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Descrizione


L'esperienza dell'universo concentrazionario nazista conserva un posto centrale nella storia delle istituzioni repressive del ventesimo secolo. Su di essa la storiografia non cessa di interrogarsi e di far luce, problematizzandone la funzione nello stato totalitario e mettendone in evidenza analogie e differenze rispetto ad altri comparabili eventi del mondo contemporaneo. Un'esperienza che ha fatto parte della lotta per il trionfo della democrazia contro gli stati totalitari e della quale si deve mantenere viva la memoria a fronte delle riemergenti tentazioni razziste, xenofobe e autoritarie dalle quali è sempre scaturito quel principio di esclusione che nel sistema dei campi di concetramento ha vissuto la sua estrema espressione.
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Dettagli

2002
31 luglio 2002
X-307 p.
9788842495932

Voce della critica

TOTALITARISMO, LAGER E MODERNITÀ

Identità e storia dell'universo concentrazionario

trad. dal tedesco di Simona Basso e dall'inglese di Maura Miglietta,

pp. 308, Ç 21,90,

Bruno Mondadori, Milano 2002

Il volume, frutto di un convegno tenutosi a Genova alla fine del 2001, è ripartito in quattro sezioni. Nella prima, il tema viene discusso in una prospettiva storica. Wolfgang Benz, intendendo periodizzare l'antisemitismo nazista, ne distingue sei fasi. Dal '33 al '35, la fiammata ultranazionalista innescata dalla Nsdap riavvampò il pregiudizio razziale ottocentesco, spingendo al boicottaggio economico degli ebrei e alla loro esclusione dai lavori pubblici. Seguirono, nel '35, le leggi di Norimberga, che declassarono i "non ariani" a cittadini di secondo ordine e proibirono l'unione sessuale tra persone di razze diverse. Una terza fase, secondo Benz, è rappresentata dal pogrom del novembre 1938, "valvola di sfogo per soddisfare una sete di vendetta, di morte e di distruzione, che ora, legittimata, poteva esprimersi pubblicamente". Ancora nel novembre del '38, si aprì la quarta fase, contrassegnata dalla definitiva privazione degli ebrei di ogni diritto. Con le deportazioni e, dal '41, con lo sterminio, si consumarono, infine, gli ultimi due stadi del razzismo antiebraico.

La seconda sezione, dedicata alla "fenomenologia" del lager, si apre con una panoramica di Enzo Collotti sullo sviluppo della storiografia dei campi di concentramento, a partire dal volume del '46 di un ex internato di Buchenwald, Eugene Kogon, per arrivare alle ricerche comparative degli ultimi vent'anni. Il contributo di Liliana Picciotto offre, poi, una puntuale descrizione delle procedure di sterminio adottate ad Auschwitz-Birkenau. Brunello Mantelli, invece, si occupa dei lavori forzati nel sistema concentrazionario nazista. Nella storia dei Kl ( Kozentrationslager ), a suo parere, si possono distinguere tre fasi: quella della prevenzione politica (dal '33 al '36), quella con cui ebbe inizio la connotazione razziale (dal '36) e quella dell'asservimento all'economia di guerra del Terzo Reich (dal '42). Ma ai Kl, avverte Mantelli, non era sottesa una razionalità coerente. La richiesta di manodopera veniva spesso soddisfatta in strutture per nulla adatte allo scopo. La produttività dei deportati, peraltro, fu complessivamente molto bassa. Il ricorso a essi si inquadra nella situazione sempre più critica della Germania in guerra.

Nella terza sezione, che porta il titolo del volume, dopo un excursus di Enzo Traverso sulla fortuna del concetto di totalitarismo, non poteva mancare l'ormai "classico" tema del confronto tra lager e gulag e, più in generale, tra nazismo e stalinismo. Nella storia del bolscevismo, secondo Giovanni Gozzini, la violenza non pare avere mai assunto la stessa centralità che ebbe nel nazionalsocialismo. Li allontana altresì la "macabra contabilità" dei cadaveri. La morte di massa, egli sostiene, non fu per il nazismo un "metodo di governo", ma un progetto di pulizia etnica. Questo il motivo dei suoi "maggiori volumi quantitativi" e della sua "maggiore precisione razziale". Chiude l'opera una ricca sezione (con contributi, tra gli altri, di Adele Maiello e Alberto De Bernardi) sulla questione della "trasmissione della memoria", sui suoi strumenti (dalla memorialistica alla cinematografia) e sul diffuso timore dell'oblio.

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