: un susseguirsi di correlazioni profonde e immagini straordinarie che descrivono la realtà con un’ironia quasi cattiva, in un fluire di concetti e idee che delineano il personaggio e al tempo stesso affascinano il lettore. Lo stile è senza dubbio l’aspetto più riuscito del romanzo, un marchio che lo rende unico senza per questo dover sperimentare grandi innovazioni. I pensieri di Leo sono la ragione per cui leggere il libro. Al tempo stesso, la narrazione accattivante si alterna a dialoghi a tratti un po’ deboli, che non reggono la musicalità dello stile perché alle volte lo imitano e altre lo spezzano brutalmente.

Una caratteristica particolare de L’età straniera è la sua staticità narrativa, contrapposta a un’evoluzione stilistica che raggiunge quasi la forma onirica, verso il finale. Nei fatti, la storia non progredisce se non per piccolissimi passi, tant’è vero che il finale arriva senza quasi farsi notare, pur nella sua compiutezza. È possibile affermare che qualcosa sia cambiato in Leo – il protagonista delle ultime venti pagine non è lo stesso dell’incipit del romanzo-, ma è difficile capire quando e dove sia accaduto.

Se comunque Leo è una presenza forte, con delle ambiguità importanti che conducono a una sua evoluzione, il personaggio di Florin si perde in una strumentalità psicologicamente poco profonda. Nel romanzo si alternano un numero ridotto di personaggi, in una formula che non rende necessario pretendere da loro grandi sfaccettature caratteriali, considerando il punto di vista adottato dall’autrice. Florin però è il motore di un cambiamento che sarebbe potuto cambiare a sua volta, e che invece rimane relegato a un ruolo e a una lingua impenetrabili per il lettore e, in un certo senso, anche per tutti gli altri personaggi.

Sarebbe stato interessante conoscere meglio Florin, ma la scelta di mantenerlo sullo sfondo è certamente intenzionale, una decisione ben soppesata per costruire una narrazione che non prescinda mai da Leo e dalla sue riflessioni. Per il protagonista, Florin è infatti “Iwazuru“, la scimmietta muta, una creatura naturalmente impenetrabile. Anche se questo vuol dire ridurre un personaggio dalla straordinaria potenza a un semplice corpo sulla scena, la simbologia rimane intatta fino all’ultima pagina.

Al di là di questo, L’età straniera è senza dubbio una lettura profonda e interessante: prende a cuore temi intensi come il lutto e la prostituzione trattandoli con ammirevole intelligenza, in una narrazione che non stanca mai.


Di Anja Boato

 

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I vincitori del concorso “Caccia allo Strega” 2019

Luisa M.             

Non ci avrei scommesso troppo eppure Leo mi ha conquistata. Forse perché è come ero io, che sono nata con l'aoristo dentro, con la testa che di fronte a una versione di greco "scattava" nel modo giusto. Adolescente sconclusionato come sono gli adolescenti, appassionato di Kurt Cobain, alla ricerca del primo amore, testimone inconsapevole del suicidio di suo padre, figlio di un'assistente sociale che non è stata in grado di salvare suo marito dalla depressione e ora cerca di salvare Florin, giovane prostituto che si vende per la strada. Lo porta a casa sua, certa che si faranno del bene lui e Leo, senza considerare il punto di vista di suo figlio, io narrante di questo libro. Non è facile accettare questa presenza non richiesta, quando hai già i tuoi ricordi e i tuoi rimorsi con cui convivere, c'è quel mare che ha inghiottito tuo padre, c'è tuo padre che a quel mare ha consegnato la sua vita, c'è tua madre che ha confinato la memoria in un cassetto e ormai vive con un nuovo amore che tu non capisci. Florin non parla l'italiano, viene da un mondo misterioso, frequenta strana gente, chi sono i suoi clienti? perché scelgono proprio lui che sembra una scimmietta? Fresco, ozioso come l'estate di un adolescente in vacanza, a tratti disordinato come i pensieri disordinati di un ragazzo che si ispira a una rock star, come un bambino che gioca col pelo dell'acqua e prova ad accarezzare la superficie. "Se non ci fosse quell'altro vorrei chiudermi in camera e buttare via la chiave. Come si fa con i cassetti pieni di ricordi, vorrei essere il ricordo di qualcun altro, amato e custodito per sempre in fondo in fondo da qualche parte, un rimpianto seppellito tra le scartoffie, che riaffiora per caso, mentre si sta cercando tutt'altro e ci si punge con un vecchio tagliacarte" Copertina:5 Storia: 5 Stile: 4                                                                            

Chiara A.            

