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Il giardino degli inglesi
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Il giardino degli inglesi - Vladimiro Bottone - copertina
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giardino degli inglesi

Descrizione


Con una prosa scorrevole e avvolgente, capace di ricostruire impeccabilmente gli usi e i costumi della società napoletana dell’epoca, Vladimiro Bottone ha scritto una storia che è un perfetto connubio tra romanzo storico e noir d’atmosfera, consegnando al lettore il ritratto di una Napoli ottocentesca dalle tinte fosche, pericolosa e affascinante come la Londra di Dickens.

«Corruzione, avidità e brama di potere, ma anche senso del dovere, onestà e passione, superstizione e gioco. Un libro che ti fa riflettere e ti fa andare a fondo in una questione, anche se può risultare pericolosa e scabrosa» - la Repubblica

Napoli, 1842. Sopra l’ospedale degli Incurabili il cielo è sulfureo come il Giorno del Giudizio la mattina in cui Gioacchino Fiorilli, Commissario di Primo rango presso il quartiere di San Lorenzo, apprende che il nome di Peter Darshwood è nell’elenco dei decessi delle ultime ore. Il giovane inglese era giunto da poco a Napoli per piangere la sorella Emma, scomparsa cinque mesi prima in circostanze altrettanto drammatiche. Nemmeno il tempo di ambientarsi in città che la morte, dopo una violenta aggressione, lo ha sorpreso in un vicolo buio. Napoli non ha avuto misericordia dei due giovani Darshwood, che vengono sepolti nel cimitero acattolico, quel cimitero degli inglesi tenuto come un giardino che, dopo l’omicidio della bella Emma Darshwood, il Commissario Fiorilli ha imparato a conoscere siepe per siepe, iscrizione per iscrizione. Dell’uccisione dell’insegnante di canto nell’orfanotrofio del Serraglio è stato accusato il Comandante della disciplina dell’istituto, Michele Florino, un uomo che tutti dicono invaghito della giovane inglese e diventato così privo di senno da non sopportarne il rifiuto. Il Commissario Fiorilli, tuttavia, non cessa un istante di pensare che dietro al duplice omicidio si nasconda in qualche modo la mano dell’ex medico del Serraglio, Domenico De Consoli, un uomo avvenente e carismatico ma anche sinistro e imperscrutabile. Il caso viene, tuttavia, chiuso quando la polizia rinviene gli effetti personali di Peter Darshwood nell’appartamento di un quartiere popolare napoletano. Peter – concludono le indagini – è stato vittima di una rapina ed Emma di un innamorato deluso. Fiorilli getterebbe la spugna se non giungesse a Napoli un terzo Darshwood: il padre Edward, schiacciato dai rimorsi per la morte prematura dei figli, e a conoscenza di alcune circostanze e dell’esistenza di un fascio di lettere di Peter che potrebbero gettare nuova luce sull’intera vicenda.
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Dettagli

2017
6 aprile 2017
398 p., Brossura
9788854514171

Valutazioni e recensioni

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Mila
Recensioni: 4/5

Bello e avvincente da leggere, per fortuna che c'è Vladimiro Bottone! Questo seguito di Vicaria ha un unico difetto, non è altrettanto avvincente, forse perchè conosciamo già la storia, gli intrighi, il carattere dei personaggi. Insomma mancano la sorpresa e l'incanto del primo libro. Comunque un gran buon testo che riconcilia con la letteratura. Da aspettare il seguito dato che sembra inconclusa la storia?

