Salvo Zappulla I ladri di sogni romanzo e testo teatrale LETTERATURA: Salvo Zappulla: “I ladri di sogni” 25 agosto 2010 di Maria Antonietta Pinna Di cosa sono composti i sogni? Impalpabili, fluttuanti sulle palpebre stanche, viaggiano nel liminare, nel subcosncio, ad un livello profondo, lunare, notturno, in parte inattingibile, fatto di nebbie e contrasti, misteri, assurdità e trame fitte di desideri inespressi, di pulsioni vive e ribelli all’attività censoria esercitata dal concreto mondo ragione. Sogno, simbolo, radice di vita e spesso, per fortuna ribellione alla stessa, al suo grigiore monotono. L’uomo è una creatura indifesa, per quanti beni possa accumulare, è sempre fragile, nudo e tremante in balia della sorte. Non c’è oro che colmi l’angoscia, non c’è argento che plachi l’ansia del non-esserci. Burattini. Non siamo nulla nell’economia generale dell’Universo, puntini, entità facilmente sostituibili, possiamo morire da un momento all’altro per un banale qualsiasi motivo. Nessuno è indispensabile. Anche oggi, nell’era tecnologica, immagini su immagini riversate su di noi, di tutti i colori, affreschi e illusioni, oggi che si acquista qualsiasi cosa con un pezzo di carta, la carne conosce la putrescenza, la morte non può essere amica della sua transeunte bellezza. Bellezza? A che serve? A farci sognare. Ma il sogno che c’entra? A sua volta qual è la sua utilità, il suo scopo? Il sogno è come un’ancora di salvezza, un bene prezioso, una forza primigenia e ancestrale da tutelare, uno scrigno elementare di gioielli dal valore inestimabile. In esso pieno e vuoto si identificano, fondendosi in un’unica sfera. Un uomo senza sogni è finito, annientato, come una pagina bianca, come un albero senza radici. Rubare un sogno, equilibri sconvolti. Tutto inizia così a Ficodindia, piccolo paese della Sicilia, un luogo dell’anima in cui tutti si conoscono. I personaggi sembra di toccarli, di vederseli davanti, partoriti dalla semplicità e scorrevolezza della narrazione. Dalle pagine si avverte il loro odore di miseria stantia, di duro lavoro, di stenti, le loro paure, lo stile di vita. «Giuseppe Calabrò… nato a Ficodindia…Il soggetto in questione appariva al cospetto del sottoscritto, carabiniere ausiliario Bucciarelli Carmine, in condizioni fisiche e mentali a dir poco pietose. Gli abiti, se abiti si potevano definire gli stracci che portava addosso, emanavano un senso di squallore, di povertà e desolazione, e il volto aveva qualcosa di animalesco: i capelli irti come aculei di istrice, le sopracciglia aggrottate in una turpe espressione rendevano lo sguardo ora ebete ora allucinato…il viso stesso risultava gravemente penalizzato da lineamenti verso i quali madre natura è stata particolarmente avara…» I dialoghi intrisi di ironia danno forma ai caratteri. Su tutto aleggia la notte in cui la vicenda si svolge. Notte, buio, oscurità, regno del meraviglioso e della fantasia, dominio di spiriti erranti. È un metatempo in cui tutto assume un altro colore, una dimensione ovattata, oniroide, alla rovescia. Nei sentieri notturni l’immaginifico, per riafferrare i fili della vita e tenerli stretti nella ricerca della strada e della desiderabile verità. Il furto dei sogni è metafora dell’incertezza, della fragilità, danno e privazione, riflessione sul destino umano e sulle priorità individuali. Chi osa rubare un sogno è un depauperatore di coscienze, un distruttore, genera angoscia e pianto, perché senza sogni diventiamo il dominio del nulla. Conservare i sogni è un atto di autoaffermazione, di stima e valutazione della propria esistenza nel tempo cosmico del pianeta. Ficodindia è un paese qualsiasi. La luna e le stelle vivrebbero lo stesso anche senza quest’angolo gocciato dalla penna di uno scrittore, queste pietre letterarie. Proprio per questo la sua storia è quella di altri luoghi realmente esistenti il cui destino potrebbe essere quello di un furto metafisico di sogni. La loro assenza è intollerabile su qualunque piano ci si trovi, realtà o fantasia. “I ladri di sogni” è un romanzo godibile e simbolico, ricco di spunti che inducono ad ampie e meditate riflessioni su temi universali da cui è stato tratto anche un Atto unico per il teatro, secondo classificato a Napoli, al premio 2006, Massimo Troisi. Sicuramente una lettura da fare.
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