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Tutta l'opera di Racine, incentrata, dietro lo schermo della finzione poetica, su temi trasgressivi, ci pone di fronte alle contraddizioni del teatro francese classico: in teoria dominato dalla ragione, dalla verosimiglianza e dalla moralità, ma sotterraneamente percorso dall'ossessione del mostruoso, del meraviglioso e dell'illecito. È proprio all'insegna del meraviglioso che si apre l'Ifigenia. La flotta greca, che dovrebbe partire alla volta di Troia, è bloccata sulla costa dell'Aulide da un'innaturale bonaccia: "Tutto dorme, e i venti, e l'armata, e Nettuno". La volontà degli dei si rivela attraverso le crudeli parole di un oracolo: soltanto il sacrificio dell'innocente Ifigenia, figlia di Agamennone, potrà porre fine a quel "sonno" fatale. Nella tragedia di Euripide a cui Racine si ispirò, un miracolo risolveva la situazione: interveniva Artemide, che sostituiva alla principessa, come vittima sacrificale, una cerbiatta. A questa soluzione fiabesca, Racine preferì un intreccio dai risvolti ambigui: accanto alla protagonista Ifigenia, innamorata di Achille e da lui amata, collocò un'altra figura femminile, la tenebrosa Erifile, divorata dalla gelosia e dal risentimento. Il sangue reclamato dall'oracolo è in realtà quello di Erifile, che porta, all'insaputa di tutti, lo stesso nome di Ifigenia, ed è una sorta di double malefico della candida principessa. Dopo aver vanamente cercato di perdere la sua rivale, Erifile si immolerà in preda a una violenta rabbia autodistruttiva, mentre i venti riprenderanno a soffiare permettendo la partenza della flotta greca. L'introduzione della curatrice di quest'ottima edizione permette a un tempo di collocare storicamente il testo di Racine, scritto in competizione con le coeve tragedie in musica di Quinault e Lully, e di coglierne tutta la suggestiva e inquietante complessità. Mariolina Bertini
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