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Anno edizione: 2023
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Il punto di partenza dell’argomentazione di Böckenförde, che risale al 1964, è il principio secondo il quale «Lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non può garantire», una tesi che, considerando il periodo storico in cui venne formulata, si rivolgeva, in primo luogo, direttamente ai credenti, come esortazione a impegnarsi maggiormente, con un rinnovato impegno laico, nella vita politica del proprio paese, infatti l’evoluzione di questo percorso non può che essere considerato tutto l’impianto del Concilio Vaticano II, al quale Böckenförde guarda con interesse. In secondo luogo, l’autore si rivolge agli studiosi di questioni politiche poiché intende avviare una riflessione generale sui rapporti tra Stato e Religione, al fine di comprendere cosa può tenere insieme la società civile, su quali valori comuni si può fondare la democrazia pluralista e come la credenza religiosa potrebbe recuperare la dimensione politica, temi che impegneranno poi Habermas e Ratzinger. La conclusione cui giunge Böckenförde è che lo Stato non può darsi un’ideologia propria, altrimenti modifica la sua istanza primaria, che è quella di essere garante delle libertà, ma non può nemmeno veicolare un sistema oggettivo di valori, perché i valori, questo è il punto centrale dell’argomentazione dell’autore, pare attingano tutti ed esclusivamente ad un ambito che è religioso, per cui la morale e l’etica sociale diventano variabili della sola religione. Al tempo stesso, emerge in filigrana la consapevolezza che la libertà, di cui lo Stato è diventato garante, non è che la realizzazione più concreta del sistema di valori cristiano nel momento in cui esso prende le distanze da qualsiasi forma di istituzionalizzazione della fede.
La proposta teorica -provocante e ottimamente argomentata- che ha aperto un dibattito tra i più importanti degli ultimi decenni in quel delicato campo di confine che separa e unisce cristianesimo e politica.
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