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Storia vera di una bambina forte e coraggiosa. Assolutamente da leggere, lo consiglio
Tutti dovrebbero leggere testimonianze di persone come Malala per capire meglio dinamiche spesso sottovalutate e erroneamente ritenute troppo lontane da noi per interessarci. Il libro fornisce informazioni importanti tanto sulla sua vita quanto sulla situazione politica del suo paese. Acquistatelo se credete che l'istruzione delle bambine sia fondamentale e che vada garantita, e anche se la pensate diversamente(per potervi ricredere!).
Bel libro, ben scritto e interessante.
Recensioni
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Oh Malalai di Maiwand
Levati ancora per far capire ai pashtun il canto dell’onore,
Le tue parole poetiche fanno girare il mondo,
Ti prego levati ancora.
Sono le parole del famoso poeta Rahmat Shah Sayel, di Peshawar. Il padre di Malala si era ispirato a questa canzone quando aveva scelto il suo nome. Un nome che significa “oppresso dal dolore”. Nascere donna, in Pakistan, non è una gran cosa, di solito i genitori prendono molto male la notizia e nessuno se ne congratula. Eppure Malala era nata in una dei posti più belli del mondo, la valle dello Swat, un giardino fatto di montagne, cascate e laghi d’acqua. Posta per molto tempo sotto il protettorato inglese, la valle dello Swat era stata annessa al nascente stato del Pakistan nel 1969, uno Stato che sarebbe diventato negli anni sempre più assoggettato ai “veri principi dell’Islam”. Fu sotto il comando del generale Zia, posto a capo dell’esercito dal primo ministro Bhutto durante guerra fredda, che le popolazioni pashtun imposero il jihad, la guerra santa, come sesto pilastro della religione.
Oltre a nascere in uno dei luoghi più belli e rigogliosi del mondo, Malala ebbe un’altra grande fortuna durante la sua infanzia. Suo padre aveva avuto la possibilità di studiare e aveva vissuto in prima persona quella magnifica stagione di grandi ideali liberali che era iniziata nel 1988. Era stata l’elezione di Benazir Bhutto, prima donna eletta come Presidente del parlamento e figlia del deposto primo ministro Zulfiqar Ali, a gettare un seme di progresso e di coraggio nella mente di tanti uomini e donne del Pakistan.
La storia contenuta in queste pagine coinvolgenti e a tratti struggenti, è la storia di una bambina, della sua famiglia, ma anche del suo travagliato Paese. Un lembo di terra precipitato, dopo la destituzione di Benazir Bhutto da parte della Lega Musulmana, sotto il dominio dei talebani. È la storia di un’epoca buia che ha interessato non solo il Pakistan ma anche molte altre regioni mediorientali, dove le donne vengono costrette a vivere ai margini della società. Per fortuna Malala cresce in una famiglia speciale: mentre sua madre segue alla lettera il Corano, occupandosi da sola dei figli e della casa ed evitando di uscire di casa e parlare con gli uomini, suo padre continua a ripeterle: “Tu, Malala, sarai libera”.
Il seme gettato crebbe forte e rigoglioso nell’animo di quella bambina. Dice Malala “i talebani ci portarono via prima la musica, poi i Buddha, e poi la nostra storia” e poi ancora “era la scuola ad aiutarmi ad andare avanti in quei momenti difficili”. È in quegli anni che inizia la storia eroica della bambina pakistana: un amico di suo padre, Abdul Hai Kakar, corrispondente radiofonico della BBC con sede a Peshawar, sta cercando un’insegnante o una studentessa che voglia scrivere un diario per raccontare la vita sotto i talebani, per mostrare il lato umano della catastrofe che si sta compiendo nello Swat. È così che, all’età di 11 anni, Malala inizia a denunciare la politica dei talebani attraverso il suo blog in urdu.
Nel 2011, come riconoscimento per il suo impegno in favore delle donne, riceve il Pakistan’s National Youth Prize. Il 9 ottobre 2012, alle ore dodici, mentre si trova nell’autobus che la riporta a casa dopo la scuola, un uomo sale a bordo e le spara in faccia lasciandola in fin di vita. Anche se ha appena undici anni, per i talebani è colpevole di aver gridato al mondo il suo desiderio di leggere e di studiare. Nessuna denuncia, nessun filmato volto a smascherare la brutalità del regime talebano è più efficace della miracolosa guarigione di Malala che, trasportata d’urgenza in Inghilterra, viene letteralmente riportata alla vita. Il suo discorso alle Nazioni Unite e la candidatura al Premio Nobel per la pace l’hanno resa il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere.
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