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Recensioni

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Voce della critica

È raro immedesimarsi a tal punto in uno scenario da riuscire a visualizzare distintamente i contorni dei luoghi, e sentirne gli odori con naturalezza, come accadrebbe se si facesse un salto nel passato e ci si lasciasse accogliere dalla Napoli dell’Ottocento. Il giardino degli inglesi è il medium ideale per un’esperienza sensoriale tanto umana e scontata quanto necessaria e urgente, soprattutto in un’epoca nella quale anche la percezione è a rischio d’inautenticità. Ma c’è qualcosa d’altro. Vladimiro Bottone ha deciso di giocare due carte importanti all’interno di questo romanzo: da una parte quella della versatilità, con una narrazione che è sia continuazione del precedente Vicaria (2015), sia dispositivo testuale in sé compiuto, dall’altra quella della mescidanza dei generi. Infatti, su una base di crudo realismo, dove non sembra esserci scampo al male, si innestano il noir dell’indagine poliziesca, che l’assommarsi di prove apparenti e false testimonianze rende sempre più intricata, e un tocco di feuilleton, grazie ai travagliati intrecci sentimentali, ai limiti dell’incestuoso. La Napoli raccontata da Bottone deve molto alla Londra dickensiana, con un plus di mistero e ambivalenza: mentre i protagonisti delle vicende occupano i due estremi della piramide sociale, i ricchi e i poveri, a loro volta rispettivamente scissi tra probi e disonesti, il deus ex machina (o che potrebbe essere tale) è un personaggio mediano – il commissario Gioacchino Fiorilli – acuto e razionale, determinato a far emergere la verità dal magma vischioso di prove discordanti, indizi occultati e testimonianze inascoltate. L’incertezza con cui Fiorilli procede nelle indagini, destreggiandosi con difficoltà nel labirinto dei fatti, il suo disorientamento, si riverberano a livello narrativo sulla struttura del romanzo, frammentata in brevissimi capitoli disposti in un ordine apparentemente agerarchico, inizialmente quasi indipendenti: ciascuno di essi segue le azioni di un personaggio o ne ripercorre le vicende passate, racconta un fatto o ne descrive le conseguenze senza considerare la vicenda nel complesso. Quando Fiorilli (e il lettore con lui) non sa più raccapezzarsi tra prove e contro-prove, ricorrere al proprio buon senso e alla propria sensibilità è l’unico modo per mediare tra due estremi: la resa di fronte alla malvagità più abietta e subdola, la lotta strenua e (forse) fine a se stessa della verità senza veli né riserve.

Recensione di Chiara Dalmasso.

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Una Napoli diversa da quella che sono abituata a ricordare, diversa dalla Napoli chiassosa e colorata che siamo abituati a immaginare. La Napoli della metà dell’800, che fa da sfondo alla vicenda de Il giardino degli Inglesi è una città spesso silenziosa, lugubre e buia in cui si incontrano personaggi appartenenti a culture, paesi e ceti sociali molto diversi tra loro.

Vladimiro Bottone crea un intreccio complicato di rapporti a volte ambigui, alcuni di una tenerezza struggente, con i bambini in primo piano: vittime della povertà, dell’indifferenza, della cattiveria degli adulti che paiono ignorarli o usarli, ma non vedere la loro sofferenza. L’autore spazia così dalle ipocrisie e dalle perversioni della aristocrazia napoletana, agli intrighi del mondo accademico a cui fanno da contraltare i membri della borghesia vittoriana inglese che, per svariati motivi, il destino ha portato a convergere a Napoli, a diventare vittime e salvatori, a trovarsi legati a doppio filo ad una vita diversa e a trovare la felicità, la morte e l’amore così lontano dal loro mondo.

Una storia di egoismi e perversioni, miseria e redenzione, un affresco storico a tinte noir che immerge il lettore in un’atmosfera nebbiosa che ricorda quella londinese, descritta con un linguaggio delicato, che colpisce per la sua ricchezza: concreto, ma allo stesso tempo elegante, a tratti forbito, ma mai pomposo o eccessivamente desueto. A mio parere lo stile di per sé è già un ottimo motivo per leggere questo romanzo che fa venire voglia di leggere il precedente a chi come me, non lo ha ancora fatto.

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Conosci l'autore

Vladimiro Bottone

1957, Napoli

Vladimiro Bottone, nato a Napoli nel 1957, vive e lavora a Torino. Ha pubblicato i romanzi L’ospite della vita (1999, selezionato al Premio Strega 2000), Rebis (2002), giunto alla seconda edizione, Mozart in viaggio per Napoli (2003), Vicaria (2015) pubblicato da Rizzoli e Non c'ero mai stato (Neri Pozza, 2020).Collabora alle pagine culturali de "Il Corriere del Mezzogiorno” e de "L'Indice dei libri del mese".

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