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Descrizione


Il libro prende in esame da più punti di vista, attraverso una serie di contributi internazionali, la figura e l'opera di Sandor Ferenczi, ormai riconosciuto come uno dei fondatori della psicoanalisi, un alter ego di Freud, che ha anticipato fermenti e inquietudini attuali, e non solo nel campo della psicoanalisi. Per Ferenczi, la psicoanalisi non puo essere disgiunta dalla persona dello psicoanalista. La sua psicoanalisi "emotiva", e non meramente "cognitiva", comporta da parte dell'analista non un controllo intellettuale e razionalizzante delle emozioni e il loro frequente successivo diniego, nell'illusione di una propria neutralità astinente, ma l'elaborazione degli affetti e la loro lenta restituzione in parole.
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Dettagli

3
2004
9 settembre 2004
Libro universitario
413 p., ill. , Brossura
9788833957302

Voce della critica

Il lavoro di Sandòr Ferenczi, giudicato prezioso e poi messo al bando da Freud e dal gruppo dirigente della Società psicoanalitica, è stato per quasi un secolo marginale rispetto alle correnti che ne hanno dominato il pensiero. Ma molti analisti del middle group inglese, che come Winnicott rifiutarono di schierarsi con Melanie Klein o con Anna Freud, e mantennero una posizione non dogmatica, continuarono a fare riferimento all'opera di Ferenczi che Michael Balint importò a Londra dalla nativa Budapest.

Più tardi diversi altri continuarono a coltivarne il pensiero, tra cui Joannes Cremerius in Germania, Béla Grunberger in Francia, Fritz Morgenthaler in Svizzera, Glauco Carloni in Italia, senza dimenticare i membri del Comitato per l'Edizione del carteggio Ferenczi-Freud, composto da Enid Balint (Londra), Judith Dupont.(Parigi), Ilse Grubrich-Simitis (Francoforte), Mark Paterson (Londra) e André Haynal (Ginevra). Nel 1987 Andrè Haynal, attingendo agli archivi Balint e al carteggio Freud-Ferenczi, che verrà stampato qualche anno più tardi, pubblicò La technique en question. Controverses en psychanalyse, uscito in Italia nel 1990 per il Centro scientifico editore con il titolo Freud Ferenczi Balint e la questione della tecnica.

L'influenza di Ferenczi è stata assai più vasta e profonda di quanto per molto tempo gli sia stato riconosciuto, sia sul pensiero di Melanie Klein, di cui fu il primo analista, e del suo gruppo, sia su quello di Anna Freud, e soprattutto sulla psicoanalisi americana e le correnti orientate allo studio della relazione e della costruzione del sé. Negli ultimi anni il fiume carsico del pensiero ferencziano è affiorato molto più esplicitamente, sono stati organizzati diversi convegni internazionali che ne hanno portato alla luce e diffuso l'importanza nei riguardi della relazione analitica e del tipo di tecnica che ne consegue.

Questo libro raccoglie e ordina i contributi più importanti del congresso internazionale svoltosi a Torino nel 2002, focalizzato su come il pensiero di Ferenczi fornisca all'attività clinica uno strumento rispettoso e fecondo, avendo come perno l'assoluta fiducia nella verità soggettiva del paziente. Ferenczi, afferma il curatore Franco Borgogno, chiede all'analista di fare un passo indietro, di osservare i propri limiti in quanto essere umano, portatore di una propria sofferenza e quindi della tendenza a proteggersi, gli chiede di riconoscere la propria influenza sul paziente e la propria influenzabilità, consapevole dell'inarrestabile esistenza di un continuo flusso di interazioni tra la coppia analitica al lavoro e tra ciascun membro della coppia e il mondo che lo ha circondato e lo circonda.

La proposta di fare dell'analisi una esperienza reciproca tout court è stata certamente un'ingenuità dettata dall'inesperienza, essendo la pratica analitica ai primordi quando Ferenczi la attuò, ma segnala come egli avesse individuato il centro della sofferenza mentale nel sommarsi di esperienze relazionali traumatiche con il disconoscimento delle medesime, e intravisto uno strumento concettuale che Klein avrebbe più tardi sviluppato chiamandolo "identificazione proiettiva". Anticipando, oltre a Melanie Klein, anche Donald Winnicott, Wilfred Ruprecht Bion, Heinz Kohut, Ferenczi descrisse difetti dell'io e del processo di simbolizzazione, dissociazioni e frammentazioni, come esiti dell'agonia psichica prodotta dal trauma.

