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La ferocia - Nicola Lagioia - copertina
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ferocia

Descrizione


In una calda notte di primavera, una giovane donna cammina nel centro esatto della strada provinciale. È nuda e coperta di sangue. A stagliarla nel buio, i fari di un camion sparati su di lei. Quando, poche ore dopo, verrà ritrovata morta ai piedi di un autosilo, la sua identità verrà finalmente alla luce: è Clara Salvemini, prima figlia della più influente famiglia di costruttori locali. Per tutti è un suicidio. Ma le cose sono davvero andate cosi? Cosa legava Clara agli affari di suo padre? E il rapporto che la unisce ai tre fratelli - in particolare quello con Michele, l'ombroso, il diverso, il ribelle - può aver giocato un ruolo determinante nella sua morte? Le ville della ricca periferia barese, i declivi di ogni rapida ascesa sociale, una galleria di personaggi indimenticabili, le tensioni di una famiglia in bilico tra splendore e disastro: utilizzando le forme del noir, del gotico, del racconto familiare, scandite da un ritmo serrato e da una galleria di personaggi e di sguardi che spostano continuamente il cuore dell'azione, Nicola Lagioia mette in scena il grande dramma degli anni che stiamo vivendo.
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Dettagli

2014
23 settembre 2014
411 p., Rilegato
9788806214562

Valutazioni e recensioni

2,56/5
Recensioni: 3/5
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Roberta
Recensioni: 5/5
Artificioso e ridondante

La storia di una famiglia pugliese, quella dei Salvemini, che diventa l’exemplum della gestione del potere e degli affari in Italia negli ultimi cinquant’anni. Corruzione; connivenza politica-imprenditoria-magistratura, interramento di rifiuti tossici, tutto il desolante scenario di cui siamo spettatori tutti i giorni. Ferocia nel mondo umano e in quello animale. Bassi istinti, perversioni, disturbi psichici, tradimenti, c’è di tutto in questo noir, senza speranza, senza redenzione. Come muore Clara? Senza spoilerare, posso dire che sembra improbabile e inverosimile, a differenza di tutte le altre vicende raccontate. Nella scrittura si ravvisa un certo compiacimento che porta a virtuosismi sī, ma anche a una prosa pesantissima, con descrizioni dettagliate che sembrano creare una suspence che poi non c’è. Confusi e sovrapposti i piani temporali, incomprensibili i rapporti tra i vari membri della famiglia. Quando finalmente sono riuscita con grande sforzo ad arrivare alla fine, tutto si scioglie come la panna che si smonta. Non si capisce. L’elemento interessante del libro è sicuramente un certo approccio da regista dell’autore, soprattutto nell’incipit e nel riproporre le scene da diverse inquadrature in tempi diversi. Al di là di questo, la lettura è stata talmente faticosa da inficiarne il giudizio generale .

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Raffaella
Recensioni: 1/5
Illeggibile

Mai sofferto tanto nel leggere un libro. Slegato, passaggi incomprensibili, punteggiatura in sovrannumero, frasi incomprensibili. Innervosisce all ennesima potenza!

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dani
Recensioni: 5/5

Chi vince il premio Strega lo fa con un libro che non passa inosservato. Ho l'intera collezione e li ho letti tutti, ho letto quindi anche questo. Il libro è bello e si legge con piacere, la trama ruota intorno la morte di Clara, poi passa a narrare la sua storia e quella della sua famiglia, quindi si sposta sul vissuto del suo fratellastro che diventa il vero protagonista del racconto che con alterne vicende porta ad un difficile epilogo. Io avrei sperato in un finale migliore, ma si sa, che "e vissero felici e contenti" avviene solo nelle favole. Una buona lettura, aspetto il prossimo premio strega

