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La formazione dell'oratore. Vol. 2: Libri 5-8 - Marco Fabio Quintiliano - copertina
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Descrizione


L'oratore, secondo la celebre definizione di Catone il Censore, è un uomo onesto esperto di eloquenza. Quintiliano fece sua questa concezione e passò la vita a insegnare ai suoi molti discepoli, tra cui gli eredi dell'imperatore Domiziano e Plinio il Giovane, come la formazione oratoria non possa essere separata dal perfezionamento morale. Scrivendo "La formazione dell'oratore", Quintiliano volle dunque offrire un trattato di educazione dell'uomo nella sua interezza, dai primi passi del futuro oratore fino al ritiro dalla vita pubblica, in un intreccio indissolubile di maturazione professionale e umana. I libri IX-XII sono dedicati alle figure di parola e alle qualità morali e culturali necessarie all'oratore. Nel libro X vengono passate in rassegna le letterature greca e latina. Chiude il volume un utile indice dei nomi relativo all'intera opera.
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Dettagli

1997
Tascabile
3 dicembre 1997
1416 p.
9788817171830

Voce della critica


recensione di Lomanto, V., L'Indice 1998, n. 9

I tre volumi in cui è pubblicata l'ampia opera di Quintiliano si articolano - secondo la prassi della "Biblioteca Universale Rizzoli" - in un'introduzione, in questo caso affidata all'autorevole curatore dell'edizione oxoniense dell'"institutio oratoria", in una nota bibliografica programmaticamente sintetica ma anche troppo selettiva, in un opportuno elenco dei luoghi in cui il testo critico latino curato da Cousin per la collezione delle Belles Lettres (Paris 1975-80) è stato corretto e, in calce ai volumi, in un utile indice dei nomi e dei passi citati.
La scelta dell'edizione critica su cui condurre la versione italiana appare felice e in un certo senso obbligata, in quanto il testo di Cousin, che ha dedicato a Quintiliano circa un cinquantennio di studi, costituisce al momento il punto d'approdo dell'indagine filologica ed esegetica sull'autore.La traduzione risulta in linea di massima puntuale ed è corredata da note che forniscono il supporto necessario alla piena comprensione del testo.
Per quanto affidata a uno studioso di indubbio prestigio, l'introduzione mette a fuoco i carat-teri certo di maggiore rilievo dell'opera lasciandone in ombra altri, meno evidenti ma di non minore interesse.Winterbottom insiste sulla convinzione di Quintiliano che nell'oratore debbano saldarsi competenza tecnica e moralità e ne colloca l'opera al confine tra l'"ars" retorica in senso proprio, destinata per la sua completezza e complessità agli insegnanti piuttosto che agli allievi, e il manuale "de officiis", il trattato etico che individua e suggerisce il modo per assolvere ai doveri inerenti alla condizione di ciascuno. La fisionomia ambivalente del testo determina l'attenzione non soltanto per l'intero percorso educativo ma anche per l'intera carriera dell'oratore e la rivendicazione al retore della "cura morum" dei giovani, cui gli screditati filosofi contemporanei non hanno titolo per attendere: a tale ampio orizzonte è sotteso l'intento di formare al tempo stesso il buon oratore e il "vir bonus", più precisamente il "vir civilis", onesto ed efficiente funzionario dello Stato.Winterbottom rileva come preoccupazioni d'ordine morale inducano Quintiliano a definire la retorica non "tecnica della persuasione", formula che potrebbe comportare un uso spregiudicato dei mezzi per acquisire il consenso, ma in modo più asettico ""bene dicendi scientia"", e sottolinea la lucidità con cui l'autore, senza dissimulare la molteplicità delle prospettive e delle ipotesi, dibatte i problemi tecnici controversi proponendo soluzioni dettate dall'equilibrio dall'esperienza.Si tratta di considerazioni da sottoscrivere senza riserve, che pare opportuno integrare con un accenno alla concezione della lingua - per così dire la materia prima dell'oratore - che emerge dall'"institutio".
Ostile ai precetti codificati dalle scuole grammaticali, che mortificano la libertà del parlante, Quintiliano attribuisce funzione di norma non alle componenti sistematiche e razionali del linguaggio, "analogia "ed" etymologia", ma alla "consetudo", per altro intesa non come il divenire linguistico spontaneo e incontrollato ma identificata con il "consensus eruditorum", e perciò disciplinata dall'approvazione dei competenti. E di fronte alle prime manifestazioni della moda arcaizzante Quintiliano, pur riconoscendo il valore esemplare della tradizione letteraria anche più remota, i cui modi espressivi conferiscono all'enunciato una sorta di sacralità, raccomanda di astenersi dall'imitazione degli "auctores" e in particolare dei "veteres" negli aspetti che ostacolano sotto il profilo morfosintattico o semantico l'immediata decifrabilità del messaggio.

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Conosci l'autore

(Calahorra, Spagna, 35 ca - Roma 95 ca d.C.) scrittore latino. Educato a Roma alla scuola di illustri maestri di eloquenza, esercitò in Spagna l’insegnamento e l’avvocatura con notevole successo, finché nel 68 Galba, divenuto imperatore, lasciando il governo della Spagna, lo ricondusse a Roma. Per il grandissimo prestigio ottenuto come avvocato e soprattutto come insegnante, Q. fu il primo maestro di retorica stipendiato dallo stato: un incarico (conferitogli da Vespasiano nel 70 ca) che egli tenne per 20 anni. Fra i suoi numerosi allievi ebbe Plinio il Giovane e, forse, Tacito. Tra il 90 e il 92 ca compose in 12 libri le Institutiones oratoriae, pubblicate verso il 95 e pervenute integre: l’ultimo e insieme il più ampio e organico trattato di retorica dell’antichità. Perduto è invece un suo...

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