In Heaven

Quando lo abbiamo lasciato al suo debutto, “Nashville Dreams”, Dick Stusso emanava un’aria da perdente. Era affabile, rubicondo dall’alcol, intento a scroccare sigarette, trangugiare tutto il vino bianco e i cocktail di gamberi su cui riusciva a mettere le mani. Ma oggi, dopo due anni, i fatidici 30 sembrano aver fatto una breccia nella mentalità di Dick. Con il suo secondo album in studio, “In Heaven”, Stusso ha ripreso in mano la sua vita. Senza cadere nella pomposità, Dick si è rimesso in carreggiata, e tutto ciò si riflette anche nel sound del disco, così sicuro di sé e diretto. “Avevo ormai completato il 75% del mio disco quando il mio appartamento è stato svaligiato” spiega Stusso sulle tormentate origini di “In Heaven”. “Hanno preso tutto”. Avendo registrato quasi esclusivamente su nastro, non c’erano file da cui ripartire. Ma ciò che sembrava un nuovo ostacolo per Dick è diventato un’opportunità. Ha iniziato una collaborazione con il visionario produttore psych Greg Ashley e hanno ricreato il sound di “In Heaven” in una vecchia chiesa sconsacrata. Grazie al suo abile cantautorato, che include un’ampia sezione centrale ambient per farvi pensare al Nulla, Dick è riuscito a smontare sia il capitalismo che tutto le sciocchezze legate alla mortalità umana, senza dare voce a ciò che invece si vocifera.