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La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale - Frank Schirrmacher - copertina
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La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale - Frank Schirrmacher - copertina
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Descrizione


La presenza pervasiva di Internet e la sua crescita esponenziale degli ultimi anni hanno fatto sì che oggi chiunque abbia accesso a un flusso di informazioni ininterrotto e in continuo aggiornamento. Accanto agli indubbi vantaggi di questa rivoluzione culturale - collaborazione delle comunità online, democraticità della produzione, condivisione di contenuti - convive però un "lato oscuro": la corsa frenetica per fare propria e immagazzinare questa mole enorme di dati sta modificando (e non in meglio) il nostro approccio cognitivo, addirittura la nostra modalità di lettura, che cerca inutilmente di adeguarsi alle capacità e ai ritmi inumani dei motori di ricerca. Il rischio, sostiene Schirrmacher, è quello di disimparare a pensare, a interpretare criticamente: invece di dominare le informazioni, ne siamo travolti e ne diventiamo schiavi. L'uomo deve difendere i tratti peculiari della sua natura, che lo rendono unico e libero: emozione, fantasia, creatività, capacità di ragionamento, concentrazione, talento. Solo riscoprendo l'elemento incalcolabile della mente umana avremo la chance di governare, e non di subire, la simbiosi con l'ambiente tecnologico in cui viviamo. Prima che Google ci dica quale concerto andare a vedere, o quale donna sposare.
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Dettagli

2010
21 settembre 2010
184 p., Brossura
9788875781644

Valutazioni e recensioni

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Luca Conti
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La Libertà ritrovata è uno dei migliori libri che abbia letto nel 2010. Scoperto per caso, mi ha così appassionato da divorarlo in meno di 48 ore. Cosa mi ha attratto? Il modo semplice e coinvolgente con cui l'autore descrive il rapporto che abbiamo con Internet e con il computer, aprendo spunti di riflessione sui problemi quotidiani che viviamo un po' tutti (calo di concentrazione, perdita di attenzione, dimenticanze), immersi in un flusso continuo di informazione (email, SMS, Twitter, feed RSS, aggiornamenti di stato, messenger) che spesso ci travolge e ci affoga. Franck Schirrmacher è molto bravo nell'aprirci gli occhi su momenti di vita vissuti capitati a molti di noi (certamente a me) e a collegare questi banali fenomeni in un disegno più complessivo, grazie ad un insieme di studi scientifici puntuali e originali. Curioso poi come venga citato Surplus Cognitivo, appena letto, e Alan Turing, nominato anche in un altro libro letto recentemente (Tu non sei un Gagdet). Il volume apre tanti punti interrogativi ma offre anche qualche suggerimento per venirne a capo.