Il sintomo diventa secondo Ferenczi un'importante comunicazione che attende di essere accolta e riconosciuta per aprire la strada a un lavoro di rianimazione e trasformazione di affetti congelati e pietrificati. L'intenzione è di mettere in contatto parti psicotiche e non psicotiche della personalità, superando la reciproca avversione che tende a creare "punti morti" nel dialogo analitico. L'importanza della componente affettiva mette in rilievo la qualità del funzionamento mentale dell'analista a contatto con il paziente e la necessità di un continuo monitoraggio al fine di non promuovere nuovo dolore e mortificazione come conseguenza di un nuovo disconoscimento. L'analista può infatti essere inaccessibile per molte ragioni, per esempio per paura di una propria regressione concomitante a quella del paziente, oppure può temere l'incontro con aree del suo inconscio evitate e rimaste inesplorate nella sua analisi, o ancora, essere cieco e sordo per difficoltà a riconoscere l'aiuto che qualche volta è lui a ricevere proprio nella relazione analitica. Il paziente più bisognoso, quello annientato, la cui mente agonizza in uno stato disorganizzato di tensione prementale e preriflessiva, chiede all'analista la forza e il coraggio di far posto a questo stato senza cercare di modificarlo troppo in fretta, conservando però la propria mente viva e sufficientemente stabile nella sua capacità di autorappresentazione in quanto essere umano e psicoanalista.

Il pensiero ferencziano si dispiega in questo volume con una straordinaria ricchezza di contributi che vanno dai lavori di André Haynal sul riconoscimento del dolore provocato da trauma nella sua accezione più vasta, con la grave sofferenza mentale che ne consegue, alla descrizione di difetti dell'io e del processo di simbolizzazione di Thierry Bokanowski, alla mappatura delle linee guida per un soccorso efficace dell'intenso dolore mentale di Ernst Falzeder, al saggio sull'influenza del Diario clinico di Ferenczi sulla prassi psicoanalitica di Juan Tubert-Oklander.

Seguono lavori di Harold Blum, Lucio Sarno, Carlo Bonomi, Josette Garon di approfondimento sul concetto di trauma, troppo frettolosamente accantonato da Freud e dalla psicoanalisi classica in favore di uno spostamento dell'asse dalla realtà subita alla fantasia; di Silvia Amati Sas sulla violenza sociale traumatica e di Nancy A. Smith sull'esperienza di Primo Levi del vivere e morire successivi al trauma. Sull'identificazione lavorano Dina Vallino, Marco Macciò, Jay Frankel, Haydèe Faimberg, Eugenio Gaburri e Laura Ambrosiano. Di Luis Jorge Martin Cabré è il saggio sulle intuizioni di Ferenczi sulla natura e la funzione terapeutica dell'interpretazione psicoanalitica, di Nino Ferro quello sui segnali del campo analitico e le trasformazioni emotive, Pedro J. Boschan ha scritto sui sogni del bambino mal accolto, Massimo Vigna Taglianti sulla relazione tra funzioni analitiche, trasformazioni del sé e diversi tipi di transfert, Paolo Boccara sull'autenticità, Giuseppe Riefolo sull'amore dell'analista.

Il diverso contenimento di tipo materno in Freud e Ferenczi è l'argomento di Roberto Speziale Bagliacca, di Almatea Usuelli Kluzer l'analisi interattiva, mentre Darlene Bregman Erhenberg esplora il "non sapere" e l'area sui confini dell'intimità, e Giovanna Goretti Regazzoni affronta il tema dell'odio in una prospettiva intersoggettiva. Nella parte conclusiva troviamo un lavoro di Ferenc Eros sulle radici storico-politiche del culto di Ferenczi, e Emanuel Berman scrive sull'utopia in Ferenczi e dedica a Sandòr, alla moglie Gizela e alla figliastra, ma anche ex paziente ed ex amante Elma, un'affettuosa appendice storico-biografica arricchita di immagini fotografiche.

Questa raccolta di lavori è il risultato di una selezione che ha preso il meglio di un decennio di studi ferencziani; scegliere di approfondirne uno piuttosto che un altro mi è parso arbitrario; ho preferito invece, a rischio di annoiare il lettore, utilizzare lo spazio per segnalare la ricchezza e varietà degli argomenti trattati in maniera appassionata e competente dagli autori.

                                                                                            Anna Viacaca

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