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Fuoco fatuo - Willem Elsschot - copertina
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Descrizione


Una piovosa sera di novembre Frans Laarmans, ironico alterego dell’autore alla sua ultima apparizione letteraria, trova, nel porto di Anversa, tre marinai afgani alla ricerca di una ragazza conosciuta quel giorno a bordo della loro nave. Piove e fa freddo, ma l’esotico incontro fa scattare in Laarmans il represso desiderio di trasgressione e di fuga dalla monotonia di una vita regolata da norme accettate a malincuore, di un conformismo che gli va stretto, ma al quale pigramente si adatta, preferendo, all’aperta ribellione, uno sveviano ricorso all’ironia e allo sdoppiamento. Accetta di accompagnarli mosso dall’inconfessata speranza di un’avventura galante, ma in fondo è soprattutto l’avventura tout court che l’attrae, l’occasione di una serata in compagnia di gente finalmente diversa da quella con cui è costretto a passare tutti i suoi giorni, lontano dalle pantofole e dal focolare di casa, dove “se non legge il suo silenzio raggela i familiari”. E il banale vagabondare notturno alla caccia di una ragazza del porto che ha lasciato l’indirizzo sbagliato assume ai suoi occhi i toni epici di un vano inseguimento dell’eterno femminino e subisce la metamorfosi in un religioso pellegrinaggio di Magi sulle tracce di una misteriosa Maria, guidati non dalla luce della cometa, ma dalla fuggevole illusorietà di un fuoco fatuo. Ma le parole hanno un loro potere e l’errabondo cammino “con uno scopo impuro e uno stomaco vuoto”, trasformato nelle tappe di una “via Crucis”, porta comunque alla rivelazione della tolleranza e alla scoperta dell’amicizia e della fratellanza con gente di un’altra razza e di un altro colore. Quanto al resto, forse è meglio così, meglio tenersi le proprie illusioni, perché “i sogni che si realizzano scorrono via come acqua tra le dita”.
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Dettagli

1993
1 gennaio 1993
76 p., Brossura
9788870910322

Voce della critica


scheda di Baggiani, A., L'Indice 1993, n. 9

Ecco un 'divertissement' di uno scrittore fiammingo, Alfons de Ridder il suo vero nome (1882-1960), quasi uno scrittore della domenica ma con molte frecce al suo arco, come ci dice l'esauriente prefazione. Scritto in prima persona, a sfondo chiaramente autobiografico, il romanzo è un'ironica divagazione con avventure che finiscono per essere in realtà solo cartacee. La disponibilità dell'autore a "dare una mano" a tre ignari afgani, incontrati per caso, nella ricerca di una fantomatica ragazza, Maria, il cui indirizzo è segnato su un pacchetto di sigarette, lo condurrà in una piacevole peregrinazione tra i quartieri malfamati della città - Anversa - tra incontri curiosi o spiacevoli ma sempre interessanti. Soprattutto per uno che, a casa, si annoia. Ma d'altri tempi è il garbo degli stranieri, affratellati all'amico da una stessa abitudine alla civiltà, e a un'educazione, anche qui, d'altri tempi; sicché la ricerca, che si colora anche di insoliti toni mistico-liricheggianti (le variazioni sul nome di Maria), lasciando ignota la sconosciuta, il "fuoco fatuo" appunto, rivela però, tra una battuta e l'altra, e con molta ironia, le parentele tra mondi così diversi. E, forse non a caso, una certa affinità con altri illustri vagabondaggi, da quelli del "perdigiorno" alle passeggiate di Walser.

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Conosci l'autore

Willem Elsschot

(Anversa 1882-1960) scrittore belga di lingua fiamminga. Scrisse poesie, novelle e romanzi (Villa des Roses, 1913; Imbrogliare, 1924; Pensione, 1937; Il fuoco fatuo, 1946), nei quali mette in ridicolo il duro arrivismo dei ceti mercantili e descrive con ironia abitudini e mentalità della piccola borghesia.

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