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Karate-jutsu [titolo originale Rentan Goshin To-te jutsu] è il primo libro di karate mai scritto, escludendo il manoscritto dei precetti di Bushi Matsumura (1882), il testo sul kumite di Hanashiro Chomo (datato 1905), e il manoscritto delle Dieci Lezioni di Anko Itosu (1908). Pubblicato quando Funakoshi era appena giunto in Giappone, la prima edizione di questo libro (1922) si avvalse delle illustrazioni del pittore Hoan Kosugi (1881-1964). Le lastre originali però andarono distrutte nel terremoto di Kanto che nel 1923 devastò Tokyo. Nel 1925 Funakoshi ne ripubblicò una nuova edizione, immutata nei contenuti, ma con l’enorme differenza che fu lui stesso a posare per le foto dimostrative. Caratteristica di Karate jutsu è proprio il titolo: nel periodo 1922-1935 (anno di pubblicazione di Karate-do Kyohan, in cui per la prima volta è ufficializzato il cambiamento da “mano cinese” a “mano nuda”) il termine karate è scritto con gli ideogrammi che indicano la Cina (To). La scelta, nella versione italiana, di non conservare il titolo originale to-te jitsu o toudi jitsu, va ascritta senz’altro alla poca familiarità dei nostri lettori con la terminologia okinawense originale del karate. Funakoshi dimostra i kata Pinan-shodan (che poi diventerà Heian-nidan), Naihanci shodan (Tekki-shodan) e koshukun (Kanku-dai). Sono commentati e spiegati per intero, con illustrazione fotografica solo dei passaggi più significativi i kata pinan, naihanci nidan e sandan, seishan (Hangetsu), Passai (Bassai-dai), Wanshu (Enpi), Chinto (Gankaku), Jitte, Jion. I nomi sono ancora quelli okinawensi. Il valore di To-te jutsu sta non solo nelle foto di Funakoshi (lo Shotokan è ancora lontano), ma nell’insegnamento profondo contenuto nell’introduzione: il karate pian piano abbandonava la sua veste di arte omicida relegata ad Okinawa,veste scomoda da cui Funakoshi cerca subito di prendere le distanze, per diventare una disciplina marziale sempre mortalmente efficace ma anche e soprattutto spirituale, degna di entrare a far parte del Budo giapponese.
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