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La fine dell'utopia - Herbert Marcuse - copertina
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Descrizione


Pochi testi come questa discussione del filosofo francofortese con gli studenti della Libera Università di Berlino Ovest restituiscono le atmosfere, la vivacità intellettuale, il desiderio di cambiamento che trovò espressione nei movimenti giovanili del '68. Marcuse discute con gli esponenti del movimento studentesco le forme e le strategie di una opposizione radicale nelle società sviluppate dell'Occidente e come questa possa ricollegarsi alle lotte di liberazione nel terzo mondo, in primo luogo quella vietnamita. Secondo Marcuse la fine dell'utopia non vuol dire che ad essa dobbiamo rinunciare, ma che la trasformazione profonda dei rapporti sociali è divenuta una possibilità resa concreta dal poderoso sviluppo delle forze produttive e intellettuali, che la soggettività dei movimenti è chiamata a liberare dalla gabbia dello sfruttamento e dell'ordine costituito.
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Dettagli

2008
27 marzo 2008
158 p., Brossura
9788872855218

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OMOGENESI DEI FINI "Il fatto che il regno della libertà possa essere pensato e possa sorgere solo al di là del regno della necessità significa che quest'ultimo è destinato a rimanere tale, estraniazione del lavoro compresa. Quindi, [...] quest'ultimo [il lavoro] rimane sempre un'attività compiuta nel regno della necessità e per il regno della necessità, e dunque non libera. Io credo che una delle nuove possibilità in cui si esprime la differenza qualitativa tra una società libera e una società non libera consista precisamente nella ricerca del regno della libertà già all'interno del lavoro e non al di là di esso. Se proprio desiderate una formulazione assolutamente provocatoria di questo concetto speculativo, allora dirò: noi dobbiamo almeno perseguire l'idea di una via al socialismo che dalla scienza porti all'utopia e non, come ancora credeva Engels, di una via che dall'utopia porti alla scienza." (pp. 9-10). Tal'obiezione, apparentemente ineccepibile, racchiude viceversa un plurimillenario errore di sineddoche: scambiare l'albero della conoscenza del bene e del male con l'albero della conoscenza, "the tree of knowledge", tout court. Ciò determina l'ampliamento della demonizzazione dalla conoscenza dialettica, un criterio di discernimento del positivo fondato sulla cognizion'esperienziale del negativo ("libera nos a malo"), alla conoscenza in sé e per sé ("beata ignoranza", "blessed ignorance"). Invec'il mitologema biblico non allude ad alcun'antitesi fra utopia e scienza, anzi pare sottintendere che (l'albero del)la vita divina includ'appieno la conoscenza seppur d'un tipo del tutto diverso, una sapienza esclusivamente del positivo che lascia la "négativité sans emploi", un "Giudizio Universale" del Bene, del Buono e del Vero, sul piano estetico, etico e teoretico, affrancato da ogni riferimento al male.

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Mauro Lanari
Recensioni: 4/5

Omogenesi dei fini - "Il fatto che il regno della libertà possa essere pensato e possa sorgere solo al di là del regno della necessità significa che quest'ultimo è destinato a rimanere tale, estraniazione del lavoro compreso. Quindi, [...] quest'ultimo [il lavoro] rimane sempre un'attività compiuta nel regno della necessità e per il regno della necessità, e dunque non libera. Io credo che una delle nuove possibilità in cui si esprime la differenza qualitativa tra una società libera e una società non libera consista precisamente nella ricerca del regno della libertà già all'interno del lavoro e non al di là di esso. Se proprio desiderate una formulazione assolutamente provocatoria di questo concetto speculativo, allora dirò: noi dobbiamo almeno perseguire l'idea di una via al socialismo che dalla scienza porti all'utopia e non, come ancora credeva Engels, di una via che dall'utopia porti alla scienza." (pgg. 9-10).

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Fabrizio Porro
Recensioni: 5/5

Se Herbert Marcuse era il filosofo, Paul Mattick ne era l'economista.

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Herbert Marcuse

1898, Berlino

Herbert Marcuse è stato un filosofo, sociologo, politologo ed accademico tedesco naturalizzato statunitense.

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