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Anno edizione: 2008
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Da elogiare l'autore per la minuziosa dovizia di particolari storico-religiosi con frequenti riferimenti ai testi sacri e non. I tanti particolari però, si sa, appesantiscono la lettura. Da consigliare a chi vuole approfondire davvero l'argomento e non a chi desidera una lettura leggera e piacevole. Ho smesso di leggerlo dopo le prime 200 pagine.
L'autore ha scritto questo tomo per esporre la sua tesi: che il cristianesimo delle origini non era altro che il gruppo degli Esseni di cui si sono trovati i rotoli a Qumran sul Mar Morto, che Paolo di Tarso, oltre che essere un collaborazionista romano, era parente di Erode e nemmeno ebreo, e che Giacomo, fratello di Gesù in quanto figlio di Giuseppe e Maria, era il vero capo della chiesa cristiana primitiva, e una figura molto più importante di Gesù stesso. Si potrebbe immaginare che tutto questo derivi dalla lettura dei rotoli di Qumran; invece gli accenni ad essi sono rari e così generici che potrebbero andare bene per tutto. Le fonti usate sono quelle già note: il Nuovo Testamento, le opere dei padri della Chiesa e quelle di Giuseppe Flavio, nelle quali Eisenman sceglie le parti che gli interessano, decide autonomamente che dei nomi diversi indicano in realtà la stessa persona, sorvola sul fatto che Giacomo dovrebbe avere trent'anni più di Gesù, ritarda di quasi un secolo la redazione degli Atti anticipando contemporaneamente le lettere paoline, e crea così il proprio puzzle personale. Ma tutto ciò non sarebbe poi così male, se Eisenman si fosse limitato ad affermarlo <b>una</b> volta, e avesse scritto un agile libretto da 150 pagine. No, ogni affermazione è ripetuta tre, quattro, cinque volte, forse sperando che il lettore accetti le sue supposizioni per stanchezza o abitudine. E questo per me è un peccato mortale, che cancella anche gli spunti interessanti sul tipo di messianesimo della comunità ebreo-cristiana di Gerusalemme. Questo è insomma uno dei casi in cui i libri condensati della fu Selezione dal Reader's Digest sarebbero stati utili!
A parte il difetto di essere un libro fortemente dispersivo (con un miglior criterio espositivo si sarebbero potute risparmiare almeno 200 pagine), quel che lascia perplessi è la grande facilità con cui l'autore si lascia andare ad ipotesi che talvolta hanno del fantasioso. Se la manipolazione in senso paolino degli Atti può essere in linea generale assunta come dato di fatto (effettivamente il ruolo riservato a Giacomo è irrisorio, se confrontato con la rappresentazione fornitaci dalle fonti extrabibliche) tuttavia non vedo perchè, ad esempio, la storia di Stefano Martire debba essere assimilata a quella dell'uccisione di Giacomo (episodi certo analoghi ma forzatamente accostati dall'autore) oppure perchè si debba procedere in modo analogo nel caso dei processi per bestemmia intentati contro Gesù e Giacomo (si arriva ad assimilare episodi che differiscono in ogni particolare, cfr. p. 305). Per non parlare dell'identificazione di Giacomo con il Maestro di Giustizia di Qumran; l'ipotesi, ammettiamolo, funziona, ma si basa su una premessa tutt'altro che certa; solitamente i rotoli del Mar Morto sono per gran parte datati al secondo sec. a.c. Il criterio interno, invocato dall'autore a p. 89 è certo buona cosa, ma non può da solo spiegare tutto senza cadere nell'autoreferenzialità. Inoltre l'uso delle fonti extrabibliche sembra esageratamente sbilanciato (dal momento che l'autore si serve di fonti, anch'esse di parte, senza discuterne approfonditamente il valore). Tutto sommato il libro solleva però questioni interessanti (il nazireato di Giacomo, la forte contrapposizione tra i discepoli di Gerusalemme e Paolo, la manipolazione degli Atti e molte altre)ma sembra che al momento di avanzare delle ipotesi l'autore corra un po' troppo, apparendo fermamente convinto di cose che, se anche hanno dignità di essere esposte all'attenzione del pubblico specialista e non, tuttavia andrebbero presentate con molta più cautela.
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