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Sin dal Settecento l’Italia è stata l’obiettivo prioritario del cosiddetto Grand Tour, che attraverso vari paesi europei vedeva nella nostra penisola, custode della tradizione classica, l’approdo di intellettuali, letterati e artisti. Anche Friedrich Carl von Savigny – fondatore della scuola storica del diritto – tra il 1810 e il 1834 effettuò vari viaggi di ricerca e di studio nel nostro Paese. Solo di recente è stato riscoperto, nella biblioteca dell’Università di Marburgo, un gruppo di manoscritti concernente la Italienische Reise – il viaggio in Italia – di Savigny. L’analisi di questi scritti permette di ripercorrere alla luce di nuovi dati l’itinerario del giurista tedesco, e attraverso di esso di approfondire lo stato dell’insegnamento del diritto in alcune università, in connessione con lo sviluppo della scienza giuridica contemporanea.
L’intento primario di Savigny durante i viaggi in Italia era polarizzato sullo stato degli studi e del pensiero giuridico; ma concentrandosi – coerentemente alla sua esperienza tedesca – sulle istituzioni universitarie, finiva col non percepire, o forse neppure concepire, che i centri più vitali della scienza giuridica italiana del primo Ottocento si trovavano al di fuori delle università: nelle accademie, nei centri culturali e nelle scuole private di diritto.
Alla luce di queste considerazioni l’autrice cerca di tracciare un costante confronto tra le reazioni e valutazioni soggettive del maestro tedesco e la concreta realtà della situazione italiana, e di chiarire in quale misura in che modi venne da noi recepito il pensiero e il metodo di Savigny. Emergono così figure di giuristi che, nonostante le personalità dissimili e la frantumazione politica del nostro Paese, mostrano un’omogeneità assai maggiore del previsto e segnano solchi vitali sui quali si impianterà la futura dottrina, permettendo alla scienza giuridica postunitaria di crescere e svilupparsi.
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