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Voce della critica


Ci sono solo due cose davvero sbagliate nell'ultimo romanzo di Nicola Lagioia. L'immagine di copertina di gusto retrò, con un'algida coppia in bianco e nero e abito da sera, non mostra legami con l'epopea fallimentare della famiglia barese Salvemini, che regge la sua fortuna sul vecchio padre Vittorio, palazzinaro di successo, e si disperde nella catastrofe della sua discendenza. Nemmeno il titolo, La ferocia, aiuta molto, nonostante l'evento che avvia la storia sia la morte violenta della primogenita Clara, sciupata dalla cocaina e dagli adulteri in serie. Nei personaggi del romanzo di ferocia vera e propria se ne vede poca, e anche quella subita dalla vittima è differita fuori scena, frutto di un errore di calcolo di vecchi ricconi ubriachi. Prevalgono, dalla nascita dell'impero Salvemini alla sua attesa caduta, i risentimenti, le antipatie, i rancori non detti e i complessi filiali irrisolti, le perversioni o, al massimo, le ambizioni di vendetta quanto mai sballate e sfocate di quello che, dal secondo capitolo in poi, emerge quale protagonista del libro: Michele, il figlio bastardo dei Salvemini, stralunato ed escluso dai meccanismi di vita iperborghesi della sua famiglia (e che ovviamente, quindi, si occupa di letteratura a tempo perso). Se di ferocia si può parlare, essa è l'istinto meccanico e gioiosamente ferino che appartiene alle molte presenze animali del romanzo, percepite nella loro radicale alterità preumana, e non come la concatenazione disordinata di violenze, affetto e follie che permea il romanzo familiare dei Salvemini. Gli attori di questo dramma non sono mossi da istinti atavici o da una violenza connaturata alla loro stirpe: invece, l'anomalia umana non può essere prevista confidando nelle norme della natura, ed è per questo che le diverse psicologie dei personaggi sono tratteggiate con una perizia imprevedibile, che è merce rara fra i narratori nostrani. A dire il vero, nel grande dominio dei mondi di finzione all'italiana, in cui i personaggi di carta sono di frequente burattini manovrati da un serioso spirito dei tempi, o da narratori-saggisti logorroici e invadenti, le creature di Lagioia brillano per tridimensionalità e precisione verosimile. Scavalchiamo pure le prime settanta pagine del libro, immerse in un'atmosfera noir in cui Clara si aggira, nuda e massacrata, su una strada provinciale in veste di "magnete e assenza di volontà", e dove le reazioni alla sua morte sono sviscerate in ogni dettaglio, connotando questa prima parte come la peggiore, appesantita da una rete di metafore ardite e da similitudini epicizzanti che pure vorrebbero fare breccia nel senso comune del lettore, e che invece ricordano un po' troppo Don DeLillo (e non è la prima volta). Quando Lagioia si addentra nella genesi dei disastrati Salvemini, il suo talento emerge più nitido. Lo spettro di una contemporaneità da decifrare è liquidato, la trappola dell'aggiornamento, che ha rovinato parecchi colleghi dell'autore, è aggirata con destrezza (fanno eccezione i lancinanti rimandi alla situazione disastrata di Taranto: una sciagura che nemmeno un romanzo può riscattare); sicché La ferocia appare piacevolmente anacronistico nella costruzione a forte chiaroscuro dei suoi personaggi: non è un caso che negli intenti dell'autore il titolo dovesse essere preso da un verso di Shakespeare. Né si può evitare di pensare, fra i tanti modelli possibili, a Dostoevskij. Come nei Fratelli Karamazov, anche qui Michele è il figlio di un'unione sbagliata e quindi mira di un odio senza appello da parte della matrigna Annamaria (mentre, specularmente, si sviluppa un legame simbiotico e necroforo con Clara; per il suo ruolo, egli ricorda quasi uno Smerdjakov senza malvagità). La sua comparsa nel nucleo familiare, che allo stato nascente era pensato come un idillio, imprime l'accelerazione decisiva al naufragio dei vari membri del clan: nei genitori inizia la diffidenza per il non voluto Michele (i cui problemi mentali nascono dopo aver orecchiato una frase crudele sfuggita ad Annamaria); Ruggero, fratello maggiore antagonista al padre, e da questi totalmente schiacciato, si chiude nella rabbiosa competizione della sua carriera di medico; Clara sviluppa un attaccamento anomalo al fratellastro, e ciò la predispone irreversibilmente alla discesa ad inferos. Lagioia conduce parallelamente queste parabole impazzite senza pretendere di risolvere l'anima plurale del romanzo con una visione autoriale univoca, inscrivendosi così in un quanto mai dostoevskiano "dialogismo" (secondo la classica lettura di Bachtin). È il pregio migliore del libro, ma anche la spia di un sospetto. Lagioia ha sensibilità e sentimento dell'umano non comuni, che hanno contribuito a farne, insieme ai suoi interventi critici e al lavoro editoriale, uno dei migliori lettori d'Italia. Purtroppo, il suo atteggiamento nei confronti della letteratura sembra improntato a un amore carico di rispetto che lo frena, toglie originalità alla sua pagina: come quando, in Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) (Minimum Fax, 2001), immaginava che il suo protagonista buttasse l'autore di Guerra e pace dal balcone, dopo contrastate discussioni, rimane ancora la speranza che Lagioia impari a sbarazzarsi dei maestri, camminando solo sulle proprie gambe.   Lorenzo Marchese

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La recensione di IBS


Vincitore Premio Strega 2015

Vincitore Premio Mondello 2015 - Sezione Opera Italiana

Sai qual è la disciplina che meglio spiega il nuovo secolo? […] L’etologia. Metti una volpe affamata davanti a un branco di conigli. Corri in una piazza piena di colombi e li vedrai volare. Trovami il colombo che non vola. […] Facciamo quello che la natura ha deciso per noi.

