Nel dicembre del 1994, una truppa delle forze armate della Federazione Russa è di stanza in un villaggio del Caucaso con l’obiettivo di placare i separatisti ceceni. Da quelle montagne, dove i clan la fanno da padroni e la guerra minaccia di schiacciare ogni speranza di libertà, Nura sogna di fuggire. Ha diciassette anni, ed è bellissima. Una notte, davanti agli occhi di un giovane soldato, testimone e forse complice, la ragazza cecena è vittima di una feroce violenza. Vent’anni dopo, quel soldato idealista che si rifugiava nella letteratura è diventato il Generale, un uomo dal cuore duro e dal pugno di ferro che ha scalato i ranghi della società russa fino a diventare un ricchissimo oligarca e a disporre di tutto il potere che gli serve. Un giorno, mentre sfreccia per le strade di Berlino, vede la Gatta e ne rimane fulminato: ai suoi occhi, l’attrice di origine georgiana è una spaventosa copia di Nura. In quell’istante, il Generale decide che è arrivato il momento della resa dei conti. Ora potrà finalmente riportare ordine in una vicenda che ha segnato la sua vita, mettendo a tacere il ricordo della più crudele delle notti. L’oligarca russo e l’attrice di Tbilisi, che un giornalista incaricato di raccontare tutta la storia ha fatto incontrare, arrivano così a intrecciare i loro destini in un gioco fatale. Come nel suo celebre romanzo "L’ottava vita (per Brilka)", e poi ancora nella "Luce che manca", ispirandosi alla testimonianza sulle guerre cecene di Anna Politkovskaja, Nino Haratischwili torna a guardare negli abissi che si celano sotto le macerie dell’impero sovietico e, in un racconto carico di tensione, narra della guerra sul campo e nelle menti delle persone, di delitto e castigo, di crimine ed espiazione, di vendetta, tradimento, morte e amore. Narra soprattutto del desiderio di redenzione, perché nessuno può togliere la colpa a qualcun altro, nessuno può, così semplicemente, cancellarla.
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