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Dettagli

1998
1 gennaio 1998
140 p., ill.
9788880120797

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Debora
Recensioni: 4/5

Monografia molto utile per chi voglia scoprire di più su un grande regista, sceneggiatore e cineasta come James Cameron. La scrittura è scorrevole e l’analisi del soggetto è curata molto bene. Personalmente ho letto questo libro in funzione della mia tesi di Laurea, riscontrando informazioni molto utili ai fini della mia ricerca. Lo consiglio agli amanti del cinema di Cameron e a chiunque voglia approfondire le tecniche e le peculiarità di uno dei registi di maggior successo al mondo.

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f.
Recensioni: 4/5

Ottima e suggestiva monografia, strutturata sviluppando un discorso complessivo sul cineasta, anzi che procedere nell'analisi opera per opera. Interessanti in particolare i capitoli sull'attrazione e la fobia per la tecnologia, sulla donna e soprattutto sul legame con il postmoderno in relazione alla poetica sensuale e "oscena" del tutto visibile e alla correlata difficoltà di cogliere la sostanza dell'oggetto e di difendersi dallo stesso (vedi il Terminator) coerentemente con l'attuale, sempre più invasiva e seduttiva, civiltà merceologica dell'immagine. Unica pecca, a parte forse la non sempre immediata evidenza della scrittura, è la non inclusione nell'analisi per nuclei tematici del film Titanic, cui comunque viene dedicato un appendice nel finale. Mi piacerebbe poi fosse disponibile anche il volume su Cameron curato da Gariazzo: James Cameron. Abissi di amore, desiderio e tecnologia

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Voce della critica


recensione di Marangi, M., L'Indice 1998, n. 6

Dopo la notte degli Oscar, James Cameron non è più uno sconosciuto. Visivamente, permane la sua immagine di baldanza e sfida, mentre stringe con forza le sue personali tre statuette appena vinte (miglior film, regia, sceneggiatura), segno tangibile del successo di un'impresa che appariva per molti versi impossibile: coniugare la più melodrammatica storia d'amore con le tecnologie digitali più avanzate, far seguire al record delle spese di produzione di un film quello degli incassi, mettere d'accordo milioni di spettatori e la quasi totalità della critica, rendere realisticamente una tragedia del 1912 facendone altresì un evento simbolico di fine millennio.
Per conoscere meglio Cameron, e non perdersi nella sovraesposizione mediatica connessa al fenomeno Titanic, è però necessario andare oltre l'immagine vincente degli Oscar. In questo senso le due monografie apparse in contemporanea condividono sicuramente due pregi: il tempismo e la capacità di leggere trasversalmente e in modo approfondito l'intero "opus" cameroniano, dagli esordi a oggi.
Menarini sviluppa nella prima parte del suo libro l'analisi dei temi ricorrenti nel regista canadese - la tecnologia, l'identità, la maternità, la famiglia, le armi - e il suo ruolo in relazione al cinema americano contemporaneo e alle più recenti tendenze postmoderne, dedicando poi la seconda parte ai singoli film, con molte informazioni sulle vicende produttive. Emerge chiaramente un autore capace di coniugare il perfezionismo tecnologico e la continua ricerca di nuovi effetti speciali con l'attenzione ai personaggi e alle storie che racconta. Regista complesso, a proprio agio nelle megaproduzioni hollywoodiane, ma con l'esigenza di avere il controllo totale sul suo film; secondo Menarini "Cameron fa anche cinema inquieto, politico, ideologico, non è conciliatorio o rassicurante, rifiuta di annoiare e di adagiarsi, centrifuga riferimenti culturali tra loro inconciliabili poi li amalgama in strutture spettacolari inattaccabili".
Il testo curato da Gariazzo moltiplica programmaticamente gli approcci e stimola ulteriori letture, sfruttando al meglio l'eterogeneità dei materiali critici, sia rispetto alle analisi dei singoli film, condotte da differenti firme, sia rispetto alle informazioni di supplemento, dalle dichiarazioni del regista all'antologia critica, dalle schede sulle attività produttive ai probabili progetti futuri. Fra le altre cose si scopre che è sempre stato un avido lettore di fantascienza, con una passione particolare per autori quali Arthur C. Clarke, Robert Heinlein, Ray Bradbury, Kurt Vonnegut; che il suo film preferito di sempre è "Il mago di Oz" e che è stato letteralmente folgorato dalla visione di "2001: Odissea nello spazio" e "Guerre stellari".
Questi materiali, che non sono un semplice supporto informativo alle analisi critiche, ma un vero e proprio complemento, permettono di cogliere al meglio la centralità di Cameron nell'attuale panorama cinematografico. Panorama frastagliato e contraddittorio, ma profondamente caratterizzato dalla rivoluzione digitale, che ha messo in crisi la vocazione ontologicamente realistica della settima arte. Ora che la riproduzione del reale sembra passare sempre più attraverso la creazione del virtuale, un regista come Cameron appare indispensabile per indicare la possibilità di fare un cinema di altissimo livello tecnologico che non abdica però rispetto alla complessità narrativa e al coinvolgimento sentimentale. Efficace è la sintesi di Giona A. Nazzaro, che nel suo saggio su "Titanic" così definisce Cameron: "cineasta-architetto-ingegnere, il poeta delle macchine, che osserva gli ingranaggi di un motore e ne estrae il mondo che l'ha pensato".
Segnato da una costante ossessione per la duplicità - si tratti di coppie o dicotomie -, Cameron ha saputo costantemente interrogarsi sul binomio affascinante e inquietante che da sempre caratterizza il cinema: la dialettica tra la perfezione del dispositivo tecnologico e l'imperfetta emozione dei sentimenti umani, la cui irrappresentabilità appare a prima vista direttamente proporzionale alla loro intensità.
In questo senso in tutti i suoi i film, dai due "Terminator" a "True Lies", da "Aliens" a "The Abyss", fino ovviamente a "Titanic, "la tecnologia è effettivamente al servizio della storia, e gli effetti speciali sembrano sempre più orientati ad accrescere il realismo emotivo delle situazioni, non il meraviglioso tecnologico. Cameron sintetizza così questa sua scelta: "Le immagini digitali invaderanno il cinema in maniera sempre più pervasiva, tanto che la linea di confine tra un effetto visivo e un film di qualsiasi tipo si confonderà sino all'insignificanza. Nei miei film ho intenzione di utilizzare tutta la tecnologia a mia disposizione per realizzare i miei scopi di narratore, ma mai come fine in se stesso. La tecnologia ci permette di provare cose sempre differenti, osare terreni mai esplorati prima, dare alla gente un'eccitazione visiva sempre maggiore. Ma la tecnologia è sempre al servizio della storia".
Archiviato "Titanic", la sfida è per il terzo millennio, con un altro film impossibile. I soliti bene informati sostengono che Cameron sia già al lavoro per realizzare "Avatar", film in cui l'utilizzo della grafica digitale permetterà di sostituire completamente gli attori in carne ed ossa. Chissà se anche in questo caso i veri effetti speciali saranno i sentimenti.

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