Un pugno dritto allo stomaco. Un romanzo che racconta una storia dei nostri giorni, due ragazzi diametralmente opposti ma estremamente identici allo stesso tempo, il corpo e la mente di uno spettro chiamato vuoto, assenza, solitudine: l'uno, Leo, tormentato dalla perdita del papà -per la quale si sente responsabile- e spaventato per quello che sarà il futuro che lo aspetta dopo il breve spicchio di vita già vissuto colmo di dubbi, rimpianti, rimorsi, tanta rabbia e paure, l'altro, Florin, figlio di nessuno, scacciato da una famiglia disperata che non sa cosa sia l'amore costretto alla prostituzione per guadagnare qualche soldo. Leo vive di mente, di dialoghi immaginari in perfetto stile kafkiano processando se stesso ad oggi e scrivendo moniti al sé di domani, eterno incompreso dalla società che come unica colpa paga la sua diversità rispetto alla comune superficialità, di default ormai. Florin vive di solo corpo, affrontando la sua vita nei silenzi e nel materialismo delle cose avendo dovuto imparare a badare a se stesso molto presto e a destreggiarsi in un mondo ostile. Entrambi sono reietti per la società, ma l'uno serve all'altro per esorcizzare i propri demoni, per sopperire alla mancanza di corpo per Leo e spirito per Florin. Un esempio perfetto di come la parola possa farsi musica e farsi sostituire dai silenzi di quei pensieri che urlano, in una lingua comprensibile a tutti, "Aiuto!". Di base il tema del rapporto genitori-figli nel pieno dell'età adolescenziale, con un focus sulla figura paterna che nel caso di Leo manca perché si è tolta la vita. Monologhi fortissimi, pieni di quelle domande senza risposta, che emozionano il lettore e che mostrano un Leo non più battagliero e arrabbiato con il mondo ma affranto, distrutto e piccolo. Un microcosmo adolescenziale che lascia però libero accesso al lettore, fornendo chiavi di lettura per ogni situazione. Copertina essenziale e perfetta. Copertina: 4 Storia:4 Stile:4                                                                                                                                           

Donato

Un racconto condotto dagli occhi (e con le parole) di Leo, che trascorre la sua giovane vita sbilenca tra una marea di irresolutezze, indecisioni, rimuginamenti. Una descrizione dello stato d’animo di un’intera generazione costretta a portarsi addosso la frustrazione dei genitori, figli del progresso decaduti, e il grigiore di una crescita senza percezione di futuro. Un padre che scompare, una madre che prova a intervenire nella vita del figlio con manovre d’emergenza, come quella di metterlo a stretto, immediato contatto con Florin, il suo negativo che lo costringerà non a trovare risposte ai tanti dubbi, ma a cambiare il corso delle proprie tante incertezze. È romanzo di formazione del terzo millennio, scritto con parole che ondeggiano, ritornano su se stesse con un ritmo musicale, ribattono su concetti e espressioni seguendo uno schema che non è quello del referto, della cronaca, del diario, ma che è quasi quello della canzone (talvolta sembra di sentire il rap, l’hip-hop). A volte prevale troppo un’ottica dualistica adulto-giovane, lasciando affiorare un personaggio che rappresenta più i sensi di colpa delle generazioni adulte che la genuina visione di un giovane, ma nel meritorio tentativo di tirare fuori i due ragazzi da una visione stereotipata e bidimensionale dell’adolescenza. Copertina: 3 Storia: 4 Stile 3                                                                  

                                                                       

Gino

«Io, con questo problema del non essere ancora abbastanza uomo; lui, con questo problema del non essere stato abbastanza bambino […]». Leo e Florin rappresentano la storia che si riabilita. Al di là dell’odio, dell’incomprensione, della sordità dell’uomo che spesso respinge il diverso. Florin è rumeno, ha una madre e un padre assenti, si prostituisce per vivere. Leo non studia, fuma erba, è brillante, e convive con un vuoto: un padre trasbordato dalle onde troppo presto. Di mezzo tra i due c’è Margherita che lavora come assistente sociale e decide di prendere con sé Florin. Tra i due, dopo un’iniziale diffidenza, di Leo che vede invadersi il proprio territorio e Florin che in maniera goffa cerca di imparare l’italiano, si fa strada la scoperta di sé, quell’età straniera fatta di codici indecifrabili, fatta di pippe mentali e fisiche esagerate, di lenti avvicinamenti, di affetti sussurrati che si prendono la rivincita contro quella giustizia umana e sociale, troppo spesso fallace. Copertina: 4 Storia: 4 Stile: 4                                                                   