Nicola Lagioia è tornato. Dopo Riportando tutto a casa, romanzo di formazione sulla caduta della gioventù barese degli anni Ottanta, arriva La ferocia.
C’è sempre Bari sullo sfondo, ma questa volta la storia è ambientata nei nostri giorni; si parla sempre di caduta, ma questa volta il male è dilagato e si è tramutato in ferocia, in un homo homini lupus imperante. È notte. Una giovane donna cammina sul ciglio della statale Bari-Taranto nuda e piena di sangue. Di lì a poco, travolta da un camion, la troveranno morta ai piedi di un autosilo. Per tutti è un suicidio, quello di Clara, la terzogenita di una ricca e potente famiglia barese di costruttori: i Salvemini. La sua morte recide i precari fili che tengono insieme Vittorio il capo famiglia, Annamaria sua moglie, e i figli Ruggero, Michele e Gioia.
La violenta scomparsa di Clara dà inizio, in perfetto stile Buddenbrook, alla storia del crollo di una famiglia borghese che con il proprio impero economico intrattiene rapporti foschi e complessi con il potere politico, economico e accademico.
L’incipit potrebbe quindi far pensare a un classico noir, ma La ferocia è soprattutto altro. L’oggetto dell’investigazione non è tanto la morte di Clara, quanto la sua vita. Nel romanzo sono tanti i tentativi e gli indizi che conducono alla ricostruzione della sua persona e degli uomini e donne che l’hanno circondata nel bene o nel male: in una casa in cui la comunicabilità è un requisito superfluo, in cui i genitori anaffettivi e frenetici risultano incapaci di affrontare il lutto, in un ambiente dove si muovono giudici, avvocati, ingegneri, imprenditori, medici e politici, si staglia la figura isolata ed enigmatica di Michele, il fratello minore di Clara, un bambino intorpidito e abbandonato a se stesso, un ragazzo sospettoso e rancoroso, infine un uomo che vuole far luce sulla morte di sua sorella e scoprire la verità.
Tra Clara e Michele il rapporto è asfissiante, morboso e geloso; crescono riempiendosi di attenzioni a vicenda, si mantengono in vita l’un l’altro; questo fino a quando Michele lascerà Bari per trasferirsi a Roma e tentare la carriera giornalistica. Ritornerà solo in seguito alla morte di Clara.
Ma cosa è successo realmente a Clara? Chi è diventata quella donna placida e altezzosa dopo che il fratello per cui era disposta a tutto, l’ha abbandonata?
Quella di Lagioia non è una denuncia sociale il cui scopo è quello di redimere, quanto piuttosto un ritratto di una società attuale, acuto, efficace e verosimile; descrive con minuzia la topografia di una città feroce in cui la corruzione, lo sfruttamento edilizio e tutti gli spettri che la popolano fanno da sfondo – e da contrasto – all’amore tra Michele e Clara.
Lungo l'impalcatura narrativa delle 400 pagine, si distende una ritmica similitudine tra la società e il regno animale in cui, in entrambi i casi, lo stato di natura e l’istinto sembrano prevaricare e non lasciare alternative. Ma Lagioia contrappone alla ferocia un polo opposto: l’amore. Per quanto retorico possa apparire, il rapporto tra i due fratelli, tenuto in piedi da un affetto ancestrale, riesce a fare da contraltare e a sfidare degnamente la crudeltà di ciò che li attornia in vista di un ultimo e definitivo riscatto che supera persino i limiti invalicabili dettati dalla morte.
In questo libro ritroviamo il veloce ritmo del noir con un frequente e repentino cambio di scena, flashback continui, un linguaggio spesso libero e antitetico, a cui però si accosta uno stile ricercato, elegante e coinvolgente che dona alla trama un abito pregiato da cui è difficile distogliere lo sguardo.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Nicola Lagioia

1973, Bari

Nicola Lagioia è uno scrittore italiano che ha a lungo diretto il Salone del Libro di Torino. Autore di Poesia on-line, volumetto allegato all’Annuario della poesia italiana curato da Giorgio Manacorda (Castelvecchi, 2001), per minimum fax (per cui dirige "nichel", la collana di narrativa italiana) ha pubblicato nel 2001 il suo primo romanzo, Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi). Per Fazi ha pubblicato il saggio Babbo Natale. Ovvero come la Coca Cola ha colonizzato il nostro immaginario collettivo (2009). Ha pubblicato racconti in varie antologie: Patrie impure (Rizzoli 2003), La qualità dell'aria (minimum fax, 2004) che ha curato assieme a Christian Raimo, Semi di fico d'India (Nuovadimensione, 2005), Periferie (Laterza,...

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