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Voce della critica

Sta cambiando o è già cambiato il mondo che ci circonda, nell'era digitale. Ma, anche se non ce ne accorgiamo, stiamo cambiando in modo irreversibile anche noi. Abituati a gestire la nostra mente in un certo modo, siamo travolti da una maniera totalmente diversa di orientare le nostre conoscenze. Posto che una delle attività più impegnative per il nostro cervello è selezionare e ordinare informazioni di qualsiasi tipo, che "divorano l'attenzione", l'onda anomala di dati e notizie che riceviamo soprattutto tramite il web (anche nostro malgrado) non solo ci impegna molto di più, ma crea anche una sorta di mutazione genetica nel funzionamento della nostra testa. Al di là delle valutazioni sul fenomeno, non sempre e non necessariamente negative, dobbiamo imparare ad affrontare in modo efficace questa nuova realtà.
Più o meno è questa la tesi attorno alla quale si costruisce il denso ma piacevolissimo volume di Frank Schirrmacher. L'autore, direttore di "Feuilleton", il supplemento culturale della "Frankfurter Allgemeine Zeitung", è un intellettuale tedesco di grande prestigio, ma anche, per certi versi, singolare, in quanto coniuga la solida formazione umanistica con un interesse profondo e un'ottima competenza in campo scientifico. Da questa ibridazione di interessi nasce anche La libertà ritrovata, uscito l'anno scorso in Germania.
Il libro non si presenta come un pamphlet accusatorio contro i computer, Internet e tutte le innovazioni dell'era digitale, anche se così è stato talvolta superficialmente recepito, soprattutto in terra tedesca, attirando su Schirrmacher gli strali di una parte del pubblico più giovane. Si tratta invece di una lunga diagnosi sulle conseguenze che il digitale e le nuove forme comunicative hanno avuto sulla fisiologia della nostra mente, recando mutazioni importanti e pericolose o difficilmente gestibili se non affrontate con una pronta presa di coscienza. Dopo la diagnosi, Schirrmacher, nei capitoli finali, propone anche la cura, senza soluzioni miracolose, con intelligente realismo.
L'idea primaria è che il computer e il web, se da un lato ci facilitano enormemente la vita, agevolando la nostra raccolta di informazioni e quindi anche le nostre scelte, dall'altro condizionano pesantemente il nostro modo di pensare, creando un'ibridazione tra il procedere algoritmico della macchina e il funzionamento del nostro cervello. In altre parole, il nostro modo di pensare finisce per assomigliare moltissimo a quello del computer, consentendo al mezzo tecnico di "imparare" facilmente a calcolare le scelte, i desideri e le preferenze di ciascuno di noi, costruendo nel web una sorta di nostro doppio virtuale in grado di "funzionare" in modo molto simile alla nostra mente. Ciò deriva, ovviamente, dal vaglio e dall'archiviazione delle informazioni personali che noi "regaliamo" alla rete ogni volta che facciamo un acquisto online, usiamo un motore di ricerca o ci connettiamo a un social network: abbiamo la sensazione di essere protagonisti di un dialogo altrimenti inimmaginabile con il mondo, ma in realtà abbattiamo molte barriere sulla nostra privacy, fornendo materiale prezioso alle macchine, lavorando per loro. Quindi diventiamo sempre più calcolabili, secondo Schirrmacher, e il computer è sempre più in grado di elaborare per noi le informazioni che ci servono, arrivando anche a offrircele ancor prima che noi le chiediamo: sarà capitato a molti di noi, dopo aver fatto qualche acquisto, ad esempio, su Amazon, di vedersi proporre gamme di libri, di cd o di dvd che corrispondono esattamente al nostro gusto e alle nostre aspettative. Siamo dunque investiti da un doppia onda di informazioni: da un lato quelle incontrollate del multitasking che ormai ci hanno abituato a stare sempre collegati alla rete pur di aver la sicurezza di controllare ogni mail o ogni blog, anche se la maggior parte delle cose che troviamo non ci interessano; dall'altro i dati selezionati apposta per noi, che ci risparmiano un po' di lavoro di cernita, ma alla fine risultano parecchio condizionanti. Da qui si possono percepire le mutazioni fisiologiche della nostra mente: il nostro trasformarci in "informivori", sempre affamati di notizie, esaurisce gran parte delle energie del nostro cervello, che così, alla fine di un'intensa giornata passata a fagocitare dati spesso inutili, si abbandona inerte e passivo al flusso di una comunicazione preconfezionata e generalista. Quante volte sarà capitato a ognuno di noi di "subire" impotente la sera uno show televisivo idiota e infarcito di pubblicità, piuttosto che scegliere un film importante ma impegnativo? Schirrmacher ci avverte che questo è uno dei sintomi più evidenti del nostro cambiamento, documentandoci la cosa con l'affascinante racconto di una serie di verifiche sperimentali che ormai la scienza opera da anni sulla mente umana.
Tutto ciò significa che siamo nelle mani del demone digitale? Per Schirrmacher no. Il suo non è un libro di accusa contro il web, ma un invito a prendere coscienza di un fenomeno che, se non affrontato adeguatamente, può travolgerci con conseguenze preoccupanti. Se invece impariamo a gestire questa nostra trasformazione e sviluppiamo capacità diverse di funzionamento della nostra mente, la rivoluzione dell'era digitale può diventare, come in parte è già, un importante passo avanti anche dal punto di vista culturale. E la soluzione è nell'allenamento del cervello umano, cioè nel sistema educativo, come Schirrmacher afferma con forza nel capitolo forse più interessante e propositivo del libro: Il futuro dell'istruzione. Non proporremo nel dettaglio la ricetta di Schirrmacher per non togliere al lettore il piacere della scoperta, ma anticipiamo soltanto che si tratta di una sorta di elogio dell'incertezza e dell'imprecisione, di quello scarto imprevedibile che caratterizza e valorizza la creatività tipica degli oggetti di studio delle discipline umanistiche.
Roberto M. Danese

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