                                                                  

Marilu'

L'età straniera narra le vicende di Leo e Florin, uno orfano di padre prematuramente scomparso e l'altro preda di uomini senza scrupoli che lo obbligano a prostituirsi. L'autrice Marina Mander ha un'attenzione al sociale che a me piace molto, scrive in maniera sensibile, intelligente e musicale e mostra grandissimo acume psicologico e delicatezza nel trovare le parole per il mondo interiore del trauma e per le anime travolte troppo presto dall'INCOMMESURABILE e divorate dal SENSO DI COLPA IMMOTIVATO. L'età straniera mi dona uno sguardo diverso su ogni tipo di STRANIERO che è soprattutto quello PIU' SPAVENTOSO, PIU' REPELLENTE, PIU' INQUIETANTE DI TUTTI che è nascosto DENTRO DI NOI."CIASCUNO E' STRANIERO A SE STESSO, COME MAI, PRIMA E DOPO. COPERTINA VOTO 5: Leo che è fermo, immobile tra un non essere e un non essere ancora. Fermo nello spazio liminale nella schiuma tra la terra ferma e il mare. Bellissima immagine. STILE VOTO 5: sorprendente, caleidoscopico, sempre ironico e dissacrante. STORIA VOTO 5: attenzione alle indagini attorno alle relazioni familiari eccezionale. Da non perdere!  

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Finalista nella dozzina del premio Strega, L’età straniera di Marina Mander è un romanzo di formazione profondo e autentico.

È l’alba di una normale mattina estiva di vacanze al mare, il padre di Leo, uscito dalla casetta colorata sulla spiaggia entra in acqua, in pigiama, per non uscirne mai più.
È l’alba e Leo vede tutto. Il suo papà, barba lunga e selvaggia, un Robinson Crusoe che incurante va avanti, infradiciandosi gli orli, sfidando le onde, sparendo per sempre.
Qualche anno ora è trascorso, Leo è un diciassettenne brillante ma tormentato, vive ogni giorno il senso di colpa per questa morte che non riesce a capire fino in fondo, convinto di essere non solo responsabile, ma l’assassino, l’unico vero artefice. La sua sola colpa è quella di essere caduto nel sonno, nell’esatto momento in cui l’irreparabile stava accadendo.
Un Morfeo sadico e malvagio, uno scherzo del destino, che non gli darà più pace per nessuna notte a venire.

Margherita, sua madre, non parla mai di ciò che è successo, si è disfatta di tutto ciò che apparteneva a suo marito e quel che rimane è chiuso in un cassetto, la chiave per giunta è andata persa. La famiglia si allarga, e si devono fare i conti con il dolore della vita che inevitabilmente va avanti.

Poi arriva Florin, diciassettenne anche lui, rumeno, ragazzo di strada che «di lavoro batte», abbandonato, ferito, violato. Improvvisamente i due si ritrovano nella stessa casa, nella medesima stanza e la storia assume le sembianze di un viaggio attraverso l’adolescenza e le storture del mondo, quest’Età straniera costellata di insicurezze, difficoltà relazionali, rabbia.
Il rapporto anomalo tra Leo e Florin, che affronteranno insieme il salto nel mondo adulto, assume le note autentiche dell’unione agli antipodi, anime perse, che non hanno voce, riunite nella dimensione dell’estraneità. Gatti che a vicenda si leccano le ferite. Ferite che mai potranno rimarginarsi, ma di cui un giorno, si potrà far sfoggio: ricami, pennellate, il marchio dei sopravvissuti.

Recensione di Valeria Frigau

A cura del Master Professioni e prodotti dell’editori - Collegio Universitario “Santa Caterina da Siena” in collaborazione con l’Università di Pavia

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Marina Mander

Scrive per la comunicazione e l'editoria. Tra le sue opere: "Ipocondria fantastica" (Transeuropa, 2000), "Catalogo degli addii" (et al./Edizioni, 2010, con illustrazioni di Beppe Giacobbe), "La prima vera bugia" (et al./Edizioni, 2011), "Tu no, amore, no" (Mondadori, 2013).

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