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Descrizione


In occasione del centenario della nascita e del decennale della morte di Leo Valiani (1909-1999), questo volume propone una scelta dei suoi scritti degli anni quaranta e cinquanta dedicati alla storia dell'Europa moderna e contemporanea. Questo suo interesse nasce alla fine degli anni trenta nei giorni del crollo dell'Europa democratica e trova alcune risposte nel periodo del suo esilio a Città del Messico (dicembre 1941-luglio 1943) che dopo Parigi rappresenta, insieme a New York, un polo culturale significativo del fuoriuscitismo antifascista internazionale. Di fronte all'Europa nazificata e alla consapevolezza di un lungo esilio, il tema sul quale si concentra la discussione è la risposta, culturale e politica, da dare ai totalitarismi. In questa riflessione Valiani incontra alcune figure centrali della sinistra critica europea, ciascuna uscita da una sconfitta politica: Victor Serge, Juliàn Gorkin, Marceau Pivert. Sono di questi anni i primi saggi sul giacobinismo in Francia, sul Risorgimento in Italia, sul laburismo in Inghilterra, sulla guerra civile in Spagna, su Benedetto Croce, sulla storia del socialismo europeo nel xx secolo, sul concetto di internazionalismo, sull'anarchismo e sul federalismo. Tutti temi e problemi sui quali Valiani scrive nelle pubblicazioni clandestine della Resistenza e che poi sviluppa nei saggi del secondo dopoguerra, che in questo volume vengono presentati per la prima volta nella loro versione originaria.
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Dettagli

