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A 25 anni dalla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, un gruppo di giornalisti ripercorre la vicenda raccontando alcune delle verità fino ad ora taciute.
Non solo un duplice omicidio in un paese in guerra come affermato da Carlo Taormina. Quella di Ilari Alpi e Miran Hrovatin è una esecuzione in piena regola. Ma solo adesso si sono trovate le tracce per indicare chi sapeva, chi ha visto, chi ha taciuto e ricondurre tutto a chi ha scelto e commissionato la morte dei due reporter.
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono da poco tornati al loro albergo, il Sahafi. Decidono di uscire attraversando la green line, la linea verde che dal 1991 divide in due la città. Una parte è controllata da Ali Mahdi, l’altra dal generale Aidid. Raggiungono l’hotel Amana e ci rimangono solo pochi minuti. Appena ripartiti, alle ore 15:00, una macchina con a bordo un commando composto da uomini somali blocca il fuoristrada nel quale stanno viaggiando l’inviata del Tg3 e il suo operatore. Pochi secondi e scoppia l’inferno. Sopravvivranno solo l’autista e l’uomo di scorta a bordo del fuoristrada Toyota. Miran viene trovato morto ma Ilaria è ancora in vita. L’imprenditore italiano Giancarlo Marocchino e alcuni suoi uomini li portano al porto vecchio di Mogadiscio dove un medico militare tenterà di prestarle le prime cure, ma invano. È il punto di non ritorno, la verità non dovrà mai uscire fuori. Almeno fino ad oggi.
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Sono trascorsi trent’anni dall’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. In questo libro, edito nel 2019, un gruppo di giornalisti ripercorre la vicenda raccontando anche alcune verità finora taciute. In particolare si afferma un fatto incontrovertibile: il duplice omicidio di Mogadiscio è diventato un delitto di Stato. Non perché deciso a tavolino dai vertici politici, o istituzionali del nostro Paese. Tutti gli elementi indicano che l’eliminazione di Ilaria e Miran è stata decisa in fretta, e non tanto sulla base di ciò che Ilaria Alpi sapeva per certo, quanto su ciò che avrebbe potuto acquisire. Viene probabilmente decisa in Somalia, velocemente, da figure per lo più somale, ma molto “italiane” per contiguità di rapporti, affari, relazioni di malaffare. Ebbene sì, dietro il duplice delitto c’è stato un complotto. Infinita gratitudine per questi giornalisti che sono riusciti a realizzare un’inchiesta grazie alla quale oggi sappiamo quasi con certezza chi sono i mandanti e il movente del duplice omicidio. Estratto dalle Conclusioni:" Il lavoro di Ilaria e Miran è stato come lanciare una pietra in un formicaio. E' stata una minaccia concreta alla stabilità di un sistema in cui girava un mucchio di soldi: quelli degli sperperi miliardari della cooperazione allo sviluppo, quelli dei traffici di rifiuti e armi…La Somalia del 1994…Era la terra di tutti. Di tutti i traffici internazionali che possiamo immaginare. Un territorio senza legge e senza stato in un'area strategica per tutto il continente...Un'area in cui si era impiantato un sistema di equilibri tra interessi diversi e inconfessabili che ha avuto e ha ancora paura di essere esposto, decifrato, compreso. Insomma, il lavoro di Ilaria e Miran...ci avrebbe aperto un mondo che…doveva restare invisibile. E allora non possiamo archiviare. Dobbiamo chiedere che si vada fino in fondo, qualunque sia la verità."
Un libro, a differenza di altri che spiega in modo impeccabile gli eventi di quel caso ponendo riflessione continua sul sistema investigativo istituito per la ricerca della verità...
x sapere la verità basterebbe aprire gli archivi dei servizi segreti italiani... quando in Italia nn c saranno + i servizi deviati, nn c sarà + l'Italia!
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