2008
2 gennaio 2009
Rilegato
9788807990632

Voce della critica

La personalità di storico dai contorni un po' anomali di Leo Valiani sta acquisendo un rilievo sempre maggiore con il passare del tempo, venendo tra l'altro illuminata dagli interessantissimi carteggi con altri storici e amici, in primis con Franco Venturi (pubblicato nel 1999) e Aldo Garosci.
La produzione di Valiani è amplissima: la bibliografia dei suoi scritti, curata nel 2000 da Giovanni Busino e ora opportunamente digitalizzata, conta oltre 4.500 titoli, che costituiscono la testimonianza di un'enorme capacità di lavoro e di una straordinaria versatilità di interessi, nonché di un'impressionante continuità di impegno. Un impegno che si esplica in due direzioni: quello di giornalista politico, dapprima e a lungo militante, poi osservatore, non diciamo più distaccato (perché l'aggettivo non gli si addice), ma più sciolto dalle contingenze dell'appartenenza politica. I due terreni – quello della storia e quello della politica – si fecondano reciprocamente e lungo l'intero arco della vita di Valiani si alternano al centro dei suoi scritti, anche se nella prima fase prevale la politica, nella seconda la storia. Il legame è strettissimo, dichiarato: in questo, tra i due suoi grandi amici e interlocutori intellettuali di una vita, Franco Venturi e Aldo Garosci, assomiglia molto più al secondo che al primo.
Questo volume di scritti di storia delle idee redatti fra il 1939 e il 1956, in gran parte confinati su riviste introvabili o dimenticate, documenta in maniera limpidissima il passaggio dalla militanza politica agli studi storici, che avviene, come dice bene Giovani De Luna nella premessa, senza soluzione di continuità, ma lascia anche intravedere la persistenza di alcuni elementi di fondo, che resteranno ben fermi ancora negli scritti successivi al 1956. In questo senso, gli scritti contenuti nel volume sono invecchiati molto meno di quanto si possa supporre, e anzi in alcuni casi riguadagnano addirittura in attualità.
David Bidussa, autore di un corposo e ricchissimo, anche se un po' disorganico, saggio introduttivo, coglie molto bene il modo in cui Valiani "legge e costruisce", per usare parole sue, l'oggetto della propria ricerca: "Il rapporto tra contemporaneità e ragionamento storico e la necessità di valutare la natura degli eventi in relazione alla costruzione di una dimensione politica della storia". In effetti Valiani è pienamente consapevole di questo passaggio dalla dimensione del combattente politico a quella dello storico. Come scrive De Luna: "Il militante offrì allo studioso gli interrogativi da sciogliere, le questioni da affrontare, la capacità di avviare una relazione fortemente empirica con l'oggetto delle proprie ricerche: lo studioso offrì al militante la possibilità di riattraversare le tappe più significative della sua biografia con maggiore consapevolezza, di scioglierne le contraddizioni affidandosi al rigore dell'uso delle fonti e alle armi della filologia". Valiani avrebbe spiegato questo passaggio in modo particolarmente efficace nella relazione presentata al convegno di storia svoltosi a Firenze nel gennaio del 1963, in occasione del settantesimo anniversario della nascita del Psi: "A quell'unica domanda, ch'è scaturita con forza elementare dal mondo morale dei combattenti che, dopo la sconfitta e mentre si preparano al riscatto, s'interrogano sul perché, si sostituiscono interrogativi particolari, che pongono problemi determinati, si concretizzano nel come, e richiedono non più una risposta unica, ma spiegazioni specifiche, molteplici, ancorché non moltiplicabili all'infinito. Questo è il passaggio dall'ideologia alla ricerca" (Scritti di storia, Sugarco, 1983).
Questo canone veniva riferito alla storia del movimento socialista italiano e alla sua disfatta a opera del fascismo, e sarebbe stato applicato da lui in modo costante in tutti i suoi scritti relativi al movimento operaio e alla storia del socialismo e del comunismo: ma trova una prima verifica straordinariamente precoce in quella Storia del socialismo nel XX secolo pubblicata in Messico nel 1943, "messa insieme – come avrebbe lui stesso ricordato – a pezzi e bocconi, tra prigioni e campi di concentramento, tra biblioteche parigine ben fornite e biblioteca di ventura africane e latino-americane". In realtà, la sconfitta che opera come lievito della riflessione storica di Valiani è in questo caso un'altra: quella della guerra civile spagnola, momento forse più doloroso di una catena di sconfitte subite in generale dal movimento operaio negli ultimi vent'anni e preludio di quella che si sarebbe consumata drammaticamente con l'appuntamento di una sinistra divisa e dispersa con la seconda guerra mondiale. Il laboratorio in cui matura quella riflessione è il Messico dove tanti esuli, spagnoli ma non solo, erano confluiti dopo il 1939-40: e sul periodo messicano di Valiani Bidussa scrive pagine molto acute e informatissime, in cui emergono – come interlocutori ideali o anche diretti di Valiani – tre personaggi soprattutto: due più conosciuti, cioè Trockij (che era stato assassinato quindici mesi prima) e Victor Serge, e uno invece un po' meno noto, almeno in Italia, cioè Marceau Pivert, il leader dell'ala rivoluzionaria del partito socialista francese (Sfio), che all'apice delle fortune del Fronte popolare, nell'estate del 1936, aveva coniato lo slogan "Tout est possibile". Non dimenticati, anche se meno presenti, sono gli interlocutori nordamericani, portavoce di un marxismo critico e aperto come quello della "Partisan Review". Potrebbe essere interessante, se fosse possibile, scavare anche più a fondo e cogliere quali eventuali influenze possano essersi fatte sentire direttamente dall'ambiente intellettuale messicano, non solo quello dei rifugiati, ma quello autoctono, scosso dopo l'assassinio di Trockij da polemiche incandescenti e interrogativi profondi.
La Storia del socialismo nel XX secolo, comunque, anche riletta oggi, conserva ancora un notevole fascino e una grande ricchezza di spunti interpretativi. Osserva giustamente Bidussa che il libro non è una storia dei movimenti, ma un'analisi dei temi e dei problemi che nei singoli contesti nazionali hanno influito sulla percezione di sé che il movimento operaio ha come attore internazionale. In questo senso, rappresentava già il primo tassello dell'importantissimo contributo che Valiani porta alla sprovincializzazione degli studi storici italiani sul socialismo. Si muoverà da allora sempre più in una dimensione di storia comparata europea, animato dall'intento "di individuare dove si produca un'intelligenza politica, a quali necessità politiche sia capace di rispondere, come articoli una proposta, oppure come non sia colto un problema politico". Valiani non era un topo d'archivio, e anche i migliori suoi libri di storia hanno il carattere più della sintesi critica e interpretativa che della ricerca certosina sul campo. Ma la sua conoscenza della letteratura in almeno sei lingue, se non di più, è sterminata, e, coniugandosi con un'insaziabile curiosità intellettuale, gli conferisce un'apertura che è rimasta a lungo inconsueta negli studi italiani di storia del movimento operaio e che anche oggi ne fa una figura di primo piano nel panorama della storiografia italiana del Novecento.
Aldo Agosti

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